Sul Boeing una preghiera poi la picchiata in mare

Sul Boeing una preghiera poi la picchiata in mare Il «voice recorder» sembra confermare l'ipotesi del suicidio o del terrorismo, l'inchiesta passerà all'Fbi Sul Boeing una preghiera poi la picchiata in mare Poco prima di disattivare il pilota automatico e spegnere i motori WASHINGTON Una preghiera in arabo, poi la fatale picchiata verso l'oceano Atlantico. Il nastro con le voci dei piloti del «volo 990» doll'Egyptair sembra confermare l'ipotesi di un suicidio. «Si ode una breve frase di natura religiosa che fa riferimento alla morte», ha rivelato uno degli investigatori. Il rumore di una porta che si apre e si chiude sembra suggerire che uno dei due piloti esca dalla cabina. L'altro, rimasto solo, chiede a Dio di accogliere la sua anima. La frase sarebbe «La Ilah Illa Allah», «Mohamed Rasili Allah» («Non c'è altro dio all'infuori di Allah», «Maometto è il suo profeta»). Immediatamente dopo, senza alcuna ragione tecnica, l'autopilota viene disattivato. L'uomo che ha pregato si mette ai comandi e spinge il Boeing 767 verso l'abisso, James Hall, presidente del «National Transportation Safety Board» che ha diretto l'inchiesta fino a questo momento, ha incontrato il capo dell'Fbi Louis Freeh. L'ipo¬ tesi di un guasto meccanico ormai non trova più credito, le prove raccolte fanno pensare a un atto deliberato. Tutto questo giustifica l'ipotesi di reato, e quindi, il cambio della guardia nella gestione dello investigazioni fra il «National Transportation Safety Board» e; il «Federai Bureau of Investigation», cambio che dovrebbe avvenire a giorni. «Vogliamo una conferma sicura - ha indicato una fonte dell'Fbi - della portata della frase pronunciata in arabo. Siamo sicuri della traduzione, ma vogliamo verificarla con qualcuno che fibbia conosciuto il pilota e la sua mentalità». Tutto è cambiato quando il secondo nastro della scatola nera, danneggiato dall'acqua marina, è stato restaurato, e ai traduttori di lingua araba si è aggiunto un gnippo di specialisti della Cia, che conoscono a fondo il particolare dialetto egiziano usato da uno dei piloti. Sono emersi così agghiaccianti particolari che erano sfuggiti al primo ascolto. Vi ò ora una ricostruzione, sommaria ma credi- bile, degli ultimi minuti del volo 990. È l'I.49 del 31 ottobre, ora di New York. Il Boeing 767, con 217 persone a bordo, si è lasciato alla spalle l'isola di Nantucket e ha iniziato senza problemi la traversata dell'oceano, a 10 mila metri di quota. Sono ai comandi il capitano Ahmed Habashi e il secondo pilota Rauf Nureddin. Uno dei due, forse Nureddin, rimane solo osi rivolge a Dio. Esattamente 45 secondi dopo l'I.49 inizia il tuffo fatale. Per 10 secondi l'aereo accelera, fino a sfiorare la velocità del suono, e a bordo suona l'allarme. A questo punto accade qualcosa di ancora più strano. 1 due alettoni di coda, che di solito hanno un movimento sincronizzato, vengono spinti in direzioni opposte. Forse il pilota che era uscito è tornato di corsa e spinge le leve di comando in direzione opposta al collega, cerca di riprendere quota e salvare la situazione. Ed ecco l'ultima, spaventosa indicazione della scatola nera: qualcuno spegne i due motori dell'aereo, portando il comando in posizione «cutoff». In questo modo si stacca la corrente e la scatola nera non capta più alcun segnale. Da terra, i radar hanno seguito la caduta dell'aereo da dieci a cinquemila metri di quota, e ora registrano una salita fino a ottomila metri prima del crollo definitivo. Gli esperti spiegano che un aereo lanciato ad alta velocità tende a guadagnare quota se viene abbandonato a se stesso. Quale motivo aveva il pilota di uccidere se stesso e 216 persone in nome di Dio? Suicidio o terrorismo? L'ultima pagina è ancora da scrivere. La tesi del suicidio non convince Yusry Hamid, uno dei più esperti piloti della compagnia di bandiera egiziana. Secondo lui esistono delle spiegazioni plausibili a alcuni aspetti apparentemente incomprensibili del disastro, come lo spegnimento contemporaneo dei motori. Hamid, 59 anni, conosceva bene i due colleghi dell'aviogetto inghiottito dalfAtlantico e non crede che uno dei due possa avere intenzionalmente, oper sbaglio, provocato la caduta dell'aereo. Se uno dei due voleva suicidarsi - ha fato notare il pilota egiziano - avrebbe avuto a disposizione «occasioni migliori», come il decollo e l'atterraggio. «Li conoscevo molto bene e conoscevo la loro bravura: nessuno dei due avrebbe fatto una cosa simile». Hamid ha offerto una spiegazione per i fatti apparentemente incomprensibili emersi dall'esame delle due scatole nere, partendo dall'ipotesi che a bordo ci fu un' esplosione, o che l'aereo fu colpito da un missile o «qualcosa di misterioso». «È importante - ha sottolineato - accertare se il pilota automatico si disinserì per un'avaria o se il meccanismo fu disinserito deliberatamente». Quanto alla preghiera registrata sul nastro contenuto in una delle due «scatole nere», ha osservato che qualsiasi pilota, musulmano o cristiano, in situazione di pericolo invoca il suo Dio. [e. st.] Da sinistra, il capitano Ahmed Habashi e il secondo pilota Raul Nureddin

Persone citate: Ahmed Habashi, James Hall, Louis Freeh, Nureddin, Rauf Nureddin, Raul Nureddin

Luoghi citati: New York, Washington