Le storie semplici di 12 vite spezzate
Le storie semplici di 12 vite spezzate Le storie semplici di 12 vite spezzate ROMA Un dramma della solidarietà. Questo è stato la scomparsa dai radar dell'Atr 42 che, noleggiato dal Programma per l'Alimentazione Mondiale dell'Onu, portava a Pristina personale delle agenzie umanitarie, funzionari dei programmi di aiuti dell'Onu, medici, psichiatri, agenti di polizia che, volontariamente e certo senza pensare a un simile pericolo, avevano deciso di portare il proprio contributo alla rinascita del Kosovo. Nella sede milanese di Terres des Hommes, piangono Paola Sarra, 42 anni, neuropsichiatra infantile residente ad Ostia. «Era alla sua prima missione fuori dall'Italia - dice Donatella Vergati, amministratore delegato dell'associazione -. Aveva detto sì con entusiasmo all'idea di aiutare i bambini a superare le ferite psicologiche della guerra. Non riesco a pensare che non ci sia più». Per conto della Missione Arcobaleno, Terres des Hommes Italia aiuta a la popolazione locale a ricostruire due villaggi nelle aree di Opteruse e Zochiste, e collabora con la clinica pediatrica di Pristina per la cura dei disturbi psicologici dei bambini, duramente segnati dalla guerra. Ai bambini kosovari aveva dedicato i suoi ultimi mesi anche Laura Scotti, 35 anni, responsabile del progetto Emergenza bambini Kosovo e coordinatrice della comunicazione per l'Associazione Amici dei Bambini, che dal '90 opera nei Paesi della ex Jugoslavia. «Nell'ultimo mese è partita almeno tre volte, sempre da Ciampino a bordo di un Atr 42 del Pam - spiega Alessandro I-odolo, presidente dell'Albi -. Accompagna i giornalisti a conoscere i nostri progetti per i bambini del Kosovo». Giovanni Sircana, 45 anni, di Calangianus, era un medico ortopedico e lavorava ad Olbia, ma aderiva alla Caritas, e per questo si era già recato nel Kosovo per prestare la sua opera umanitaria. Sposato e padre di due figli, era già stato colpito negli affetti più cari: nel 1995 suo padre, l'industriale del sughero Giuseppe, era stato rapito per non fare mai più ritorno a casa. Con lui, su quell'Atr 42 del Pam, era partito il collega e amico Roberto Bazzoni, anch'egli abitante ad Olbia. C'erano poi due emiliani. Velinone Davoli, Gt) anni, di Reggio Emilia, un chimico di laboratorio che, dopo aver lavorato per molti anni in ospedale, una volta andato in pensione aveva deciso di darsi da faro nel volontariato internazionale. E Carlo Zecchi, un imprenditore di Modena partito «in missione tecnica». Nell'elenco delle vittime figura un altro italiano, del quale però non è stato comunicato né nome né sesso, ma solo il cognome: Liuzzi. Infine gli stranieri, dei quali, purtroppo, non si è ancora in grado di indicare né la nazionalità, né lo scopo che li portava in Kosovo. Si tretta di Abdulla F. (uomo), Curry A. J. (donna), di un non meglio identificato Evans, di Lay K. (uomo), Martinez Y. M. (uomo), un Martinez di cui non viene nemmeno indicata l'iniziale del nome, né il sesso, di Perez F. (uomo), di Rowan D. (uomo), Shahidul (uomo), Thabit S. (uomo), Walker, anche stavolta senza iniziale né sesso, e di Zieglcij (donna).
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