«Cara zia, sono cieco, mi hanno amputato le gambe ma non mi lamento. Tuo, John Fante» di Masolino D'amico

«Cara zia, sono cieco, mi hanno amputato le gambe ma non mi lamento. Tuo, John Fante» «Cara zia, sono cieco, mi hanno amputato le gambe ma non mi lamento. Tuo, John Fante» Masolino d'Amico «Ci ARA zia Dorothy... Sono stato molto spiacente di leggere dei tuoi problemi agli occhi, ma voglio subito dirti che anch'io sono cieco ora, dopo i disastri del diabete e il glaucoma. Ho anche perso l'uso delle gambe a seguito di una doppia amputazione, così non posso vedere né camminare e passo tutto il mio tempo sulla sedia a rotelle o a letto. Non che mi lamenti. Al contrario, piagnucolo, sono arrabbiato e umiliato dalla presente condizione in cui vivo, ma ho qualcuna delle consolazioni dei viventi. Ho la mia cara moglie Joyce a cui sto dettando, e i miei quattro figli - mio figlio Nick, 39; Daniel, 37; Victoria, 31; e Jimmy, 30. Ho una quantità di nipoti che mi vengono spesso a trovare... E non posso dimenticare Willy e Ginger, i miei cani. Hanno un sacco di pulci, ma mi venerano. Li accetto, con le pulci e tutto». E' l'ultima lettera di John Fante, che si sarebbe spento tre anni dopo, nel 1983: per quanto invalido non aveva perso niente della sua vivacità. A quest'epoca era quasi dimenticato come scrittore, e ovviamente non lavorava più neanche per Hollywood,' alla quale doveva peraltro il benessere. Nei lontani Anni Trenta, quando aveva cominciato a cedere al richiamo degli studios, si era spesso rammaricato del tempo sottratto alla sua vena più autentica: per un aspirante romanziere era di prammatica, allora, atteggiarsi a vittima dei produttori cinici e incomprensivi, e in futuro i critici avrebbero deplorato il talento così sperperato dai vari Faulkner e Scott Fitzgerald. Nella maturità tuttavia John Fante diventò fiero della sua abilità di sceneggiatore, culminata in una nomination per l'Oscar (con Full ofLife), e guardandosi indietro sfatò qualche leggenda, per esempio sul surricordato Faulkner. Nel '43, precisò, il suo stipendio alla Warner era di 450 dollari alla settimana, e quello di Faulkner, solo di 250: e la ragione era che, mentre Fante era un affidabile professionista, Faulkner era sempre ubriaco, i produttori non lo stimavano, e il suo materiale era quasi inutilizzabile, pagine e pagine di prosa nella quale solo l'amico Howard Hawks aveva la pazienza di cercare qualche battuta buona. L'epistolario di John Fante conferma cose che sapevamo, in primis che l'energico, ottimista figlio di un muratore abruzzese brillava soprattutto nelle descrizioni della sua pittoresca famiglia, vista attraverso un umorismo americano ma temperato da una affettuo¬ sità latina che non ne tace, anzi che ne dilata e rende omerici i lati negativi. Quando cerca altri argomenti, pti' esempio appassionandosi alle traversie dei filippini in California, Fante gira a vuolo e non riesce a concludere. Dai primi anni sopravvivi, no quasi solo lettere alla madre, con resoconti di come il giovane tenta di sbarcare il lunario mentre scrive i suoi racconti e tenta di venderli. Più interessanti gli scambi con l'amico e mentore letterario Carey McWilliam, cui vengono esposti i principali progetti. Negli Anni Quaranta Fante si sposa e, usciti i suoi romanzi migliori, ne sfrutta il successo con lucrosi contratti cinematografici; ma si dedica al golf e al poker, con conseguenze quasi rovinose. Il suo entusiasmo gli fa perdonare l'incoscienza, e trova sempre il modo di rimettersi in piedi, di divertirsi e di divertire, come quando racconta ai cari rimasti a casa Napoli e Roma, dove approda per lavorare a dei film che non si faranno mai. JiiIiii Faille 4 John Fante Lettere (1932-1981) Trad. di Alessandra Osti Fazi Editore 490 pagine 3S.000lire

Luoghi citati: California, Napoli, Roma