«Abbiamo l'uomo giusto, ma non tocca a noi» di Maurizio Molinari
«Abbiamo l'uomo giusto, ma non tocca a noi» ILVICEPRESIDENTE DELIA BEI «Abbiamo l'uomo giusto, ma non tocca a noi» Ponzellini: l'Italia ha già troppe poltrone internazionali intervista Maurizio Molinari ROMA ARIO Draghi sarebbe il candidato ideale a succedere a Michel Camdessus alla guida del Fmi, ma è la Germania, e non l'Italia, ad essere la favorita in questo momento». Questa l'opinione di Massimo Ponzellini, vicepresidente della Banca europea degli investimenti, che però aggiunge: «Se vi sarà un'impasse nella nomina potremmo entrare il lizza». Perché considera Mario Draghi il candidato migliore? «Se a guidare il Fmi deve essere un tecnico il direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, è di gran lunga la persona più indicata. Non rivelo un segreto se dico che nei consigli economici e finanziari dell'Unione Europea la sua parola è la più ascoltata. Ma a Draghi manca qualcosa». Quale è il suo punto debole? «Non ha un curriculum politico alle spalle. Non è mai stato ministro. Non ha mai avuto affiliazioni ad alcun partito». A differenza de! ministro degli Esteri, Lamberto Dini... «Dini sicuramente avrebbe sia il profilo tecnico che il profilo politico. Il problema è la questione interna in Italia, gli equilibri nel governo. Ma se l'Italia decidesse di candidarlo avrebbe moltissime possibilità, se non tutte, di farcela. Quale è oggi il Paese disposto a rinunciare ad un ministro degli Esteri che ò anche capo di una formazione politica che sostiene la maggioranza? Chi potrebbe opporre il veto contro di lui?». Candidati a parte, l'Italia come paese ha o meno le carte in regola per ottenere la guida del Fmi? «No, l'Italia ha difficoltà ad ottenere quel posto». Per quale ragione? «Perché nella divisione delle responsabilità negli accordi di Bretton Woods la Banca Mondiale spetta agli Stati Uniti e il Fondo Monetario spetta all'Europa. Negli ultimi tre anni si è fatta giustamente spazio l'idea che l'Europa deve essere in grado di esprimere un unico candidato. Ma se questo è il criterio l'Italia ha già Romano Prodi alla presidenza della Commissione Europea, Mario Monti con il portafoglio più importante della Commissione che è la concorrenza ed io stesso alla vicepresidenza della Banca Europea degli Investimenti. Una quarta nomina di questo livello sarebbe veramente difficile da ottenere». Considera dunque l'Italia del tutto fuori gioco nella partita in corso? «Non proprio. A mio avviso potremmo tornare in gioco, essere favoriti solamente in caso di un pareggio nello scontro frontale che si può già intravedere tra inglesi e tedeschi. Al momento è la Germania ad essere favorita: è il terzo azionista del Fmi dopo Stati Uniti e Giappone ed il suo candidato, Caio Koch Weser, ha le carte in regola, è stalo per 18 anni un tecnico di punta della Banca Mondiale ed ha anche un curriculum politico essendo uno dei sottosegretari alle Finanze del suo governo. Alle spalle dei tedeschi però c'ò Londra, ò il quarto azionista del Fmi e schiera candidati altrettanto validi come Nigel Wicks, Segretario ai Tesoro, e, ancor più, Andrew Crockett, attualmente capo della Bri di Basilea, la banca delle banche centrali europee. Se tedeschi e inglesi si annullassero a vicenda rientreremmo in gioco. Quante possibilità pensa che l'Italia abbia in questo momento? «Al momento non abbiamo quindi più del 25 per cento di possibilità di ottenere la carica lasciata da Michel Camdessus. Attenzione però: l'Italia muovendosi bene prima della nomina, attesa per metà dicembre, potrebbe incassare rispetto e credibilità anche non piazzando un suo uomo alla guida del Fini. Dipenderà dalle mosse che faranno Amato, Fazio e Draghi». Massimo Ponzellini
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