«Sì alla doppia appartenenza» di Fabio Martini
«Sì alla doppia appartenenza» Il segretario Ds celebra con un'altra piccola svolta i dieci anni della Bolognina. Presente anche Occhetto «Sì alla doppia appartenenza» Veltroni: alpartito e alla coalizione l'anniversario Fabio Martini invialo a BOLOGNA Ibaffi orinai bianchi di Achille Occhetto tremano. Sotto l'effetto di un lungo applauso, il papà della svolta non riesce a dominare quel suo tic. A dieci anni da quel 1 2 novembre che cambiò la storia della sinistra italiana, il decennale della Bolognina è stato celebrato in un'aula universitaria davanti a una dotta platea e tra i «conferenzieri», accanto ad Occhetto, è seduto anche Walter Veltroni, li il segretario dei Ds ha approfittato dell'occasione per imprimere una nuova scossa, una piccola svolta alla politica del suo partito: «Oggi è possibile una sola appartenenza, quella ai partiti, lo sono por due appartenenze: una alla propria organizzazione e una alla coalizione», «che si dia proprie regole» e «avvii una fase costituente», li attenzione - ammonisce Veltroni se «non si va verso una grande coalizione dei riformisti», «l'esito delle prossime elezioni politiche rischia di essere fortemente segnato», li per chi non avesse inteso, Veltroni sfodera un'espressione cruda: «Cancellare la prospettiva di una forte coalizione sarebbe la fossa della sinistra italiana!». Certo, Veltroni ci tiene a spiegare che la sua non e la proposta di varare «oggi il partito democratico». Ma ò pur vero che quella apertura alla ((doppia appartenenza» è il primo spiraglio sulla strada della doppia tessera che Occhetto, a l'ine celebrazione, evoca in chiave autobiografica: «Oliando proposi io il doppio tesseramento, quasi mi divoravano...». li anche Occhetto, con una lunga relazione, ha animato ila par suo la celebrazione della svolta, li il vecchio Akcl lo ha fallo rilanciando, in tempi brevissimi, il progetto del partito democratico: «Scr- ve una Bolognina 3 per superare - insieme e definitivamente - la condizione di ex, ex Pei, ex De, ex Psi». Ma Occhetto, in questa occasione, ò riuscito ad argomentare il suo proverbiale rancore nei confronti di D'Alema. «La svolta - ha detto Occhetto - fu vissuta in due modi opposti: il mio, quello del "nuovo inizio" e quello di D'Alema della "dura necessità", sotto la cui bandiera si raccolsero tutti i "malpancisti", una visione che ha favorito la restaurazione della vecchia politica», li poi Occhetto ha preso di mira uno dei mostri sacri nella storia del Pei, quel Palmiro Togliatti, il cui ritratto D'Alema ha tenuto a lungo appeso dietro la sua scrivania: «Il Togliatti campione del primato della politica non ha più nulla da dirci», così come il Togliatti «campione del movimento comunista internazionale». Certo, nella splendida aula absidale di Santa Lucia, nel cuore del centro storico di Bologna, erano accorsi docenti universitari, vecchi amici di Occhetto, ancor più che politici di professione. Ma la •celebra- zinne della Bolognina, dopo un primo intervento del professor Pietro Scoppola, ha preso rapidamente un drizzone di politica contingento. Sia per le sollecitazioni di Occhetto («oggi non ha senso riunire la sinistra dentro un grande partito socialdemocratico», ina soprattutto per l'intervento di Veltroni. «La sinistra italiana - ha esordito il leader della Quercia - non sarebbe al governo se non ci fosse stata la svolta», senza la quale «il nostro destino sarebbe stato triste», il Pei «avrebbe consumato la sua crisi», già evidenti; dal fatto che «tra il '76 e 1*86, il Pei perde più del 10%». Per il futuro, Veltroni invoca «bipolarismo» e fa capire di non essere abbarbicato nella difesa del doppio turno di collegio quando dice: «Io sono pronto a discutere tutto ciò che è sopra il 75% di quota maggioritaria», un modo elegante per faro capire che i Ds sono disponibili anche a una riforma che trasferisca il sistema Senato alla Camera. E quanto al partito democratico, il progetto non ò attuale, «ina questo non significa rinunciare al progetto di una grande coalizione dei riformisti, come fu l'Ulivo del '96. E dunque una cultura unitaria, un programma unitario, un simbolo unitario che non cancella le identità» e soprattutto «un forte senso di appartenenza». Che ad avviso di Veltroni può prendere la forme di una «doppia appartenenza», definizione cui aveva già accennato, ma mai con l'enfasi di ieri. Alla «festa» della svolta ha partecipato anche il leader dei Democratici Arturo Parisi che ha difeso con particolare passione le disquisizioni apparentemente nominalistiche della quasi crisi di queste settimane. «Spadolini aveva ragione quando diceva: "Gli unici fatti che contano sono le parole, il resto ò chiacchiera". Nessuno irriderebbe sui trattini che separano la Repubblica ceca dalla Slovacchia o la Bosnia dalla Erzegovina». E in un'occasione come questa, Parisi ha ovviamente rilanciato il progetto che coltiva da sempre: «Dobbiamo saper costruire la casa in grado di ospitare il 50 per cento più uno degli italiani». E il fondatore del Pds «Quando proposi io il doppio tesseramento quasi mi divorarono...» fi fi Non saremmo al governo se non ci fosse stata la svolta del 1989 Il nostro destino sarebbe stato triste, il Pei avrebbe consumato la sua crisi: tra il 1976 e il 1986perse oltreil20% J J fi fi Cancellare la prospettiva di una forte coalizione sarebbe la fossa per la sinistra italiana Ma sia chiaro che non propongo di fare subito il partito democratico j jp A sinistra il segretario dei Ds Walter Veltroni A destra il fondatore del Pds Achille Occhetto
Luoghi citati: Bologna, Slovacchia
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