«Ciampi garante del bipolarismo» di Ugo Magri

«Ciampi garante del bipolarismo» IL COSTITUZIONALISTA «AVANTI CON IL METODO DELLA GRADUALITÀ'» «Ciampi garante del bipolarismo» Manzella: legge elettorale, intesa possibile intervista Ugo Magri ROMA QUALCUNO ha scritto che Antonio Maccanico, Gifuni, Fisichella e io avremmo formato un comitato segreto all'ombra del Quirinale... Quando l'abbiamo letto, ci siamo fatti una bella risata». Andrea Manzella, senatore Ds e grand commis della Repubblica in servizio permanente effettivo, è tra i più ascoltati consiglieri di Carlo Azeglio Ciampi. Però nega di avere avuto un ruolo nell'ultima esternazione presidenziale, quella che incita i partiti a mettersi d'accordo sulla riforma elettorale. «Ma quali suggeritori... Qui c'è un Capo dello Stato che pensa con la sua testa, che colloquia in privato con i vari leader politici. In più ha il culto della riservatezza tipica del banchiere centrale. Figuriamoci se potrebbe circondarsi di comitati». Mettiamola così, professore: che cosa può avere spinto Ciampi a esporsi in una materia così controversa? «Il Presidente avrà preso atto che si vanno realizzando punti di intesa tra le forze politiche». Ce li indica? «Non c'è nulla di dettagliato. Ne credo che vi sia un negoziato tra plenipotenziari. Però...». Però? «Un primo terreno di intesa riguarda i governi di legislatura. Ormai tutti sono convinti che possano esistere solo se si creano maggioranze stabili. Bisogna garantire che l'esecutivo disponga dei voti necessari a realizzare le sue politiche». E poi? «Poi si riconosce che, comunque vada alle prossime elezioni, il vincitore sarà tale per un'incollatura. Basterà un pugno di voti a fare la differenza. E dunque, con l'attuale sistema elettorale, ogni coalizione sarà prigioniera di minoranze spesso esigue. Ecco perché i partiti maggiori premono per uno sviluppo bipolare. Vorreb- «La qufra turne doppinon cI ghiasi sono erelle o unico o turno 'è più acciai sciolti» bero squarciare questo velo d'incertezza, eliminando il pendolarismo di piccoli gruppi». Tutto qui? «C'è una terza cosa fondamentale. Il Presidente è evidentemente pronto a farsi garante della maggioranza che scaturirà dalla riforma del sistema elettorale». Che significa «garante»? «Significa che, se ci sarà una nuova legge elettorale in senso marcatamente bipolare, in caso di "ribaltone" il Quirinale avrà una "giusta causa" per sciogliere le Camere». Che peso può avere la garanzia di Ciampi? «Enorme. Perché grazie ad essa si può accantonare per adesso il capitolo delle riforme costituzionali volte a dare stabilità (sfiducia costruttiva, norme antiribaltone, eccetera). Ci si può dedicare da subito, invece, alla legge elettorale. Seguendo il percorso che ha funzionato per le Regioni». Quale percorso? «Prima si è varata la legge Tatarella, che introduceva l'elezione quasi diretta dei presidenti delle regioni, e successivamente la si è rafforzata con una norma costituzionale». Faccia capire il vantaggio del «metodo Ciampi». «Con il gradualismo si supera l'impasse tra diverse strategie di modifica costituzionale e si rilancia concretamente il bipolarismo». Però, tra sei anni, la garanzia verrà a cessare... «Si, ma avremo tutta la prossima legislatura a disposizione per fare anche una norma costituzionale antiribaltone. Nel frattempo avremo cambiato, con la legge elettorale, la costituzione materiale. Inutile dire che questo governo, che tra l'altro sta facendo bene sull'economia, deve andare avanti». E perché? «Perché il voto nel 2001, e non prima, è la condizione per fare la riforma elettorale». A patto che sulla legge vi mettiate d'accordo... «Io registro che la querelle tra turno unico e doppio turno per molti aspetti non è più tale. Ci sono ulivisti che riconoscono i benefici del primo sistema, e polisti che cominciano ad apprezzare il secondo. Si stanno sciogliendo i ghiacciai». Il referendum in arrivo, quanto incide? «Come potente stimolo. Ma, insisto: al di là del referendum c'è una somma di convenienze». Quale può essere il terreno concreto d'intesa? «Sull'abolizione dello scorporo c'è vasto consenso. Le scuole di pensiero oggi si dividono tra chi preferisce applicare anche alla Camera il sistema già collaudato a Palazzo Madama. E chi, invece, pensa di far leva sul 25 per cento di seggi attribuiti col sistema proporzionale». Per farne che cosa? «Ora quel 25 per cento ha un effetto di frammentazione. Chi viene eletto, ha un debito di riconoscenza verso il proprio partito e non verso la coalizione. L'attuale quota proporzionale potrebbe essere usata in par¬ te come premio per la coalizione vincente, in parte come diritto di tribuna per chi non si coalizza. L'importante è garantire a chi governa almeno il G0 pei cento di voti in Parlamento. Almeno il 60 e non più del 75». Vuol mettere un «tetto» alle maggioranze? «Penso che in un'eventuale futura riforma costituzionale occorra prevedere una "riserva" intangibile per l'opposizione. E che nel contempo si debba ri- pensare tutto il sistema delle garanzie, che in un regime maggioritario vanno rafforzate». Il Polo dice: se passa la legge sulla par condicio, addio dialogo sulle riforme. Che ne pensa Ciampi? «Non insista, non sono il suo interprete. Però, a occhio nudo, vedo un interesse del Quirinale a che qualsiasi riforma abbia una solida base di consenso. Senza penalizzare né gli uni ne gli altri». «La querelle fra turno unico e doppio turno non c'è più I ghiacciai si sono sciolti»

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