Oggi in Italia le ventiquattro bare

Oggi in Italia le ventiquattro bare Problemi tecnici impediscono il rientro con i parenti. Il ministro Dini interviene per accelerare il ritorno Oggi in Italia le ventiquattro bare Ancora bloccate all'aeroporto di Pristina PRISTINA dal nostro inviato «Quando dal comando mi hanno detto di rientrare e son salito sull'elicottero mi son sentito come liberato da un incubo. Son tornato giù, e son rimasto solo con me stesso per un'ora a far le cose di sempre». Capitano medico Gian Luca Corsini ha 33 anni è fiorentino e non è un pivello: ha già passato sette mesi in Bosnia, qui è da giugno e ha affrontato l'orrore delle fosse comuni. «Ma è una cosa diversa, con i morti dell'aeroplano, perché alcuni corpi sono completamente compromessi, maciullati, qualcuno decapitato, qualche altro senza gli arti». Invano cerca di trovare un tono professionale, ma gli occhi tradiscono ancora l'emozione per una cosa che lo perseguiterà per chissaper quanto. Corsini riprende d'un fiato: «Riconoscimenti sicuri sono difficili, il crash è stato fortissimo. Certo, ci sono altri elementi: per esempio, i documenti che molti avevano addosso». E' sempre penoso il compito che in queste situazioni tocca a un medico. «Un'apocalisse, ecco quello che ho visto. C'erano cose stranissime: l'aereo in parte disintegrato e, poco lontano dai relitti, un sacchetto del beauty-free con una bottiglia di whisky Chivas Regal intatta; e poi, un cellulare acceso, e un sacchetto di biscotti del Mulino Bianco chiuso con una linguetta adesiva». Quella notte in cui i resti dell'aereo son stati trovati, con i fanti francesi del 152° sono saliti anche due finanzieri italiani. E pure per loro sarà difficile non ricordare. «Alcuni corpi erano come avvitati, di uno era rimasto il tronco soltanto, ma abbiamo riconosciuto il comandante, aveva ancora indosso la divisa. I francesi han lavorato con alacrità e perizia, hanno esaminato tutto, messo insieme gli oggetti, gli effetti personali, verbalizzato ogni dettaglio. Rottami dappertutto: da un lato della gobba c'era la coda, dall'altro i vetri, ed erano incredibilmente intatti. E poi, sul terreno, l'impronta d'una bruciatura lunga una ventina di metri. Le scatole nere eran volate anch'esse a venti metri dalla coda. Faceva freddo, per terra c'era ghiaccio, se per un miracolo qualcuno fosse sopravvissuto, non avrebbe potuto reggere a lungo». Le ore della domenica son trascorse nell'incertezza, i parenti delle vittime reclamavano le 24 salme, da Roma su un Boeing a fine mattinata in 37 avevano raggiunto i quattro arrivati qui a Pristina il giorno precedente. E tutti temevano che la burocrazia avrebbe strozzato i loro sentimenti. «Ma alla burocrazia abbiamo dato un calcio», dice l'ambasciatore Sessa, alla fine di un giorno pesante. Perché la procedura di rientro di una bara è incredibilmente complicata. «E poi, l'Italia ha la sua, naturalmente, ma qui non c'è governo, i kosovari non sanno che cosa fare, la Kfor neppure». Dunque, problemi di straordi¬ naria burocrazia. Da Roma, dice Staffan De Mistura, rappresentante in Italia delle Nazioni Unite, «la risposta è stata però immediata: il ministro degli Esteri Dini ha telefonato a Diliberto, ministro di Grazia e Giustizia, ed è stato deciso il rientro immediato. Lo sappiamo bene che per i parenti una cosa è procedere a un riconoscimento in un hangar in mezzo ai soldati o in un istituto di medicina. E' stato possibile ridurre a qualche ora la probabile attesa di 7-9 giorni». E anche questa, incredibilmente, è una vittoria. L'aereo con i parenti è ripartito un attimo prima delle 16,30, quando sulla pista di Pristina spengono le luci e bloccano i voli. Su tre elicotteri Sikorsky i parenti ave¬ vano sorvolato il picco della catastrofe, nel primo pomeriggio, poi era cominciata l'attesa e qualcuno aveva manifestato insofferenza", sospettato altri drammi. Infine avevano ottenuto la parola di De Mistura: «I vostri cari torneranno al più presto, io non parto senza». Ma non era stato possibile far decollare il G-222 della 46a aerobrigata, perché per il viaggio è d'obbligo che le bare siano sigillate. «Altrimenti c'è il rischio di una fuoriuscita di gas che avrebbe potuto risultare fatale. E noi non volevamo una seconda tragedia», osserva De Mistura. Stamane, dunque, appena la nebbia si sarà alzata, daranno il via libera al capitano Biancardi. [v. t.] Il medico militare italiano: le operazioni di riconoscimento sono state difficili e strazianti «Alcune vittime sono state identificate soltanto grazie ai documenti che avevano con sé» I parenti delle vittime dell'incidente al volo del Pam per Pristina al rientro, ieri sera, all'aeroporto di Roma

Persone citate: Biancardi, Corsini, De Mistura, Diliberto, Dini, Gian Luca Corsini, Sessa, Staffan De Mistura

Luoghi citati: Bosnia, Italia, Roma