Galloni: una finzione la seduta spiritica su Moro
Galloni: una finzione la seduta spiritica su Moro Torna la pista dei servizi segreti. Flamigni (ex Pei): oltre alle Br dietro al delitto ci sono spezzoni dello Stato Galloni: una finzione la seduta spiritica su Moro Frugala (An) lancia il sospetto: l'informatore era l'avvocato dell'ex premier? ROMA Era tutta una finta, la famosa seduta spiritica a cui parteciparono Romano Prodi e altri economisti bolognesi, in cui uscì fuori il nome di «Gradoli» per cercare la prigione di Aldo Moro? Ne è convinto Giovanni Galloni, allora vicesegretario della De, e lo dice brutalmente. Ma allora chi era la fonte della soffiata? L'inedita convergenza tra due politici assai lontani - Enzo Fragalà di An e Sergio Flamigni dell'ex Pei, che comunque non cessano di litigare - porta a una pista mai emersa prima: sospettano entrambi di un avvocato, Mario Palandri, il cui studio legale ha difeso più volte Romano Prodi, e che risulta essere stato fiduciario dei servizi segreti in questioni immobiliari. Il nome di Palandri torna infatti negli organi statutari di due società, la Fidrev srl e la Gradoli spa, società di copertura del Sisdc nonché proprietarie di vari appartamenti in via Gradoli. La storia della seduta spiritica, insomma, ciclicamente torna. In un'intervista al settimanale «Famiglia Cristiana», Giovanni Galloni, che durante il periodo del sequestro di Moro era braccio destro di Zaccagnini, ne parla in maniera inaspettatamente franca: «Ricordo bene - dice Galloni - ricordo Prodi salire verso l'ufficio di Zaccagnini per riferire questa storia. E' chiaro che fu adoperato l'artificio della seduta spiritica per coprire la fonte della soffiata, che in quel caso doveva rivelarsi giusta». Galloni approfitta per minimizzare le recenti rivelazioni sul Kgb o i servizi segreti cecoslovacchi, e per tornare a una sua vecchia tesi, che Moro stesso gli avrebbe confidato quindici giorni prima di essere seque¬ strato: «Mi disse di aver avuto la precisa sensazione che la Cia e il Mossad avessero informazioni e elementi, ma che non ce li volessero fornire di proposito». Le parole sulla seduta spiritica, comunque, danno la carica a chi, i cosiddetti «parlamentari pistaroli», di destra come di sinistra, sono appassionati da anni a questa vicenda. Sergio Flamigni, ex deputato Pei che sta dedicando la sua vita, a svelare i misteri irrisolti del caso Moro, ha scritto un nuovo libro: «Il covo di Stato». Sostiene che la base brigatista di via Gradoli era «un covo di Stato», vista l'affollata presenza di Sisde e Sismi in appartamenti di quella strada. Ma Flamigni afferma anche che la morte dello statista democristiano è stato un «doppio delitto: doppio nel senso che è stato deciso dalle Brigate Rosse, ma anche da spezzoni dello Stato». E fa un'ennesima rivelazione: l'Ufficio Affari Riservati, e poi l'Ucigos, aveva un infiltrato, nome in codice «cardinale», nell'area eversiva di sinistra a Roma. Fu il «cardinale», appena tredici giorni dopo il sequestro di Moro, a segnalare un certo Spadaccini come vicino alle Brigate rosse. La polizia scoprì rapidamente che si accompagnava al tipografo Triaca. Ma fu solo dopo la morte di Moro che Triaca fu arrestato e si scoprì che era in collegamento con le Br e con Mario Moretti in persona. Flamigni, intanto, rovistando tra la documentazione sulle società di copertura e le proprietà immobiliari del Sisde, emersa soltanto oggi, tira fuori il nome di Palandri. Ci salta sopra Fragalà, presente tra il pubblico alla presentazione del libro: «Quell'avvocato Palandri che lei scrive essere tra i fiduciari del Sisde, attraver- so le società di copertura, è lo stesso avvocato che ha difeso in più occasioni Romano Prodi?». Risposta di Flamigni: «E' lui. Mi risulta che il suo studio legale abbia difeso Romano Prodi quand'era presidente dell'Iri». La ricostruzione dell'ex deputato comunista, però, divide la destra italiana. Il mensile «Area» plaude: «E' una asettica e puntuale ricostruzione di fatti lontana da logiche di bottega e da interessi di parte». 1 parlamentari di Alleanza nazionale Fragalà e Mantica criticano: «E' un patetico tentativo di tornare alla logora teoria dei servizi italiani e americani colpevoli di non essere intervenuti. Una ricostruzione all'insegna della pura dietrologia che tenta, senza riuscirci, di dichiarare inattendibile il dossier Mitrokhin». ifra.gri.l II covo delle Brigate rosse in via Gradoli dove venne tenuto prigioniero il presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro
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