Io, figlio di «Herzog»

Io, figlio di «Herzog» CASA BELLOW: UN MATRIMONIO DALLA PASSIONE ALL'ODIO, UN DIVORZIO DOLOROSO, UN'INFANZIA LACERATA Io, figlio di «Herzog» DALLA PRIMA PAGINA Adam Bellow ' madre è presentata come una Stronza e una pazza furiosa, mentre a te viene cambiato sesso e diventi una bambina di cinque anni che si chiama dune. In un secondo tempo poi, arriva anche un biografo, che scava nella tua storia personale e finisce con l'usarla per dimostrare le sue teorio psicologiche sulla creatività di tuo padre. Atlas non rispondeva però ad un interrogativo di fondo: perché dopo pili di trent'anni, qualcuno avrebbe potuto ancora interessarsi al latto che Herzog facesse effettivamente riferimento a personaggi davvero esistiti? A prescindere dalla critica e da qualche storico, gli unici che potevano ancora avori; un qualche interesso per la cosa erano quelli che, da una parte, no erano stati profondamente colpiti e dall'altra, chi aveva avuto con quel libro un intimo legamo creativo. Per chiunque altro, si trattava semplicemente di un libro. Ma por me, Herzog simbolizzava la creazioni; del mio mito personale. lira praticamente la chiave di volta della mia psiche. Tutte questo considerazioni spiegano probabilmente quanto sia stato difficile per me leggere Herzog e porche por molti anni non abbia nemmeno voluto provarci. Herzog era il racconto di quello che quella pazza, malanima di mia madre «aveva fatto» a mio padre. Era la storia che lui ha sempre minacciato di raccontarmi, quando sarei stato «abbastanza grande». Dava L'impressione di pensare che, una volta che fossi venuto a conoscenza della verità su mia madre, avrei cambialo per sempre il mio modo di guardare a lei. E io, ovviamente, gli erodevo: anche quando diventai abbastanza grande da leggerlo, continuavo a dare a Herzog ampie possibilità di manovra. Fu solo dopo l'università, quando andai a vivere per conto mio in un'economica mansarda piena di sole sulla Ventottesima East, che mi accinsi finalmente ad affrontare il libro. A quel tempo, avevo intenzione di diventare uno scrittore e, pensando che fosse importante per il mio tirocinio letterario, mi misi a leggere tutti i libri di mio padre, eccetto Herzog, che tonni per ultimo. Sarebbe eccessivo diro che il libro mi fece una profonda impressione. Lo lessi in un week-end, per l'esattezza in quarantott'ore, la maggior parte delle quali galleggiando nell'amniotico conforto della mia vasca da bagno. Il virtuosismo delle frasi, gli stupefacenti fuochi d'artificio della sua mente, il ritmo fragoroso e l'energia che lo pervadeva presero il sopravvento. Provavo un misto di ammirazione, invidia, orgoglio e un bruciante spirito di emulazione. Questo ora scriverei Eppure, dentro di me si insinuò strisciante un'altra idea, poiché le persone e i fatti descritti nel romanzo non erano semplicemente frutto dell'invenzione dell'autore: erano persone e avvenimenti che appartenevano alla mia vita. I.a bella, ostinata e infedele moglie di Herzog era senz'altro una creatura inventata, ma in lei si potevano riconoscere anche alcuni tratti caratteriali di mia madre. Il suo amante, Valentino Gorsbach, lo «zio Val» del libro, con la sua folta capigliatura rosso fuoco e la sua gamba di legno, ricalcava la figura (li quello zio Jack elio io avevo conosciuto. C'orano anche altri personaggi che mi richiamavano alla mento persone che conoscevo, o che riconobbi: i genitori di mio (ladro (morti prima che io nascessi), le sue zie e gli zìi, i migliori amici, i colleglli, lo ragazzo. Tutti, erano stati ritratti con stupefacente precisione ed erano intrisi dei suoi sentimenti. Nella descrizione di Madeleine, riconobbi senza esitazioni mia madre: il naso dritto e «bizantino», i denti corti da ragazzina, la gola che arrossiva, in maniera molto femminile, come quarzo rosa, la «folle protervia» dei suoi carismatici occhi azzurri, il suo grande stilo. Aveva descritto con acume il modo in cui Madeleine si truccava. Aveva narrato alla perfezione questo rituale femminile in un brano in cui questa giovane e sensuale donna si trasformava, a causa del suo impiego all'Università Cattolica, in una matrona di mezz'età. «Prima si spalmava uno strato di crema sulle gote, massaggiando e facendola penetrare sulla pelle del dsdcg naso dritto, del mento infantile e della morbida gola. (.,,) E poi sopra si metteva il trucco. Lavorava con dei batuffoli di cotone, sotto l'attaccatura dei capelli, intorno agli occhi, sull'alto delle guance e sulla gola. Malgrado le soffici pieghe di carne femminile c'era già qualcosa di visibilmente dittatoriale in quella gola tesa. (...) Si metteva una pallida cipria con il piumino, sempre alla stessa velocità da gara, alla disperata. (,..