Regge l'intesa sulla parità di Raffaello Masci
Regge l'intesa sulla parità Liberal presenta un manifesto che piace alla destra. Primi via libera in Commissione Regge l'intesa sulla parità Berlinguer: è l'unico accordo possibile Raffaello Masci ROMA La parità scolastica la vuole sia la maggioranza che l'ha inserita nel programma di governo, sia l'opposizione che ne ha fatto la propria bandiera, ma i due modi di intenderla sono talmente distanti da apparire inconciliabili, per cui, quale che sia la legge voluta dalla maggioranza, l'opposizione considererà la questione del tutto irrisolta. Insomma siamo ancora e sempre all'impasse tra laico-socialisti e liberisti, a cui si aggiunge l'aggravante dell'attrito tra le due anime del cattolicesimo, quella che si riconosce nel Ppi e quella che guarda al Polo. Ieri la commissione Cultura della Camera ha ripreso l'esame del ddl del governo in materia di parità, il settimanale «Liberal» ha tenuto un convegno sul tema e il ministro della pubblica Istruzione Berlinguer ha rilasciato una intervista. Questi tre elementi incrociati hanno riportato il dibattito sulla scuola al massimo dell'incandescenza. Il manifesto presentato da «Liberal» punta sostanzialmente alla totale e piena parità tra i due sistemi scolastici e alla piena libertà di scelta da parte del cittadino attraverso il «buono scuola». La tesi del settimanale di Adornato è pienamente condivisa dalle opposizioni, specie da Forza Italia che se ne è fatta vessillifera, e dal Presidente della Lombardia Formigoni che su questa linea intende muovere la politica scolastica della sua Regione, a costo di scontrarsi con l'autorità dello Stato centrale. Per il partito della «scuola libera» sono Valentina Aprea responsabile scuola di Forza Italia e la sua «omologa» di An Angela Napoli, che accusano la maggioranza di aver blindato il ddl per impedire qualunque apporto da parte delle opposizioni. Al medesimo schieramento aderisce anche il leader del Cdu Buttiglione che all'inizio aveva appoggiato il progetto del governo mentre ora lo giudica seccamente: «è un bel lesto ma è castrato». Tutto l'esercito di Liberal e della «parità totale» vede, ovviamente, nel ministro Berlinguer il Belzebù del compromesso: colui che vuole portare a casa la parità che la De non è riuscita ad ottenere in cinquant'anni di governo ma che, al tempo stesso, farebbe una riforma gattopardesca che lascia immutato il divario tra i due sistemi di istmzione.L'«imputato» ministro ha però invitato il coro liberista a stare con i piedi per terra e a «non tirare eccessivamente la corda» ricordando soprattutto tre cose: che quella proposta dalla maggioranza è l'unica parità possibile a costituzione invariata («altrimenti il Parlamento abbia il coraggio di cambiare l'articolo 33» ha sollecitato), che ima legge apertamente liberista si esporrebbe al duplice rischio sia di ima censura della Corte costituzionale, sia ad una bocciatura referendaria (dal momento che c'è anche uno schieramento laicista fieramente avverso ad ogni ipotesi di parità e disposto a ricorrere a referendum, ha ricordato il ministro). A sostegno dei timori del ministro, l'agenzia AdnKranos ha effettuato un sondaggio attraverso Internet, interpellando mille cittadini sulla controversa materia: il 67% del campione è contrario, sia pur con motivazioni diverse, ad ogni ipotesi di parità, mentre per il «sì» incondizionato è solo il 31%.A complicare ancora di più il quadro già malfermo, è la diatriba interna ai cattolici impegnati nella vita pubblica che sono ben lontani da ogni ipotesi di alleanza (pur proposta dal Ccd): Guido Folloni, cossighiano e ministro per i Rapporti con il Parlamento, dice che il ddl governativo «ha dei limiti» ma comporta comunque dei risultati dopo 50 anni di dispute sterili, quindi va sostenuto, e anche la diniana Fumagalli-Carulli è su posizioni analoghe. Ma altri cattolici come La Loggia (Fi) e Pollini (Ccd) sono meno diplomatici e non esitano a daredel «venduto» al Ppi che accettando questa parità tradirebbe una antica istanza dei cattolici italiani. Il ministro Luigi Berlinguer
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