Davigo: vedo troppa clemenza
Davigo: vedo troppa clemenza Davigo: vedo troppa clemenza Giusto processo, Cicala è con D'Ambrosio MILANO «Il rischio di paralisi c'è ma siamo certi che Parlamento e governo provvederanno attraverso nonne di adeguamento della legislazione ordinaria ai nuovi principi rosi il azionali». E' un nonio cauto e diplomatico il nuovo presidente dell'Associazione nazionale magistrati Mario Cicala, intervenuto ieri a Milano a un'assemblea dedicata ai problemi dell'entrata in vigore, il 2 gennaio prossimo, del giudice unico. Prudènza che mal si accorda con le grida d'allarme e quasi di esasperazione che si levano dalla procura milanese. A partire da Gerardo D'Ambrosio che ribadisce: «Con l'introduzione del it il ihi di lii giusto processo il rischio di una paralisi della giustizia c'è, eccome». Per continuare con il pm Piercamillo Davigo, che lancia bordate contro «il dissesto della macchina giudiziaria» e si scaglia contro «l'abitudine alla esasperata clemenza» del tribunale di Milano. Avvertendo: «I reati introdotti superano quelli depenalizzati» e vanificano le aspettative sul giudice unico. Possibile che il nobile principio della parità tra accusa e difesa a D'Ambrosio non piaccia proprio? «I principi sono sucrosant i - ammette il procuratore - ma è pericoloso introdurli nella Costituzione perché è probabile che jjli avvocati ne approfittino per sollevare eccezioni di legittimità' e far rinviare i processi». D'Ambrosio ricorda anche «che noi siamo l'unico Paese nel quale l'esecutività della sentenza arriva dopo il terzo grado, mentre nel resto d'Europa arriva subito dopo il dibattimento». E oltre a un rischio di vanificazione delle indagini (con l'obbligo di «informa¬ re» subito l'indagato di un procedimento aperto nei suoi confranti) il procuratore di Milano vede adesso il rischio del fallimento totale dei riti alternativi. «A quale imputalo - si chiede - interesserà più patteggiare ora che può farlo addirittura al termine del processo, quando cioè può giocare a carte scoperte? Se si favoriscono tutte le garanzie per gli imputati senza l'esecutività della sentenza, nessuno ricorre più ai riti alternativi col risultato di paralizzare la giustizia». Rincara la dose Davigo: «A Torino i procedimenti definiti in udienza preliminare sono il 68% perché c'è una forte omogeneità tra i magistrati. 11 gip ammette al rito abbreviato e lii hi li i ii lii l gpcondanna con pene lievi chi sceglie i riti alternativi. Il tribunale invece commina pene pesanti a chi sceglie di celebrare il processo. Mentre a Milano questo non si è mai visto. Si condanna quasi scusandosi. C'è l'abitudine esasperata alla clemenza». A tutto ciò, rivela D'Ambrosio, va aggiunto il fatto che «come al solito, nel nostro Paese si pensano riforme epocali ma nessuno si pone mai il problema di come attuarle». Un esempio? Preparando il terreno per l'entrata in vigore del giudice unico il procuratore ha scoperto che la procura aveva un arretrato di 350 mila notizie di reato e un archivio che anziché contenere 300 mila fascicoli, ne stipava 1 milione e 200 mila. Per riordinarlo, D'Ambrosio ha scelto di occupare l'appartamento (vuoto) del custode del palazzo di giustizia: «Però servirebbero gli scaffali e noi non possiamo spendere una lira. E' ridicolo, ma questa è la vera giustizia...». [p. col.] Gerardo D'Ambrosio
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