«Arresti in ospedale», ma Craxi dice no di Fabio Poletti

«Arresti in ospedale», ma Craxi dice no Negata la revoca dell'ordine di custodia per la vicenda Eni. D'Ambrosio: «Una decisione da rispettare» «Arresti in ospedale», ma Craxi dice no Il tribunale: esigenze cautelari. I legali: discorso finito Fabio Poletti MILANO E' all'estero, quindi è latitante. Se vuole tornare, vada almeno agli arresti domiciliari al San Raffaele. Non fa una grinza la decisione della prima sezione del Tribunale di Milano che, in una pagina e mezza scritta in corsivo, sbatte la porta in faccia ai difensori di Bettino Craxi e interrompe un dialogo che a fatica andava avanti da settimane. Al giudice Francesco Castellano non bastano né i pronunciamenti favorevoli alla revoca dei magistrati della procura, né la decisione dei giudici che venerdì scorso avevano cancellato per motivi di salute, altri due ordini di custodia contro l'ex segretario socialista. Per il giudice Castellano, articolo 274 del codice alla mano «pur tenuto conto dello stato di salute dell'imputato, continuano indubitabilmente a sussistere le esigenze cautelari, seppure in una forma affievolita, quale quella prevista dagli arresti domiciliari». Discorso chiuso, quindi. Anche per i difensori, che dopo le tre istanze di revoca, due accolte per i processi Metropolitana ed Eni - si sono trovati davanti questa decisione, sempre per la vicenda Eni ma di un altro troncone. «A questo punto non faremo più istanze», annunciano Giannino Guiso ed Enzo Lo Giudice, i due avvocati. «E' chiara la volontà di voler rimettere in carcere il nostro assistito», dicono; e si chiedono come sia possibile che due giudici diversi, ereditando da un gip un ordine di custodia sulla stessa vicenda, diviso in due tronconi per esigenze processuali, possano decidere in modo cosi differente. Non se lo spiega il gip Maurizio Grigo, che aveva firmato quel¬ l'ordine: «Il Tribunale è sovrano, tra giudici non hanno nemmeno l'obbligo di consultarsi». Né se lo spiega l'avvocato Lo Giudice: «Siamo alla schizofrenia processuale. Per mezza ordinanza Craxi deve andare agli arresti domiciliari, per un'altra mezza no. E poi c'era anche il parere favorevole alla revoca della procura, alla quale diamo atto di un comportamento intelligente e sensibile...». Dalla procura arrivano le parole di Gerardo D'Ambrosio, il pri¬ mo a dirsi favorevole a un differimento della pena per motivi di salute, il primo a sostenere per le stesse ragioni che le ordinanze di custodia cautelare potevano essere revocate: «Leggere ernesto provvedimento come una chiusura è forzato. Essere agli arresti domiciliari, vuol dire solo stare nel domicilio indicato. E' una decisione che va rispettata, anche se noi avevamo ritenuto che non ci fosse più pericolo di fuga né di inquinamento delle prove». Una linea morbida, più per il presente che per il futuro, come spiega ancora D'Ambrosio: «Craxi è un condannato che sta all'estero, se torna in Italia sarà curato. Al termine delle cure però, se sta bene, andrà in carcere. In uno Stato normale non è possibile cancellare le sentenze. La decisione adesso spetta solo a lui». Il giudice Castellano, attivo in Unicost la corrente moderata dei magistrati, più toga azzurra che rossa, mette mano al codice, per spiegare la sua ordinanza: «Il Tribunale si è orientato seguendo quella che è la propria giurisprudenza per tutti gli imputati che si trovano nelle medesima condizione». E ancora: «L'articolo 274, lettera B, prevede la sussistenza di esigenze cautelari, quando l'imputato si è dato alla fuga». Replica l'avvocato Lo Giudice, che assicura di aver presentato le istanze autonomamente, senza consultarsi con il suo assistito, più per una scelta umanitaria che per una strategia processuale definita: «La normalità del diritto è valida per tutti. E' la schizofrenia processuale che toglie ogni possibilità di fiducia e di corretta previsione. Ecco perché non presenteremo altre istanze... Anche Bettino Craxi, mi ha confermato che è sua intenzione "non cedere niente ai giudici italiani"». E allora si riparte da capo, si torna a due mesi fa. Con i sanitari del San Raffaele pronti a volare in Tunisia, per un ultimo consulto prima dell'intervento chirurgico. Che a questo punto, dopo il no secco dei difensori di Craxi, sembra destinato ad avvenire ovunque, tranne che in Italia. Anche perché dai cassetti della procura è spuntato un quarto ordine di custodia, quello per la vicenda All Iberian. Un ordine di custodia che poteva essere revocato come gli altri due, vista l'intenzione dei difensori di Craxi di presentare un ricorso alla corte d'Appello competente. Ultimo atto prima di un'altra decisiva istanza, quella al Tribunale di sorveglianza, per chiedere un differimento della pena. Un'istanza mai presentata, su cui sia il procuratore capo D'Ambrosio che quello generale Borrelli, avevano fatto capire che non si sarebbero opposti. Stefania Craxi figlia dell'ex premier

Luoghi citati: Italia, Milano, San Raffaele, Tunisia