Corteo del dolore nella camera della morte di Pierangelo Sapegno

Corteo del dolore nella camera della morte All'obitorio dell'ospedale di Foggia: donne in nero, ragazzine piangenti, uomini che si disperano Corteo del dolore nella camera della morte Tutti i cadaveri riconosciuti da Nino «il bibitaro» Pierangelo Sapegno inviato a FOGGIA «Signori, state calmi. Io ve lo dico prima perché voi lo sappiate: ci vuole coraggio a entrare qui dentro. E' spaventoso quello che vedrete. Ma qualcuno di voi dovrà farlo. Nino li conosce tutti gli inquilini di questa casa. Se Nino non ha riconosciuto qualcuno, vuol dire che la morte ha trasformato completamente la sua faccia. Però dobbiamo dare un nome a questa gente. Vi prego, mettete coraggio. C'è una donna qui dentro e Nino non sa dire chi è. Ha i capelli rossi e avrà avuto cinquantanni. Purtroppo, non possiamo dirvi niente di più. Ha la faccia tutta nera, gonfia. PerfavoreT chi può venire a vedere?». Savino Buononato, titolare di un'agenzia di pompe funebri, Foggia. Ospedali Riuniti, Obitorio, ore, 16,45..,, i Nino il bibitaro è quel signore a capo chino che sta dietro ai carabinieri e..piange un por, .appoggiato alla porta dell'obitorio. Vendeva le bibite sotto la casa di viale Giotto: conosceva tutti gli inquilini, anche Antonio Raio, che ha un anno appena e abitava al sesto piano.Chiede: «E' vivo?» Sì: ha una coscio schiacciata. Dice che piange perché è da stamattina che vede i corpi dei suoi amici senza vita. Arrivano due Mercedes, aprono iportelloni. Buononato si tuffa nella mischia, la apre, chiama gli inservienti. Escono due bare. «Largo, largo». Una donna urla. Nino dice che il primo che ha visto gli chiedeva sempre la Coca Cl l di Cola, e lo dice mentre il maresciallo dei carabinieri spin ge tutti un po' più in là. Nino parla in un soffio: «Si chiamava Aldo Guidone. Aveva 9 anni. L'ultima Coca Cola gliel'avevo data ieri». Sfogliamo l'elenco: papà Mario, 40 anni, lavora alla Camera di Commercio. E' vivo. Nino dice: «Aldo, l'ho riconosciuto dai capelli». Poi, sulla soglia, appare di nuovo Buononato: «Nino, perfavore. Abbiamo bisogno di te. Vieni dentro». Fa due passi avanti, in mezzo alla corte del dolore che sosta sul marciapiede. Donne in nero, ragazzine li hi i gcon gli occhi rossi, uomini con la cravatta slacciata. Buononato, alto e segaligno, sventola un foglio. «Signora, 50 anni, capelli rossicci. Qualcuno aveva un parente così?» Un piccolo signore con i capelli bianchi gli parla davanti al petto alzando gli occhi: «Ha una fede?» Buononato: «Sì, la fede ce l'ha». Il signore: «Se me la fa vedere, glielo dico». L'uomo delle pompe funebri cerca una voce pietosa, mentre guarda da un'altra parte: «Ci dispiace. Non riusciamo a sfilarla perché si disquama nell'acqua». Si mette di lato, per invitarlo a entrare. La porta si apre. Il gelo della morte. Pareti bianche. I divisori con le tendine chiare. Pavimenti candidi. Croce numero tre. Un urlo: «Lasciate passare la salma». Esce la terza bara. Luisa Andremo, 31 anni. Morta per soffocamento e schiacciamento della cassa toracica, come recita la cartella medica. E' la seconda vittima riconosciuta da Nino. Era tutta nera, anche lei.. Sepolta dalle macerie al quarto piano. Ora sfila sulle spalle di quattro uomini con le divise grige, mentre un altro arriva portando due vestiti nuovi chiusi in buste di cellophane: «Lombardi! Famiglia Lombardi!» Sono gli abiti che metteranno a Nerina e Michele Lombardi, mamma e papà di Laura, che ha 3 anni ed è la prima bambina estratta viva dalle macerie. C'erano ancora le luci fioche dell'alba, e il dottor De Rosa è passato davanti alle telecamere con quel fagotto in braccio, i capelli biondi e ricci che spuntavano da una coperta, come un segno di speranza. Allora, credevano ancora di salvarne