Luca, figlio di un trapianto nell'utero

Luca, figlio di un trapianto nell'utero E' la prima volta al mondo che questa tecnica viene utilizzata su di un feto Luca, figlio di un trapianto nell'utero Bimbo tedesco salvato a Brescia da una grave malattia Brunella Giovara t/'l Ad'. Una bambina in fin di vita, e i modici che sentenziano: sindrome di Omenn, gravissima immunodeficienza ereditaria, nessuna cura possibile se non un trapianto di cellule. Da un punto di vista tecnico il trapianto riesce, la bambina però muore 10 stesso, di polmonite. Un anno dopo, quella coppia tedesca decido di avere un altro figlio. Ma le analisi prenatali cancellano ogni speranza: anclie il secondo figlio nascerà malato e morirà in tre, quattro mesi. E' cominciata cosi la storia di Luca, che è nato sano duo mesi e mezzo fa alla Clinica Pediatrica dell'università di Brescia, diretta da Alberto Ugazio, grazie ad un trapianto in utero di cellule staminali della madre, il primo al mondo effettuato su un feto. Per capovolgere il destino di laica c'è voluta la tenacia dei suoi genitori, la bravura dei medici che hanno operato, e il finanziamento di Telethon, che da anni raccoglie miliardi perla ricerca su tutte le malattie genetiche ereditarie. l'ino a Luca, la sindrome di Omenn era una malattia che non lasciava scampo. «Da una parte il sistema immunitario è compromesso, e i piccoli sono esposti ad ogni tipo di infezione, virus, batteri, funghi; dall'altra si assiste ad una reazione di tipo autoimmune che aumenta la mortalità. Nel fegato, nella milza e nei linfonodi si accumulano i linfociti che non proteggono dalle infezioni, ma aggrediscono l'organismo», lui spiegato 11 professor Ugazio. I bambini malati hanno l'aspetto di un grande ustionato: pelle arrossata, gravi perdite di liquidi, veloce deperimento. La prima figlia della coppia tedesca era ridotta cosi. E' morta senza che nessuno potesse farci niente. Un anno fa il gruppo di ricerca diretto da Paolo Vezzoni del Onr di Milano scopre il gene responsabile (lidia sindrome. La coppia tedesca viene a saperlo attraverso la televisione, un servizio dedicato ai medici italiani che studiano proprio la sindrome di Omenn. Si mettono in contatto con Brescia, dicono «aspettiamo un altro bambino, sappiamo che sarà malato, aiutateci voi». Gli italiani spediscono ai colleghi del Centro di Genetica di ulm il protocollo e le sonde Dna per l'analisi delle cellule del fèto. I risultati confermano che la sindrome c'è, e ci si ritrova davanti al dilemma: aspettare la nascita, oppure tentare l'intervento in utero. Si decide di operare subito. Dalla Germania arrivano padre e madre (quinto mese di gravidanza), e una parte delle cellule staminali che le erano state prelevate in passato per tentare di salvare la prima figlia. Questa volta però i! trapianto sarà effettuato prima della nascita. Dopo, serve a poco, come la morte della bambina ha dimostrato. Due iniezioni a distanza di dieci giorni: un ago utilizzato per l'amniocentesi, che attraverso la parete addominale della madre raggiunge la cavità peritoneale del feto (che pesa mezzo chilo). L'intervento vie¬ ne eseguito dal dottor Fulvio Porta in collaborazione con il professore Luigi Daniele Notarangelo. Poi si aspetta. Il 26 agosto scorso nasce Luca, con un taglio cesareo che garantisce di evitare infezioni. «L'analisi del cordone ombelicale ci ha subito confortato: abbiamo subito individuato le cellule della madre, segno che avevano attecchito», racconta Ugazio. Il bambino sta due mesi a Brescia, fino a quando c'è la conferma che già il 90% dei suoi linfociti deriva dalle cellule trapiantate. E' la dimostrazione che le cellule materne possono prendere il sopravvento su quelle malate. Luca è stato dimesso qualche giorno fa, i suoi genitori se lo sono riportati subito in Germania. Sono felici, il bambino è guarito e questo basta, la prima non ce l'ha fatta ma questo s), mangia, ride, è sano. A Brescia sono semplicemente soddisfatti, e non solo per la riuscita dell'intervento: «Perché il successo di questa operazione è un esempio di come anche l'Italia possa diventare meta per pazienti di altri Paesi che cercano centri e terapie d'avanguardia. Per una volta, i "viaggi della speranza" invertono la rotta».

Persone citate: Alberto Ugazio, Brunella Giovara, Fulvio Porta, Luigi Daniele Notarangelo, Paolo Vezzoni, Ugazio

Luoghi citati: Brescia, Germania, Italia, Milano