La crociata di pace di Martini

La crociata di pace di Martini La settimana scorsa si è recato in Terra Santa con oltre 1200 pellegrini della sua diocesi La crociata di pace di Martini Usuo esempio di ecumenismo popolare Claudio Altarocca inviato a GERUSALEMME Lo paralo ili Carlo Maria Martini su un diverso, possibile modo di intendere il governo del Papa, orano implicito nel suo comportamento durante 10 speciale pellegrinaggio della sua diocesi in 'l'erra Santa, appena conclusosi. Il cardinale di Milano non vi ò mai apparso un principe della Chiesa su cui discenda e risplenda 11 primato di Róma, una sorta di augusto fratello maggiore che incontra i fratelli minori. Venerdì a Betlemme, od esempio: nel vasto e disadorno capannone in cemento accanto alla basilica, era accanto a sei patriarchi di Chiese orientali in assoluta umiltà, li ha abbracciati, è stato abbracciato, ha parlato con semplicità e ansia d'incontro e d'unita, li nei giorni precedenti si era visto con i rabbini di Gerusalemme, con i responsabili della comunità islamica nella Moschea Omaiade a Damasco, con rappresentanti, ancora, di Chiese d'Oriente. Quasi una febbre, una frenesia ecumenica e inter-religiosa. Ma la novità vera del suo pellegrinaggio sta altrove, risiede nel fatto che con lui c'era la sua diocesi, più di 1200 pellegrini, una pia armata guidata non solo a visitare le pietre dei luoghi sacri, ma soprattutto portata a guardare in faccia e a parlare sia con j;li altri cristiani che vivono lì, sia con l'ebreo e il musulmano. I 1200 lombardi alla crociata di pace si sono così immersi nel tumulto delle fedi, hanno toccato con mano lo differenze e le sofferenze, le critiche e le richieste di comprensione c di nuova coesistenza. Una vera e propria pedago¬ gia di massa, quella di Martini, un esperimento di ecumenismo popolare per smuovere ancor di più eventuali progiudizi o rigidità, per avviare una specie di movimento, un'onda spontanea di idee e di esigenze che non potrà non contribuire in qualche modo a scioglierò anche quei «nodi» di cui ha parlato nel recente Sinodo europeo, dalla crisi delle vocazioni all'etica sessuale e al ruolo della donna e a quello dei laici. Un pellegrinaggio pre-giubilare, insomma, all'insegna del¬ l'incontro e del confrónto, prima ancora che della riappropriazione religiosa dei luoghi della Natività, della Passione e del Sepolcro. Tanto che, a pensarlo e a organizzarlo, hanno contribuito il pastore valdese Daniele Garrone, che ha accompagnato il viaggio insieme con il direttore del mensile «Incontri» Paolo Naso, e il vicedecano della Chiesa evangelica luterana in Italia, Norbert Denecke, pure presente. Ed è stato istruttivo vedere come hanno reagito gli stessi pellegrini. All'inizio erano un po' spaesati, sorpresi, volevano più tempo per lo shopping e per le preghiere. Poi hanno capito, si sono a volte persino appassionati. Come la sera dell'arrivo a Gerusalemme: sfiancali da ore e ore di pullman e di dogana, hanno ascoltato al Centro Armeno l'analisi austera, persino impietosa, di Daniel Attinger, della Comunità di Bose a Gerusalemme. A noi cristiani — ha detto in pratica Attinger — ci viene rimproverato quasi d'essere idolatri (la Trinità, i santi), di avere più senso della magia che del mistero, di non considerare abbastanza l'altezza del «sabato», cioè del tempo di Dio che fa irruzione nel nostro tempo, soprattutto di non avere sufficiente passione per le Scritture: «L'ebreo ci ricorda che la Parola è cibo — ha detto pacato Attinger —, che non si venera ma si mangia. Gli ebrei scorticano il Testo, il cristiano lo dimentica». Mormorii sommessi in sala, chi dice di non capire, chi trova che Attinger ha ragione. Semi, tracce di discussioni. Alcuni progettano seminari al ritorno, altri pensano a un secondo viaggio in questi luoghi. $ La stessa sera, a Gerusalemme, Martini si è un po' aperto ai suoi pellegrini. Ha detto che viene a Gerusalemme da 40 anni; e 40 è un numero significativo nella Bibbia: designa un periodo che si conclude (i 40 anni degli ebrei nel deserto, per esempio). Perché il biblista Martini ha ricordato un tale anniversario? Quale periodo s'è compiuto per lui? Egli ha 72 anni, ormai da 20 è arcivescovo di Milano. L'ipotesi più frequente è che egli davvero abbia deciso di ritirarsi a Gerusalemme, di non venirci più soltanto per brevi periodi. Gerusalemme è per lui una vocazione. Ha detto anche: «Le pagine della Bibbia mi spaventano sempre di più, sono sempre più esigenti». Martini ha come bisogno di racco gliersi, di studiare meglio. Di pregare, soprattutto. Pregare a Gerusalemme vuol dire «in tercessione, stare cioè in mez zo a tante tensioni e sofferenze», abbracciare tutte le parti in conflitto. Non solo qui. La città è per lui universale. Pregare a Gerusalemme vuol dire pregare per tutti e per tutti i luoghi del mondo. Messaggio ricevuto, gli dicono i suoi pellegrini. Alla cerimonia a Betlemme era accanto a sei patriarchi di Chiese orientali e nei giorni precedenti aveva incontrato i rabbini e i responsabili della comunità islamica mmm A Milano si pensa che il cardinale abbia davvero deciso di ritirarsi a Gerusalemme «Stare qui significa abbracciare tutte le parti che sono in conflitto» Il cardinale Carlo Maria Martini. A sinistra papa Giovanni Paolo II

Persone citate: Carlo Maria Martini, Claudio Altarocca, Daniel Attinger, Daniele Garrone, Giovanni Paolo Ii, Norbert Denecke, Paolo Naso