Un volo tranquillo, d'improvviso il silenzio di Vincenzo Tessandori

Un volo tranquillo, d'improvviso il silenzio Un volo tranquillo, d'improvviso il silenzio Niente Sos, ventiquattro vittime sull'aereo dell'Onu Vincenzo Tessandori PnEitma li' caduto un aereo, in una gola nel nord del Kosovo, e non era né un caccia né un bombardiere di quelli dir. in primavera, quando la guerra faceva vivere nella paura e la speranza era di abbattere Milosevic il tiranno, compivano raid a filo d'alberi, piombavano improvvisi sui villaggi e sganciavano il loro carico. E a volte, purtroppo, sbagliavano bersaglio. Stavolta e precipitato un piccolo trasporto a elica, di quelli usati dal Programma Alimentare Mondiale, un aereo di pace, dunque: venuto giù senza una ragione apparente, comi! se lo avessero abballalo e anche se pan; assurda una Rimile ipotesi, non si può scartare niente ed ó difficile respingere lo spettro dei G..222 dell'Aeronautica centrato da un missina Sarajevo, nei giqrni del grande macello. Per tutta la giornata si è frugato tra le gole e i picchi dei monti a ridosso del confini; serbo, a Nord e a Ovest di Pristina. Finché nella notte il relitto e sluto trovato a una quindicina di chilometri a NordEst di Mitrovica, nel Nord del Kosovo, nel settore sotto il controllo del contingente francese, una zona dove la tensione tra albanesi e serbi è assai alta. Non era stata impresa semplice: la zona è minala in modo massiccio perché i serbi temevano che li sarebbero passati i carriarmati della temuta invasione. C'erano 24 persone, SU quell'Air 42, dodici italiani. Sperare in qualche sopravvissuto equivale a sperare in un miracolo. Un portavoce Kfor, confermando il ritrovamento del relitto, non ha potuto dire nulla sulla sorte delle persone a bordo. Ieri l'aereo era partito da Roma con una decina di minuti di ritardo. Non c'erano stati contrattempi, tanto meno minacce. Molti sapevano che su quell'aereo, nel volo di ritorno, ci sarebbe stato Ibrahim Rugova, il vecchio intellettuale (dello presidente del Kosovo, prima dell'uragano. Ma se (.' vero che Rugova, Oggi, ha più nemici forse fra i kosovari che a Belgrado, non ha gran senso pensare a, un piano per abbattere l'aereo in anticipo. Ieri doveva essere un trasferimento di routine. Partenza alle 0,11 da Ciampino, con i 21 passeggeri e i tre membri dell'equipaggio, Sui nomi, a lungo incertezza, perché la lista di volo ò sempre elastica: c'è chi rinuncia all'ultimo momento t; chi riesce a salire quasi in corsa. Sui radar il volo ò proseguito apparentemente tranquillo: non c'erano problemi metereologici particolari, non c'era motivo per preoccuparsi. Ma alle 12,13 quid puntino luminoso è scomparso, senza lasciare tracce. «Doveva trovarsi tra i dieci e i venti chilometri a nord di Pristina», ha detto Ole Irgens, portavoce della Kfor, la forza di pace di stanza in Kosovo. liti è cominciato un giallo complicato, che ha fatto vivere attimi di speranza e lunghi momenti di disperazione. Perché nel primo pomeriggio, dall'aeroporto Rinas di Tirana è rimbalzata notizia che un Atr-42 era regolarmente atterrato, in realtà si trattava di un secondo aereo e la conferma la dava l'iìnav, l'ente nazionale per l'aviazione: «Quell'apparecchio era diretto a Pristina e non risulta arrivato a destinazione», era la secca notizia. Disperso, quindi, per non dire subito: precipitato. L'Enav forniva dettagli che parevano una conferma. «L'Atr ha lasciato lo spazio aereo italiano alle 10,30 e l'ultimo contatto è stato registrato alle 11,30 dal controllo del traffico di Skopje, a 10 miglia dal radiofaro di Pristina». Seguivano dettagli 1 tecnici: l'apparecchio era stato costruito in Francia ed era entrato in servizio nel 1989. Di proprietà della società Sea Flight