| Sempre senza pause (i esitazioni, si applicava un poco di nero all'angolo esterno di ciascun occhio, o ridisegnava la linea delle sopracciglia per renderla vivida e diritta». In questo brano ci sono ancora tracce del suo desiderio e della sua attrazione per lei, frammiste a terribili presagi. Ma quanto l'aveva osservata da vicino - quanto l'aveva intenzionalmente assorbita e quanto l'aveva capita! Ma soprattutto, quanto era stata simile la sua esperienza alla mia...L'avevo guardata migliaia di volte mentre si truccava, con lo stosso sentimento di stupore per la sua abilità tutta femminile. Con Moses Herzog avevo condiviso quello stupore infantile, ma la nostra somiglianza finiva lì. Per Herzog infatti, Madeleine ora piena d'odio, desidera vederlo morto («Il suo indomabile sguardo azzurro era così intenso elio i suoi occhi sembravano storti»). In una lettera che scrive allo psichiatra di entrambi, Herzog riconosce che perfino una donna molto religiosa può accorgersi di non amare più il marito. «Ma e se lo odiasse? Che cosa accadrebbe se ella ne desiderasse di continuo la morto? E se la desiderasse più fervidamente proprio mentre fanno l'amore? E se durante l'atto d'amore lui scorgesse nei suoi occhi azzurri risplendere quel desiderio? Come una [ireghiera verginale?». Herzog arriva alla conclusione di essere esattamonte l'uomo che lei stava cercando. «Allo scopo di farlo cadere, di umiliarlo, di buttarlo a terra e di fracassargli il corvello con un calcio assassino». Por me non era facile reggere il confronto con questa versione da incubo di mia madre. Mio padre aveva descritto la sua ex-moglie corno una lupa assetata di sangue, una tigre che divora i suoi cuccioli. Di che conforto potevano essere per me le parole di un critico, che suggeriva semplicemente di non confondere la finzione con la vita reale? Non eia quello il punto, nonostante il suo fosse uno studio «accurato» o «veritiero». Come il ritratto cubista che Picasso fece di Gertrud Stein, era diventato la realtà. Ma per me, il vero problema di Herzog non risiedeva tanto nella ostile descrizione di mia madre, quanto nella catastrofica prospettiva delle mie origini. Avevo la netta sensazione che mio padre considerasse il suo matrimonio con mia madre un terribile errore. Le cose Eer lui, erano comunque andate ene: aveva potuto rifarsi una vita con altre mogli, altri figli, altre case, altri libri. Ma come ci si aspettava che mi sentissi, in qualità di sfortunato sottoprodotto di un matrimonio sbagliato? Anche so Herzog non avesse contenuto nient'altro che quel crudele ritratto di mia madre, io avrei potuto ricondurlo allo distorsioni di una mento ferita e desiderosa di vendetta. Ma non si trattava solo della cronaca della vergogna, dell'umiliazione, della rabbia e della gelosia di un uomo tradito; il libro infatti custodiva anche i toccanti sentimenti di un padre rifiutato per il suo bambino. Herzog pensa continuamente alla piccola June ed è profondamente toccato da tutto ciò che la riguarda. «Gli saliva in piedi sullo ginocchia per pettinarlo. I suoi piedini gli pesticciavano lo cosce. Lui si abbracciava quelle ossicine con fame paterna mentre l'alito di lei sul suo viso lo commuoveva fin nel profondo». Chiamatela pure letteratura, ma io credo che brani conio questo esprimano le vere emozioni di mio padre, che mi toccano in un modo che non so descrivere. E cosa dire del fatto che, quando Herzog rievoca lo poosiole preferito da June, si trattava proprio (Icilio mie? ««C'era una volta una vacchina che volava in un canestro diciassette volte più in alto della luna. E dove andasse Nessuno sapeva Porche cavalcava un manico di scopa». Nonostante mio padre, per qualche sua ragione personale, mi avesse fatto diventare una bambina, aveva comunque deciso di mantenere qualche innegabile particolare personale. Eppure, questo nucleo di verità non sembra giustificato. Per la miseria, chi conosce la