tanti. Adesso, ormai, sappiamo che saranno pochi. Suo padre e sua madre sono la croce numero 4 e numero 5, di questa casa del dolore. Nino il bibitaro ha raccontato che Michele faceva il pizza4ek>-.e.aveva aperto un locale che si chiama La Fasina, il nome di un recipiente in terracotta. Lui e Nerina avevano acquistato questa casa due anni fa, .con i risparmi che. avevano e aprendo un mutuo, come fanno gli spòsi giovani. Nerina aveXà.3jkinn] ej^ifljg]^ 37. Ninn^dice che «gli appartamenti lì dovevano costare tre milioni al metro quadro». Pasqualina, la sorella di Michele, ha detto ch'era grande novanta metri quadri quella casa. Hanno pagato 270 milioni per morire. Pasqualina adesso è qui fuori, con mamma Antonietta e papà Paolo, piegati dal dolore. Non hanno nemmeno più gli occhi per piangere. Però, Laura ha 3 anni ed è uscita viva. L'hanno presa fra i calcinacci e le voci che venivano dalla polvere, dai mattoni spezzati, dalle travi rotte, da questo cumulo di rovine, l'hanno presa mentre si sentiva un'altra mamma che piangeva: «cercate mio figlio, è nella cameretta». E il vigile del fuoco Benito De Giglis che le rispondeva: «Stia tranquilla. E' salvo». Non era vero. De Giglis sbirciava da un pertugio: c'era un letto con tre morti sopra, i corpi schiacciati dai pezzi di soffitto. I volti orrendi, gli occhi immobili: sembravano scoppiati. Anche loro avranno pagato il giusto per far quella fine. Invece, fra i calcinacci, c'era Laura viva. L'hanno presa e l'hanno messa nelle braccia di zia Pasqualina: «Mi ha detto solo: ho male alla fronte. Non mi ha stretto, era come se fosse inebetita. Non ti preoccupare, le ho detto. Ora sta bene. E' in piedi sul lettino che vuole giocare». Nino il bibitaro ascolta e tira un sospiro di sollievo, prima che lo richiamino di nuovo dentro nel luogo dell'orrore. Sulla soglia c'è un signore che chiede se c'è un Zezza lì dentro. Fassa Nino e lo saluta, ciao. Buononato: «Lei elli è?» Sono un parente, gli risponde quello. «E chi cerca?» «Cerco Zezza Luigi». Allora, Buononato urla Nino!, poi torna fuori e gli dice solo: «Dovete portare i vestiti». Nino ha riconosciuto Zezza Luigi. E questa forse è una buona notizia, perché in questa casupola dell'orrore, è peggio quando non riescono a dare un nome ai cadaveri e adesso sono già sette, si lamenta Buononato: «Guardate che è spaventoso dentro. E' per questo che vi teniamo fuori. Ma dovete aiutarci, perché siamo tutti cristiani e i cristiani devono avere un nume per andare in Paradiso». Così quando arrivano i cugini di Caldarula Antonio, macchinista delle ferrovie, con moglie e due ragazzi, alloggio al quarto piano, cento metri quadri e forse 300 milioni per morire, il maresciallo dei carabinieri dice: «Abbiamo due,jdonne e non sappiamo chi sono. Nessuno è riuscito a riconoscerle. Ci volete aiuta¬ re?». Loro dicono: «Noi conoscevamo un po' di gente nel palazzo». Non basta, dice Buononato: «Nino li conosce tutti e non c'è riuscito. Però, se c'è una vostra parente, forse vi può aiutare un anello, un pigiama...». Quelli mettono le mascherine e entrano. Luci livide sulle pareti e sui divisori. L'odore della morte. Una chiazza di sangue grande come una palla vicino all'ingresso. L'ultima volta che è uscito, Nino era stravolto di dolore. Puzzava anche lui. C'era una barella completamente ricoperta di polvere grigia. Allora ha detto: «L'unico che non conoscevo è Antonio, il bambino di un anno. Avrei potuto identificarlo solo perché era il più piccolo di tutta la casa. Meno male che è vivo». 