L'UOMO E I QUAQUARAQUA' di Giorgio Calcagno

L'UOMO E I QUAQUARAQUA' L'UOMO E I QUAQUARAQUA' Andrea Camilleri C ON Sciascia non ebbi mai dimestichezza. Eravamo amici di secondo grado, lo lo chiamavo «Leonà», mentre invece gli amici di primo grado potevano confidenzialmente chiamarlo «Nana». Abbiamo lavorato insieme, discusso, trascorso ore colme più di silenziosa intesa che di parole. Con lui ho dei debiti, certamente il più grosso è quello d'avermi fatto conoscere Elvira Seller/o. Voglio dire che le carte che ho in mano per parlare di Sciascia sono scarse. Mi ci provo lo stesso. «Contraddisse e si contraddisse": queste le parole che Sciascia voleva, inizialmente, fossero incise sulla SLia lastra tombale. A definitivo consuntivo del suo vivere e del suo operare. Che cosa sostanzialmente contraddisse Sciascia? L'elenco sarebbe lungo: il lasciar correre, il prò Bono pacis, il «politically correa» quando invece nascondeva scorretti compromessi e accordi sottobanco, l'uso distorto della Giustizia (era il suo nervo dolente), il baratto... A farla breve, contraddisse l'imperante costume pubblico e privato della società italiana nel periodo che va dal dopoguerra agli ultimi giorni della sua vita. Per far ciò, scrisse saggi e articoli che parevano a volte pura invenzione narrativa e scrisse romanzi che erano dei manifesti. Quando nessuno parlava di mafia ed autorevoli esponenti della Chiesa e della politica ne negavano perfino l'esistenza, «ComandatoMarcello Sorgi /. 'intellettualePierluigi BattistaLa fedeltà a RGiorgio Calcagno ^ a scrii ere A PAGINA 23 alla sbarra A PAGINA 24 Racalmuto A PAGINA 23 scrisse <• Il giorno della civetta» e la mafia diventò un problema nazionale, non solo isolano. Si espose sempre di persona, chiamando le cose col loro nome, con onestà, con coraggio. Dopo morto, venne accusato d'essere stato un codardo. Avrà reagito certamente a questa assurda accusa col suo solito sorriso tra timido e beffardo. Io so che considerava la menzogna come il peccato peggiore. E da un amico che pubblicamente gli mentì, ne ebbe ferita inguaribile. Affilava ogni giorno il suo italiano sulla pietra dell'ironia per renderlo più tagliente. Difficile che da questo suo nitido ed elegante italiano potessero nascere equivoci: eppure ci fu chi, isolando una (rase, sottolineando un avverbio, equivoci ne fece nascere, eccome!, stravolgendo il suo pensiero, la sua opinione. Si contraddisse, certo. Si contraddisse soprattutto quando la passione civile arrestò, per un momento, il lucido procedere della sua ragione. Quando s'accorse d'aver commesso un errore, ne fece ammenda. Nel «Giorno della civetta», i! capomafia don Mariano Arena spiega al capitano dei carabinieri Bellodi la sua divisione dell'umanità in cinque categorie: gli uomini (pochissimi), i mezz'uomini (pochi), gli ominicchi (che sono come i bambini quando imitano i grandi), i pigliainculo (un esercito) e i quaquaraquà (anatre che si agitano scompostamente nelle pozzanghere). Leonardo Sciascia, come il Capitano Bellodi, era un uomo. «Comandato^ a scrii ere Marcello Sorgi A PAGINA 23 /. 'intellettuale alla sbarra Pierluigi Battista A PAGINA 24 La fedeltà a Racalmuto Giorgio Calcagno A PAGINA 23

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