Caso Imi-Sir, Previti a giudizio

Caso Imi-Sir, Previti a giudizio Caso Imi-Sir, Previti a giudizio Contestata una tangente da 70 miliardi MILANO Ci sono voluti 12 anni perché la Sir di Nino Rovelli, defunto finanzieri della chimica Anni 70, vincesse 1; sua causa contro l'Imi, portando ; casa, in Svizzera, il più grosso risarcimento mai versato dalle casse dello Stato a un privato: 678 miliardi, che ì ivalutati con gli interessi sono diventati mille, al netto delle tasse. E c'è voluto oltre un anno perché ieri sera, un quarto alle dieci, dopo una camera di consiglio durata oltre 9 ore, il giudice dell'udienza preliminare Alessandro Rossato, accogliendo le richieste della procura, decidesse che quell'immane risarcimento era stato il frutto di una gigantesca tangente versata a tre avvocati civilisti e ad alcuni magistrati della capitale; 67 miliardi in tutto. Di cui ora dovrà occuparsi un tribunale, iniziando il processo l'I 1 maggio del 2.000. Con un'ordinanza di 28 pagine, che hanno richiesto 50 minuti di lettura, il giudice Rossato ha dunque rinviato a giudizio l'onorevole eli Forza Italia Cesare Previti, a cui sarebbero finiti 21 miliardi, gli avvocati Attilio Pacifico, 33 miliardi, e Giovanni Acampora, 13 miliardi, e gli ex giudici romani Renato Squillante, Filippo Verde e Vittorio Metta, destinatari di varie somme, il figlio di Nino Rovelli, Felice, e la vedova dell'industriale, Primarosa Battistelli. Insieme, secondo le accuse, avrebbero contribuito ad aggiustare la causa che vedeva contrapposta la Sir di Rovelli all'Istituto Mobiliare Italiano per un presunto finanziamento inai versato al boccheggiante impero chimico dei Rovelli. Una causa trascinatasi per anni n che si concluse all'improvviso grazie alla misteriosa sparizione della procura che dava mandato ai legali dell'Imi di svolgere la loro difesa. E' questa la prima inchiesta partita dalle rivelazione della teste «Omega» Stefania Ariosto a giungere alla definitiva conclusione. Un'indagine basata su decine e decine di rogatorie e interrogatori che portarono all'arresto di Acampora e Pacifico e successivamente di Felice Rovelli e dell'ex capo dei gip di Roma, Renato Squillante oltre che alla richiesta di arresto, respinte poi dal Parlamento, di Cesare Previti. Nessuno degli imputati ieri sera era presente alla lettura del decreto. Che nei fatti è stato abbastanza duro anche con le linee difensive degli avvocati: Rossato ha respinto tutte le eccezioni presentate dai legali in questo anno di udienze e sulle quali si era riservato di decide- re. Tra queste c'era anche quella che chiedeva di sospendere l'udienza in attesa della decisione della cassazione sulla richiesta di ricusazione presentata nei suoi confronti da alcuni difensori. Il gup si è anche riservato di decidere su alcune istanze di dissequestro e ha ritenu¬ to inutilizzabili in questo procedimento tutto le intercettazioni telefòniche e ambientali realizzate dagli inquirenti perché riguarderebbero solo la vicenda Sme-Ariosto. in questo modo tagliando la testa a tutte le polemiche sorte nelle ultime settimane chea le controverse registrazioni dei colloqui avvenuti tra alcuni indagati presso un bar romano. Tutto iniziò da una perquisizione nello studio di Attilio Pacifico a Roma, dopo il suo arresto per le altre vicende parallele de! proceso «toghe sporche» dell'11 marzo 1996. Gli investigatori trovarono una fattura da 240 milioni di lire emessa dall'avvocato e pagata dalla vedova Rovelli, risalente al marzo del 1994. Interrogata con rogatoria come teste, la donna, Primarosa Battistella parlò di «una somma di rilievo» versata a Pacifico, oltre a 241 milioni di lire ritrovati grazie alla fattura. Disse pure che fu suo marito, poco prima di morire nel dicembre del 1990, a confidarle che aveva un debito con l'avvocato Pacifico e che sarebbe spettato a lei estinguerlo. Il figlio Felice Rovelli, interrogato a sua volta, confermo in gran parte la versione della madre, aggiungendo però che su indicazione di Pacifico aveva versato anche denaro ad Acampora e Previti. Tre avvocati che, ammise lo stesso erede, non avevano avuto alcuna parte nella battaglia legale che aveva contrapposto al società del padre all'Imi. E allora perche questi enormi pagamenti? «Mio padre - si difese Felice Rovelli - mi disse che non avrei dovuto far domande e pagare». 1 tre avvocati a loro volta spiegarono di aver ricevuto quei soldi grazie a rapporti personali e di non meglio precisato ordine professionale con il defilino Rovelli. Spiegazioni che evidentemente non hanno convinto il giudice Bussato. Per la procura, che nel corso dell'inchiesta accertò come pane di quei soldi fossero finiti nella disponibilità di alcuni dei magistrati romani che si erano occupali della causa Imi Sir, l'ipotesi più attendibile divenne che quei 67 miliardi, pari a circa il 10 per cento dei 67H miliardi risarciti dall'imi, fossero perciò il pagameli todi una tangente. lp. col.]

Luoghi citati: Milano, Roma, Svizzera