11 papà di Antonio si chiama Davide, ha 31 anni, e lavora alla Scuola di Polizia. Forse pagava l'affitto per rischiare la vita in quella casa di cartapesta. Buononato sta chiedendo aiuto: «Una ragazza con i capelli a caschetto, Era bionda. La botta le ha spostato la mandibola». Silenzio. «Chi viene ad aiutarci?» Silenzio. «Signori, ci vuole coraggio. Forza». In due li sotto: «Può avere 22 anni?» Buononato si sposta subito: «Può, può. Entrate». Nino il bibitaro dice che non ce la fa più. Avrebbe voglia di sentire una cosa bella. Chiede: «Ma come s'è salvato Antonio?» Gli raccontano che è stato un miracolo. Perché in questo giorno di orrore, è successo un miracolo. E' stata sua zia Nicla, che è corsa lì e ha rovistato fra le macerie tino a che non l'ha tirato fuori. «Quando sono arrivata davanti alla casa non credevo ai miei occhi. C'erano sei piani ridotti a una piccola collina di mattoni. Ho cominciato a piangere il mio nipotino. Ma oggi ho imparato che ci sono delle volte che la nostra vita è come quella di un angelo. Sono corsa nella notte, sono arrivata li con il batticuore, e piangevo, e in mezzo a quella collina di rovine ho visto spuntare un braccio. Mi sono arrampicata sulle macerie, ho chiesto aiuto e ho cominciato a scavare con le mie mani: mi sono bruciata lo unghie, mi sono spellata le dita. Non so per quanto ho scavato. Però non sentivo mai piangere. Antonio è uri bambino che piange sempre: mi sono detta, diomio e morto. Allora, ho pianto io e scavavo a mani nude piangendo. Buttavamo via polvere e mattoni. Alla (ine quando ha visto un po' di luce, Antonio è scoppiato in lacrime. Piangevo anch'io di gioia. Se questa è una strage colposa, forse non è un caso che s'è salvata cosi la vita più piccola. Un giorno lo racconterà ai suoi nipoti perche nessuno possa dimenticare» Nicla Gringoli, 24 anni, studentessa, Foggia. La donna che salvò l'ultimo inquilino di viale Giotto, il più piccolo di tutti. I 1 • I m&.ÌÌ.ÙMÈÈi il I MOMENTI DI UNA TRAGEDIA SOCCORRITORI INSTANCABILI. Un vigile con il suo cane sopra alle macerie alla ricerca di un segnale per localizzare i dispersi: «Dobbiamo fare presto per ogni minuto che si perde, una vita se ne va». Da Roma sono partite attrezzature speciali, fra queste un escavatore capace di individuare corpi e eventuali fughe di gas TRAVOLTI DALLE MACERIE. Dopo qualche ora dal disastro la Questura ha provveduto a raccogliere tutti gli effetti personali recuperabili, e ha disposto servizi di controllo per scongiurare episodi, peraltro esclusi, di sciacallaggio. IL PICCOLO SALVATO DALLA ZIA II piccolo Antonio Raio di un anno in braccio alla nonna: il bambino è stato salvato dalla zia che ha scavato con le mani fra i detriti: «Ho visto un braccìno, e allora ho scavato finché non l'ho tirato fuori» IL CORDOGLIO. D'Alema e la Jervolino sono subito andati a Foggia: molte le manifestazioni di cordoglio per le famiglie colpite dal disastro, fra questi quello del Presidente della Repubblica Ciampi e quello dal Papa. Il Consiglio dei ministri decreterà oggi lo Stato d'emergenza «Il ©rimo che ho visto aveva nove anni gliela avevo data l'altra mattina» Mi chiedeva sempre la Coca Cola. L'ultima «Ci vuole coraggio ad entrare qui Se Nino non ha riconosciuto qualcuno è perché era sfigurato» LE FASI DEL DISASTRO 1 08S 3. UN INQUILINO DEL PRIMO PIANO SENTE " STRANI SCRICCHIOLII, SI ACCORGE CHE ALCUNI MURI SI STANNO DEFORMANDO E CHE IL PAVIMENTO SPROFONDA e OBI 3,05. LO STESSO INQUILINO METTE IN SALVO LA FAMIGLIA E CORRE AD AVVISARE L'AMMINISTRATORE, CHE ABITA IN UN PALAZZO DI FRONTE OH 3,10. L'AMMINISTRATORE TELEFONA Al VIGILI DEL FUOCO PER CHIEDERE UNA VERIFICA DI STABILITA', POI SUONA A TUTTI t CITOFONI PER DARE L'ALLARME e OSE 3,13. IL PALAZZO CROLLA. AMMINISTRATORE E INQUILINO RIESCONO A SALVARSI ORE 3,20. ARRIVA LA SQUADRA DEI VIGILI DEL FUOCO. GLI INTERVENTI DI SOCCORSO SONO IMMEDIATI. SI FA L'IPOTESI 01 UN DIFETTO STRUTTURALE DELLE FONDAMENTE: L'EDIFICIO SAREBBE STATO COSTRUITO SU UN TERRENO SABBIOSO CHE AVREBBE CEDUTO IN SEGUITO A INFILTRAZIONI D'ACQUA

Luoghi citati: Foggia, Roma