di Ancona era poi stato affittato dal Pam. Era l'allarme. Dalle basi militari della Kfor sono partiti alcuni elicotteri e squadre di soccorso. Quel settore dello scacchiere kosovaro è presidiato dal contingente francese: e poiché l'apparecchio è francese, toccherà ai francesi l'inchiesta, coadiuva¬ ti da una commissione dell'Enac; anche la procura di Roma ha preannunciato un'indagine. Ma qualcosa ha allarmato, al di là della notizia della tragedia, qualcosa che già a notte fa dire al colonnello Bizzarri che non è possibile dare notizie perché le ricerche sono appena all'inizio. E alle 19,30 Bernard Kouchnt.-, capo dell'amministrazione civile dell'Onu, a Pristina, ammette che dell'apparecchio non ci sono tracce. E accanto Klaus Reinhardt, comandante della missione Nato, annuiva. Si raccolgono testimonianze e quella di un bimbo, nella zona di Vucitrn, dice che l'aereo sarebbe precipitato «dietro i monti là in fondo». E lui lo ha visto bene. E' una traccia, le squadre di soccorso si dirigono verso quello che è divenuto un punto cardinale, ma ogni chilometro, ogni metro richiedono sforzi e tempo notevoli. «E, lo ripetiamo, tutta la zona è pesantemente minata»,ripete Fred Eckhard, portavoce dell'Onu. Un mistero, questa tragedia, dunque. Pure Andrea Angeli, portavoce dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea, sottolineava.comcnonci fossero.notizie di avarie. E a dispetto di tutto, poiché la speranza è l'ultima ad andarsene, lui ripeteva di averne «ancora nin;fikwv'E'a quel filo, per assurdo che fosse, per tutto il giorno, si sono aggrappati un po' tutti. «Quest'aereo non è ancora stato trovato», diceva ieri notte Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato Onu. E che cosa fa sperare? «Non parliamo di speranze. Cer.to, lo so bene che bisogna essere realisti». Lei, su quell'Atr-42 era di casa. «Provo lo sgomento di chi ha preso quell'aereo decine di volte. Tutti noi lo abbiamo preso. Dopodiché quasi mi rifiuto di credere a quello che è successo. Fra gli altri, c'era una mia amica, Paola Biocca, portavoce del Pam, una ragazza di valore straordinario, autrice anche di un libro sul Medio Oriente. Mi aveva sostituito lei, mesi fa, ed eravamo molto legate. Non so, anche per questo penso che si debba aspettare. Non è giusto fare "coccodrilli" anzitempo». Si cerca anche nella notte fra mille rischi, sulle strade perché col buio è impossibile addentrarsi nei boschi o nei campi. Sono 240 gli uomini delle squadre di soccorso, ha riferito il generale statunitense Jack Schmitt, appoggiati da un elicottero dotato da un dispositivo a sensori termici che dovrebbe captare il calore a terra. L'area è vasta, almeno 170 chilometri quadrati. «All'alba aumenteremo il numero delle pattuglie: questo terreno è così maledettamente minato che è troppo pericoloso mandare gli uomini per i campi». E Francis Mwanza, portavoce del Pam, ha aggiunto che, per arrivare al relitto bisognerà forse sminare la zona. Un aereo della Missione Arcobaleno è partito stamani da Milano con alcuni familiari, altri parenti hanno atteso notizie nella sede romana del Pam di via Giulio Cesare Viola; altri ancora hanno trascorso a Pristina, al quaitier generale delle Nazioni Unite, la notte più lunga e più buia. Le ricerche vanno avanti fra grandi difficoltà «Tutta la zona rischia di saltare a causa delle mine» «L'aereo è atterrato» è stato detto a un certo punto Ma si trattava solo di un velivolo simile a quello sparito Dopo il disastro si è saputo che Ibrahim Rugova sarebbe stato a bordo nel viaggio di ritorno " ''-'''iiMWrtiiii Un militare italiano della forza multinazionale imbraca alcune casse di aiuti umanitari per scaricarle da un aereo cargo giunto da Pisa nell'aeroporto della capitale albanese