La Luna a secco?
La Luna a secco? ASTRONOMIA La Luna a secco? Nel suo impatto in un cratere la sonda «Lunar Prospector» non è riuscita a fornire le prove dell'esistenza di ghiaccio Adifferenza di quanto si credeva solo pochi decenni fa, è ormai chiaro che l'acqua - sotto forma di ghiaccio, allo stato liquido o di vapore - è un elemento presente in abbondanza nel nostro sistema planetario e ciò non deve meravigliare in quanto l'idrogeno, che con l'ossigeno forma questa molecola, è l'atomo più comune nell'universo e nel Sistema Solare. E' di qualche settimana fa la scoperta di minuscole gocciolino di acqua all'interno di cristalli di sali di potassio e di sodio (il ben noto sale da cucina) rinvenuti in due meteoriti cadute di recente, rispettivamente in Texas e Marocco; mentre le impressionanti immagini della luna di Giove, Europa, inviateci dalla sonda «Galileo», fanno pensare che esistano buone probabilità che al di sotto di una crosta di ghiaccio superficiale dello spessore di alcuni chilometri esista un oceano di acqua allo stato liquido profondo almeno un centinaio di chilometri. Per non parlare poi della miriade di corpi ghiacciati che orbitano attorno al Sole al di là dell'orbita di Nettuno (l'ascia di Kuiper e nube di Oort), da cui provengono le comete, e dei satelliti dei pianeti esterni costituiti essenzialmente da un miscuglio di ghiaccio d'acqua e rocce. Nelle regioni interne del Sistema Solare l'acqua è presente in tracce nell'atmosfera di Venere, in abbondanza sul nostro pianeta, oltre che nei ghiacci che ricoprono le regioni polari marziane e quasi certamente al di sotto della superficie del pianeta rosso, sotto fórma di «permafrost» (dalla composizione delle parole inglesi «permanimi frost», ghiaccio permanente). Uno dei pochi corpi planetari di grosse dimensioni completamente privi d'acqua sombrava essere la Luna, ma lo scorso anno la sonda spaziale «Lunar Prospector», che ha orbitato attorno al nostro satellite! per oltre un anno e mezzo, aveva rilevato dei sogni (Tuttoscienze, 1 1 marzo 1998) che facevano pensare che nelle zone interne! di alcuni profondi crateri da impatto localizzati nelle regioni polari, mai illuminate dal Solo, esistessero degli enormi depositi di ghiaccio d'acqua, probabilmente accumulatisi a sèguito di impatti di comete nel corso degli oltre 4 miliardi di anni di esistenza della Luna. Si trattava di deduzioni tratte dal fatto che in queste regioni gli Strumenti della sonda avevano individuato un'anomala abbondanza di idrogeno, forse proveniente dalla dissociazione di molecole d'acqua. Per ottenere una piova certa dell'esistenza di ghiaccio d'acqua sul nostro satellite, agli inizi di quest'anno i responsabili (lidia missione hanno deciso di far schiantare la «Lunar Prospector» all'intorno di uno dei crateri dove le condizioni sono tali da rendere possibile la presenza di ghiaccio d'acqua, per osservare con i più potenti telescopi disponibili a terra e con il telescopio spaziale «Hubble» se a seguito dell'impatto fossero individuabili tracce di vapore d'acqua. La sonda, come programmato, lo scorso 31 luglio ha colpito l'interno del cratere preso come bersaglio, ma le complesse e lunghe analisi dei dati raccolti dai numerosi strumenti puntati in direzione del luogo del «suicidio» spaziale non hanno rilevato alcun segno della presenza di vapore d'acqua o di molecole derivate, come l'ossidrile (OH). Era ben chiaro ai responsabili della missione che le probabilità di conformare la presenza di acqua sulla Luna orano molto basse, in quanto la sonda potrebbe aver mancato, anche di poco, il bersaglio oppure aver colpito una grossa roccia. Inoltre le molecole d'acqua, anziché essersi aggregate in blocchi di ghiaccio di dimensioni più o meno grandi, potrebbero essere prosenti sul suolo lunare strettamente legate alle rocce sotto forma di minerali idrati, per cui l'energia generata dall'impatto potrebbe non essere stata sufficiente a liberarle nello spazio. Infine i telescopi, che hanno un piccolissimo campo di vista, potrebbero non essere stati puntati in maniera corretta (ipotesi possibile, ma poco probabile), oppure il vapore d'acqua e gli altri materiali una volta eiettati dall'impatto non avrebbero avuto l'energia necessaria a superare il bordo del cratere, rimanendo cosi invisibili agli osservatori terrestri. Anche se i risultati di questo esperimento, il primo nel suo genere, sono stati negativi, l'esperienza acquisita sarà comunque utilissima in futuro nel caso di altre sonde che, una volta terminato il loro lavoro scientifico, potrebbero essere fatte impattare all'interno di crateri lunari in cui è sospetta la presenza di ghiaccio d'acqua ed essere così utilizzate come veri e propri «rabdomanti spaziali». Mario Di Martino Osservatorio astronomico di Torino
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