La grande occasione dei fondi di Ugo Bertone

La grande occasione dei fondi Il patrimonio complessivo ammonta a circa 500 miliardi. La nuova normativa ne farebbe arrivare quasi 30 mila La grande occasione dei fondi Dopo sei anni difficili ilpossibile boom Ugo Bertone MILANO Su un punto sono tutti d'accordo: i fondi pensione, finora, non sono stati un successo. A sei anni dalla logge che li ha istituiti, tra adesioni e pre-adesioni i fondi pensiono contrattuali possono contare solo 450 mila lavoratori iscritti. E por i fondi aporti (un centinaio quelli funzionanti), la cifra non supera i 00 mila iscritti. In tutto, perciò, gli aderenti superano di poco il mozzo milione suddivisi in 115 fondi elio amministrano un patrimonio di circa 500 miliardi di lire contro un flusso annuo del Tfr attorno ai 30 mila miliardi di lire. Un decollo lento, macchinoso, in parto prevedibile se si pensa alla complessità (lolla materia o all'incredibile iter burocratico (ci sono voluti 18 mesi porche potesse decollare Fonchim, l'unico fondo collettivo che ha superato la fase dol rodaggio). Un biglietto da visita, soprattutto, elio ha scoraggiato i possibili sottoscrittori, i più giovani, in particolare. L'oggetto sconosciuto. E' proprio tra i lavoratori elio vantano la minoro anzianità, sulla carta i clienti più scontati, che si registra l;i minoro attenzione. Bastano poi i risultati di una recente ricorca doll'Aifi-Abacus per dare una misura dol fallimento dell'opera di informazione o di fiducia tra i lavoratori. Solo un quarto dei potenziali clienti sa ctìe cos'è un fondo pensiono. E tra chi lui un'idea dell'argomento solo una minoranza dichiara di volersi affidare a fondi in qualche maniera gestiti da sindacati o impreso. Ben maggioro è la fiducia noi confronti delle banche e delle assicurazioni, come dimostra dol resto il «boom» della previdenza privata o individuale che, tra polizze vita o piani di accumulo personali, ha ormai raggiunto una raccolta di 52 mila miliardi. I tre pilastri. Eppure, di fronte ai «buchi» o allo insidie della riforma previdenziale, sarebbe saggio se ciascun lavoratore attuasse, fin dai primi anni dol l'attività lavorativa, un pianodi investimento previdenziale fondato su tre pilastri: la pensione pubblica, primo pilastro, non potrà garantire in futuro, per i più pessimisti, più dol 35-10% dell'ultima retribuzione; a fianco, perciò, dove trovar posto un secondo pilastro, rappresentato dal fondo pensione che dovrà garantire un altro 25%; infino, un'ulteriore quota di risparmio potrebbe essere destinata al cosiddetto «terzo pilastro», la previdenza individualo a cui si potrà chiedere un ulteriore 5-10%. Ma le cose potrebbero andare anche meglio. Facciamo un esempio. Un lavoratore, giovane, con una prospettiva di molti anni di lavoro davanti a sé, che destinasse il 10,01 % della retribuzione al fondo pensiono vedrebbe il suo sforzo così ripartito: il 2% a carico del lavoratore, il 2% dell'azienda, e il 0,91% alimentato da) Tfr. Ipotizzando una gestione finanziaria che frutti il 4% annuo, in 37 anni di versamenti si può arrivare ad un'integrazione previdenziale che superi il 33% dell'ultima paga. In questo caso, il futuro pensionato potrà disporre di un trattamento di tutto rispetto. Ma conviene? Lasciamo la risposta ad un calcolo effettuato dall'ufficio studi dol Crédit Suisso Winterthur sul diverso risultato che si ottiene lasciando il tfr accantonato nelle forme attuali oppure versandolo in un fondo pensione. Ai sensi della normativa in vigore, gli accantonamenti vengono rivalutati con un meccanismo che prevedo: una parto fissa pari a un punto o mezzo percentuale; una parto variabile pari al 75% dell'inflaziono. Nel caso di un'inflazione contenuta, ad esempio pari all'1,5%, il meccanismo determina un'aliquota di rendimento superiore all'inflaziono stessa. Al 75% dell'inflazione corrisponde un valore dell'1,125% cui si dove aggiungere la rivalutazione fissa per un totale pari al 2,625%. Questo differenzialo positivo si riduce, però, al crescere del carovita fino ad annullarsi quando l'inflazione tocca il 6%. Por i valori superiori al 6% (tutt'altro che imprevedibili in un arco di tempo pluridecennalo) il Tfr non copre la perdila del valore d'acquisto. Al contrario, il fondo dovrebbe garantire un rendimento superiore. L'adesione ad un fondo comporta così tre vantaggi: la contribuzione da parie dell'azienda; i vantaggi fiscali e la possibilità di destinare il Tfr al fondo pensione ricavando un probabile, maggior rendimento. I limiti. Ma è tutta questione di scarsa informazione o di imprevidenza? E, soprattutto, basterà una spinta legislativa per accelerare la corsa ai fondi? A quest'ultimo proposito, va rilevato che il versamento del tfr è già obbligatorio per i giovani che aderiscono ad un fondo, ed è questa, probabilmente, una delle ragioni che frenano l'adesione di molti giovani (quando si ha una famiglia a carico e si cambia posto di lavoro quei quattrini magari fanno comodo...). Già nell'estate scorsa, poi, il governo aveva varato una legge che prevedeva la trasformazione del Tfr in titoli da versare ai fondi pensione. Ma le complicazioni del provvedimento sono tali che l'efficacia concreta della legge è stata quasi nulla. E il fisco. Il vero nodo, sem¬ mai, sembra collegato alla questione fiscale. Si parla da tempo di un aumento del tetto di deducibilità, ma il nuovo trattamento fiscale decollerà solo nel 2001. Eppure, come dimostrano le esperienze anglosassoni, soltanto la leva fiscale può garantire l'effettivo decollo dei fondi. Finché i fondi pensione, quindi, non disporranno di un più conveniente trattamento fiscale rispetto ad altre forme di risparmio presenti sul mercato, è assai dubbio che i lavoratori opteranno per questi strumenti. Ed è dubbio che provvedimenti «forzosi» possano produrre risultati efficaci. Anche perché la legge obbliga i lavoratori dipendenti che aderiscono ad un fondo pensione a rivolgersi ai fondi «chiusi». Se delusi, solo dopo cinque anni (a meno che non cambi lavoro, in tal caso può cambiare fondo o farsi liquidare), potranno decidere di passare ad un fondo aperto. Il vero nodo rimane la questione del Fisco troppo esigente Il ministro del Tesoro Giuliano Amato

Persone citate: Giuliano Amato