risposta? Un critico letterario potrebbe spiegare che si tratta di un'abitudine superstiziosa di aderire alla realtà proprio nel bel mezzo di un passaggio inventato e uno psicoanalista parlerebbe di uno spostamento della sua angoscia edipica (castrazione del figlio che ha la meglio sulla madre). Ma per me, era stato come ricevere un messaggio in una bottiglia, una comunicazione segreta tra lo scrittore e suo figlio diventato adulto, che, dopo vent'anni, si ritrova a leggere proprio quel libro. Ouesto grande romanzo epistolare, pieno di lettere indirizzate a chiunque, conteneva anche una lettera per me, nella quale c'erano due messaggi complementari: tua madre è una squilibrata e solo io ti voglio bene. Herzog ha ritratto efficacemente il disastroso fallimento del matrimonio dei miei genitori ed è diventato parte del folclore della letteratura americana contemporanea, proprio come lo è diventato Norman Mailer, quando ha accoltellato sua moglie ad una festa. Esaminata con attenzione, adesso che sono adulto, quella relazione mi sembra sia stata descritta in una prospettiva piuttosto parziale. Sotto l'influenza di Herzog, le violente passioni che hanno distrutto il matrimonio dei miei genitori finiscono con il gettare ombre anche sui suoi inizi, con uno spirito molto diverso da quello che in realtà era. Infatti, in altri scritti di mio padre, esistono tracco di una relazione positiva, decisamente precedenti a Herzog. Ma le si deve portare alla luce con molta attenzione, uno strato alla volta, come fanno gli archeologi, che tolgono la polvere e i frammenti superflui con uno spazzolino da denti. Mentre io mi stavo formando nel ventre di mia madre, stava accadendo lo stesso a // re della pioggia. Mio padre leggeva a mia madre e al loro amico Arthur Miller, ospite nella loro casa del Nevada, a Pyraniid Lako, brani del suo esuberante romanzo, che raccontava del safari africano di un ricco signore. A Pyramid Lake i miei genitori si erano sposati, e lì ero stato concepito. Durante la gravidanza di mia madre, mio padre stava ancora scrivendo il libro, che terminò (piando ero ancora piccolo. Una volta mio padre disse che mi associava a Henderson, il Re della pioggia, ««perché ero molto prosente, sullo sfondo» quando lui lo scrisse. Io amavo quel libro - per me era il più gioioso, il frutto più libero della sua immaginazione creativa - e lo feci diventare l'emblema di quel breve, felice periodo, durato appena poco più di un anno, in cui eravamo ancora una famiglia. Vivevamo in quella casa leggermente malandata di Dutchoss County - la stessa in cui si barrica Herzog - e, a detta di un amico che frequentavamo allora, i miei genitori erano degli «straordinari intrattenitori»: da questo esile accenno, per me è stato facile immaginare il resto. Mio padre scriveva di mattina, faceva giardinaggio e si occupava della casa al pomeriggio e la sera voleva avere la casa piena di amici. Mia madre era brillante, felice e vivace, con i capelli raccolti in una coda di cavallo e me in grembo o sul tappeto, mentre giocavo tra una foresta di gambe di adulti e di poltrone, con un vivace ronzio di voci sulla testa. L'immagine di quel mondo in cui ero nato e che avevo perso quasi contemporaneamente, balugina nella mia mente come un fragile ninnolo di vetro che, nell'atto di cadere, sta per frantumarsi. Ma se ci spingiamo oltre, in un delizioso racconto, scritto da mio padre prima che lui e mia madre si sposassero, c'è un'altra testimonianza. In Afalher to be un uomo di nomo Rogin prende la metropolitana per andare a trovare Joan, la sua fidanzata. In testa, ha una serie di preoccupazioni: deve mantenore l'anziana madre, aiutare un fratello minore a finire l'università e contribuire ai debiti di Joan, in attesa che lei trovi qualcosa da fare che sia più adatto a lei. Lei infatti è troppo «aristocratica» per fare la commessa o la cameriera, e l'unica cosa che sa fare è spendere il denaro che Rogin guadagna. Sul treno, il protagonista si ritrova seduto vicino ad un compiaciuto uomo di mezz'età, che legge il giornale. Notando in lui una somiglianza con Joan, Rogin prova nei suoi confronti un'immediata avversione: «Di lì a quarant'anni, un figlio di Joan, posto che ne avesse uno, avrebbe potuto essere così... Privo dei tratti caratteristici di lei, la sua eredità non sarebbe stata