Par condicio, se ne riparla nel 2000 di Maria Grazia Bruzzone

Par condicio, se ne riparla nel 2000 Par condicio, se ne riparla nel 2000 Contrasti sul ddl Forza Italia: niente riforme se resta Maria Grazia Bruzzone ROMA «La par condicio? Andrà alle calende greche». Nel Transatlantico l'on. Francesco Storace si compiace dell'allungamento dei tempi del disegno di legge sulle pari condizioni in tv durante le campagne elettorali. Quel provvedimento che detta le regole per le campagne elettorali in tv e che il governo si era impegnato a varare a tulli i costi entro gennaio, in tempo per le regionali di marzo. La commissione Affari Costituzionali di Montecitorio, dove il testo già approvato da Palazzo Madama è approdato, ieri ha stabilito il calendario di discussione, fissando al 17 dicembre la data ultima di presentazione degli emendamenti. «Il che significa che la discussione comincerà a gennaio, dopo le vacanze di Natale, ma allora ci sarà la verifica e chissà...», insiste Storace. Come dire che si potrà anche non farne più niente. O ci sarà comunque tempo per vedere, trattare, modificare. In realtà il presidente della commissione e il suo vice, il popolare Raffaele Cananzi e il diessino Luigi Massa, avrebbero preferito tempi più brevi. Ma il Polo ha chiesto il rispetto del regolamento. «E questo prevede che ogni provvedimento debba sostare in commissione per almeno due mesi», spiega Cananzi. A sentire gli esponenti della maggioranza, quantomeno Quercia e Ppi, l'allungarsi dei tempi non pregiudica affatto l'approvazione della legge. «Ma quale slittamento? Rientriamo perfettamente nei tempi» taglia corto il diessino Antonio Soda. E il popolare Antonello Soro conferma che l'obiettivo resta quello di varare la legge nella prima metà di gennaio: «Pensiamo che il testo approvato dal Senato sia una buona legge e sostanzialmente siamo per confermarla». Mentre il sottosegretario alle Comunicazioni, il ds Vincenzo Vita, sottolinea che il «governo auspica tempi brevi, pur nel rispetto dell'autonomia del Parlamento». E' un fatto però che i tempi lunghi tolgono per il momento dall'imbarazzo la maggioranza (che ieri sera si è riunita per una prima discussione). Il centro-sinistra non solo non è affatto concorde al suo interno su punti sostanziali del testo (Verdi, Democratici e Sdì sono contrari al divieto di spot e pure autorevoli esponenti come il senatore Manzella, vicino al Quirinale), ma deve fare i conti con l'aut-aut di Forza Italia: o si cambia la par condicio, o niente riforma elettorale. Una richiesta che il capogruppo azzurro alla Camera Beppe Pisanu ha ribadito, annunciando che il Polo in commissione avanzerà una pregiudiziale sulla legge elettorale. Intanto il vicepresidente del gruppo Elio Vito in commissione chiedeva al governo di intervenire, oltre che nell'illustrazione della par condicio, anche sui rapporti fra questo provvedimento e la legge elettorale e su una sua eventuale modifica. «E' così chiaro che i due temi sono collegati», spiega l'ex esponente radicale, per il quale dovrebbe essere la stessa commissione a discutere delle due materie. Un collegamento che apparentemente non è affatto piaciuto ai Ds. «Non c'è nessun nesso fra i due provvedimenti» è la replica secca di Vita. «Non c'è nessuno scambio da fare», incalza Giuseppe Giulietti. Per il quale le materie omogenee sono caso mai il conflitto di interessi e il 1138, il ddl sulle tv. Soda però è più possibilista: «Le due cose possono benissimo marciare in parallelo, una alla Camera e l'altra al Senato. Come è stato col giusto processo e l'elezione diretta del presidente delle Regioni». Insomma, forse il tempo a disposizione non sarà inutile.

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