La malattia dell'Est: paura della libertà
La malattia dell'Est: paura della libertà La malattia dell'Est: paura della libertà Solo i giovani sanno accettare la sfida del mercato reportage Cario Bastanti inviato a BERLINO CMTÈ solo un piccolo monu• mento a forma di muro nella piazza di Lipsia da cui ogni lunedì sera nell'autunno '89 prendevano il via le manifestazioni di protesta. Vi è scolpita una frase di Bertolt Brecht: «Deve essere un altro uomo? Deve essere un altro mondo? Forse solo altri Dei. O forse nessuno». L'entusiasmo della riunificazione che dieci anni fa, come ricorda il Cancelliere Schroeder, «fece abbracciare tra le lacrime perfetti sconosciuti», è stato presto sostituito da un vuoto esistenziale. Vicino al monumento di Lipsia c'è l'Auerbachs Keller dove Faust incontrò il diavolo ricevendo il contratto fatale: «Così che tu possa vedere come si può vivere facilmente (...) con poco spirito e molto piacere». Dieci anni dopo il «popolo delle formiche», come lo chiamò Christa Wolf, non ha nè spirito nè piacere. I tassi di natalità e di suicidio sono rientrati nella normalità dopo lo shock della riunificazione, ma le grandi aspettative sulla capacità dei berlinesi e dei sassoni di tornare al vertice del benessere e della cultura mondiale si sono svuotate. In queste terre d'oriente si è seppellito il comunismo e oggi pare indebolito anche l'ottimismo del capitalismo tedesco. L'ambizione da laboratorio di trapiantare un modello sociale di successo senza caricarne di responsabilità gli individui. In nessun'altra regione del mondo, in questi dieci anni silenziosi, sete di libertà e fame di sicurezza si sono tanto annullate reciprocamente. Lo storico Arnulf Baring punta il dito su Berlino: «Quale imbarazzo il paragone con la Polonia». Privi di aiuti, privi di un trampolino occidentale, i vicini orientali si sono rialzali da sè, Praga e Varsavia sui ) diventate autosufficienti, gli individui hanno accettato la sfida dell'economia ripartendo da zero. La Germania orientale, da tutti nel '90 considerata la più favorita delle regioni del post-comunismo, si è invece seduta. Da anni l'economia cresce meno di quella occidentale. Mentre in Polonia si sviluppa per la prima volta una borghesia benestante, nelle regioni attorno a Berlino la disoccupazione ufficiale sfiora il 20%, ma quella reale è vicina al 27%. La straordinaria quantità di aiuti giunti da Bonn, oltre un milione di miliardi di marchi, ha sostituito l'iniziativa individuale. Ma come gli entusiasmi del '90, anche le delusioni del 2000 non sono del tutto giustificate. L'unificazione tedesca si fondò su un Trattato che trasferiva a Est l'intero corpo di leggi dell'Ovest. La minaccia di migrazioni di milioni di orientali e le promesse di Bonn imposero scelte sociali che, anziché integrare, misero ai margini l'economia orientale. La parità del cambio tra il marco Est e il Deutsche Mark fu inevitabile, ma letale, i sindacati imposero l'uguaglianza salariale entro cinque anni e ciò mise al riparo le imprese occidentali dalla concorrenza dell'Est, distruggendo le prospettive di sviluppo nei Nuovi Laender. «Nel '91 ricerca economica di Berlino il costo del lavoro per unità di prodotto a Est era già superiore del 50% a quello dell'Ovest». Tuttora la produttività degli orientali è di un quarto inferiore a quella occidentale. Per sostenere i redditi orientali, Bonn dovette trasferire una mole inaudita di sussidi che finirono nei settori protet¬ ti dalla concorrenza, servizi, strade e costruzioni, senza rilanciare le imprese. Il crollo inevitabile del mercato immobiliare nel '95-'96 diede il colpo di grazia alla ripresa. La speranza di riattivare l'iniziativa individuale si dimostrò fallimentare. 1 cittadini dell'Est hanno conservato le aspettative economiche di aiuto dallo Stato, ma all'identità «collettiva» in economia si è accoppiato un forte individualismo politico e sociale. Oggi l'Est produce solo il 10% del pil tedesco, ma rappresenta il 20('n dell'elettorato. Le sue scelte politiche, più mutevoli di quelle occidentali, sono state la chiavi; di tutte le ultime elezioni federali e tengono in ostaggio i governi tedeschi impedendo passi indietro sulla strada dell'assistenzialismo. La speranza di produrre sicurezza politica attraverso la libertà economica si è rivoltala su se stessa. I sondaggi mostrano che 1*86% degli orientali approva la proprietà privata, ma altrettanti protendono la garanzia statale. Non c'è rcbcllismo anti-sistema, ma solo una cappa di delusione solitaria, un'inclinazione al lamentìi del suddito che a Ovest risulta intollerabile. Anche i dati di ieri sull'occupazione confermano lo stallo orientale: a Ovest la disoccupazione cala da due anni,, a Est da un anno è tornata a salire. La ripresa tedesca del 2000 passera dall'export e quindi solo dallo impreso occidentali. II vuoto di speranza viene cristallizzalo a Ovest in un problema di mentalità. 1 tempi dol recupero si sono così dilatati fino ad attenderò il passaggio di una generazione. «11 problema dei 50enni • spiega Horst Teltchik, ox consigliore di Kohl - è irrisolvibile: hanno perso il vecchio lavoro e non sono adatti a quelli nuovi». Sono loro, insieme agli ex funzionari di partito, a votare per la Pds neocomunista. Al contrario, «le imprese spiegano alle università della Sassonia e della Turingia - si strappano i nostri giovani laureati». Le nuove generazioni hanno potuto beneficiare dei nuovi standard occidentali e stanno già dando vita a imprese ad alta tecnologia tra Dresda od Erfurt. Anche a Boriino sta per esploderò la tecnologia | dell'informazione che fa della Germania la nuova frontiera del fenomeno economico che ha arricchito gli Stati Uniti negli anni Novanta. Saranno così i giovani orientali a coglierò i frutti del modello tedesco, dei massicci investimenti in infrastrutture, del rifacimento delle scuoio, uscendo dal limbo di provincia e delusione che spinge ancora i più emarginati a rivalersi in ideologie naziste. Non saranno «i nuovi uomini, in un nuovo mondo» che invocava Brecht, diffidano dolio associazioni collettive, dei sindacati e dei partiti, ma fondano nuovo attività e he accettano i rischi. Vivono già in un mondo dove a ogni individuo è concesso accettare l'idea di successo e di fallimento, vocaboli che nella Germania prima del Muro avevano solo un significato bellico. La Germania Orientale considerata negli Anni 90 la più favorita tra le regioni del post-comunismo si è seduta nonostante gli imponenti aiuti inviati da Bonn E' particolarmente bruciante il paragone con la dinamica Polonia Wolfgang Thierse (nella foto) presidente del parlamento tedesco, tiene il discorso sui dieci anni della caduta del Muro a Berlino La fame di sicurezza sociale delle vecchie generazioni paralizza un'economia con il 27% di disoccupati
Persone citate: Arnulf Baring, Bertolt Brecht, Brecht, Christa Wolf, Faust, Horst Teltchik, Keller, Kohl, Wolfgang Thierse
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