affatto evidente...». Rogin ha un moto di rifiuto mentre medita sulla fredda impersonalità della natura. «Che maledizione avere un figlio così insignificante! Un figlio come questo, che non capirebbe mai suo padre». Subito dopo, si ribella violentemente: «In che inferno mi sto cacciando? Pensò Rogin». Ma è troppo tardi per tornare indietro. Si avvicina alla porta di Joan fermamente deciso a non farsi consumare dalle forze femminili che cospirano contro di lui. Mentre lui si rimbocca le maniche preparandosi alla lotta, lei lo disarma in un battibaleno, con una dimostrazione d'affetto a metà tra l'infantile e il materno: «Oh, amore, sei tutto coperto di neve». Eppure il cuore di Roghi è ancora refrattario, anche se non ricorda più bene perché. Dopo avergli frizionato la testa con un asciugamano, lei decide di lavargli i capelli: trascina uno sgabello davanti al lavandino del bagno e inizia a fargli uno shampoo. Dentro, Rogin inizia a scioglierei e alla fine si arrende. Sente la pressione del corpo di lei da dietro «e le sue braccia lo cingono, mentre lei gli versa l'acqua sulla testa così delicatamente che gli sembrò che l'acqua gli venisse da dentro, come se fosse il fluido caldo e segreto del suo essere innamorato che traboccava nel lavandino, così verde e spumoso, che dimenticò completamente sia le parole che si era preparato che la rabbia nei confronti di quello-che-avrebbe-potuto-essere-suofiglio». Nel personaggio di Joan sono già visibili i germi narrativi di Madeieine, specialmente quelli riguardanti il denaro, che in Herzog avrebbero avuto ampio spazio. Ma qui l'atteggiamento dell'autore è completamente diverso; è spensierato e indulgente. Le stesse caratteristiche che fanno di Madeleine una strega castrante, in Joan sono estremamente piacevoli, perfino ammirevoli. Quando lessi questo racconto per la prima volta, più di vent'anni fa, lo classificai come se fosse la fantasia di un figlio che non mostrava di avere particolari somiglianze col proprio padre e che non avrebbe mai potuto capirlo. Adesso, lo rileggo non per esplorare le eccentriche idee di mio padre sulla trasmigrazione delle anime, ma per l'affettuoso ritratto della sua musa, che allora era mia madre. La catarsi emotiva del finale, la resa infantile all'amore, dimostra che lei, una volta, era in grado di ispirargli qualcosa di ben diverso dall'ira e dalla violenza. Prima di scrivere questo articolo, ho intervistato a lungo mia madre a proposito del matrimonio con mio padre. Nella speranza di comprendere meglio la loro reciproca attrazione, l'ho sollecitata a descrivermi i dettagli dei loro inizi. Alla fine, lei mi ha dato quello che cercavo, - una storia che non avevo mai sentito prima - la cronaca del giorno e dell'ora in cui lei si innamorò di mio padre. I miei genitori si conobbero nel 1952, negli uffici del Partisan Review, dove mia madre lavorava come collaboratore editoriale dopo la sua laurea a Bennington. Nonostante mio padre avesse 16 anni più di lei, le fece insistentemente la corte, cosa lusinghiera ma anche piuttosto disorientante. La loro relazione diventò subito seria, ma poiché lei si era recentemente convertita al cattolicesimo, era fermamente decisa a non andare a letto con lui. Lui aveva appena accettato una cattedra a Princeton e, quando lei andò a trovarlo, andò a dormire a casa di amici. Un giorno, nella metropolitana, lei inciampò nella gonna, cadde dallo scale e si procurò una storta alla caviglia, che la immobilizzo a letto per qualche giorno. Mia madre divideva un appartamento con un'amica all'Hotel Ausonia e mio padre andò a trovarla. Le lesse dei brani tratti da Augie March che stava quasi per finire. Potrei dire che fu stesa dall'emozione, ma lei era già sdraiata sulla schiena - ed era così diventata 'un'ascoltatrice forzata: mio padre infatti le lesse pressoché ««tutta quella dannata storia». Dopo la pubblicazione di due dignitosi e corretti romanzi flaubeniani, con Augie March (la storia di un ragazzo che diventa maggiorenne durante la Depressione) mio padre aveva finalmente trovato il suo tono: il suo contributo personale allo stile letterario consisteva nell'aver amalgamato verbosità, intellettualismi, buonsenso popolare, nostalgia dell'immigrante e humour rabeleisiano. e e i d e e a e a e o o . Dopo la sua pubblicazione, nel 1953, il libro vinse il National Book Award e fece una breve apparizione sulla lista dei libri più venduti del New York Times. L'intero establishment letterario-intellettuale si levò per ungere l'autore e non è esagerato constatare l'influenza che Aligie ha avuto su altri scrittori: al libro è stato attribuito il merito di avere inaugurato un nuovo modo di scrivere, per quella generazione del dopoguerra che si era strozzata sul limitato stile di . Hemingway. Mia madre mi disse: «Noi hai idea dell'impatto che ebbe quel libro: la sua freschezza e la sua esuberanza sono state una rivelazione. Il senso della poesia, la libertà della prosa, il modo in cui creava fisicamente i personaggi con la lingua. Ero abbagliata da lui e, in qualche modo, l'ho visto veramente per la prima volta». Mentre l'ascoltavo raccontare questo episodio della sua Vita, la vidi riaccendersi e sentù che stavo incominciando a sciogliermi in un largo sorriso, unito ad un forte senso di gratificazione estetica. Che scena! Si trattava della classica seduzione letteraria tratta da una storia d'amore medievale. E la preghiera che brillava negli occhi di mia madre non era furia omicida, ma ardore letterario. Chi non desidererebbe essere concepito in una passione così grande? Ma un pensiero si annidò nella mia mente: c'era qualcosa di perfino più grande; se non fosse stato per un libro, - e che libro - io non esisterei. Se ad un capo della mia esistenza c'è Herzog, un libro le cui ombre si sono allungate sul mio orizzonte fino a deturpare ogni altra cosa, dall'altro capo c'è Augie March, con il suo eroe giovanile ed esuberante, un Colombo che descrive a se stesso quello che ha a portata di mano. Mia madre potrebbe affermare che si innamorò di Augie March per finire col trovarsi con Moses Herzog. Persino io sono cresciuto pensando di essere il figlio di quell'uomo complesso, dotato, ferito e arrabbiato. La prima volta che lessi Herzog è stato come se un cuneo, conficcato nel mio petto, cercasse di tagliarmi in due, pretendendo che io scegliessi uno dei miei genitori. Ma poi, quando l'ho riletto quasi vent'anni dopo, incitato dall'articolo di Atlas, le mie reazioni sono state piuttosto diverse. Potevo ancora vedere abbastanza chiaramente che mio padre aveva trasposto nel .libro il suo personale cast di personaggi lavorando sulle loro teste con l'equivalente letterario di sfacciati rimproveri. Ma soqirendentemente, questa volta, non ho sentito il bisogno di prendere le parti di Herzog o di Madeleine. Il male che si erano fatti, e che avevano fatto a me, era vecchio di 40 anni. Sapere chi fossero ««veramente» quelle persone non ha ostacolato il mio piacere di leggere quel magnifico romanzo di idee che erano scaturite dalla sua squallida tragedia privata che, dopo tutto, era piuttosto comune. Al contrario, la mia prospettiva privilegiata sui meccanismi e i fili tesi dietro le scene - come quelli che si vedono tra un piano e l'altro nella tromba dell'ascensore - ha reso la mia lettura centinaia di volte più interessante. In questo modo, ogni effetto sopravvive alla sua causa e, alla fine, diventa una nostra responsabilità. Nella pièce di Pinter Befrayal, la storia di un adulterio viene raccontata all'incontrario, dalla fine fino al primo rigoglio di attrazione illecita. Nel riprendere le propaggini di questo approccio alla fiaba del matrimonio dei miei genitori, non ho cercato di ri-raccontare la loro vecchia e triste storia, ma di ribaltarla. Volevo richiamare non l'acrimonia del loro divorzio, che influenzò la mia vita come la coltre di un inverno nucleare, ma il fascino dell'innamoramento dell'uno per l'altro. Si tratta di molto di più di un salutare mito di creazione artistica. E, facendomi largo nel deliquio erotico ispirato da Augie March, forse posso anche fare pace con quella parte'di me che è Herzog. ©Talk magazine New York 1999 traduzione di Chiara Simonetti foto di Nigel Parry I brani da «Herzog» sono tratti dall'edizione Oscar classici moderni Mondadori, Milano 1990 traduz. di Letizia Ciotti Miller Mio padre aveva descritto mia madre come una tigre che divora i cuccioli Nei romanzo c'era anche un messaggio in bottiglia per me: «Solo ioti voglio bene» Dopo 40 anni ho finalmente potuto riscoprire il fascino del loro innamoramento

Luoghi citati: Ausonia, Milano, Nevada, New York, Pyramid Lake