Voto regionale Pasticci in arrivo di Michele Ainis
Voto regionale Pasticci in arrivo Voto regionale Pasticci in arrivo Michele Ainis IL vero principio di una Repubblica - disse Alexander Hamilton, parlando alla Convenzione di New York per l'approvazione della Costituzione americana - è che il popolo deve scegliere coloro da cui gli aggrada di essere governato». Due secoli dopo, quel principio sta per approdare alle nostre coste, su quest'altra sponda dell'oceano. Abbiamo cominciato eleggendo direttamente i nostri sindaci; e quantomeno adesso i tassinari di Roma hanno qualcuno contro cui imprecare, mentre annaspano tra cantieri aperti o strade chiuse al traffico. Ora ò la volta dei presidenti regionali; domani, forse, del Capo dello Stato. Quale lezione si può allora trarre dall'imminente revisione di alcuni articoli della Costituzione, per introdurre l'elezione popolare di chi rappresenta il vertice di ogni Regione? In primo luogo, che il sistema evolve verso formo di democrazia immediata, oscurando il tradizionale primato delle assemblee rappresentative; in secondo luogo - ed è questa, a ben vedere, la notizia - che il sistema nonostante tutto è in movimento, che insomma sta venendo fuori dal binario morto cui sembrava inchiodato dopo il naufragio della Bicamerale c le risso quotidiane fra i partiti. Senza clamori, e por di più senza contrasti: come dimostra la riforma appena varala sul voto dogli italiani all'osterò, e corno dimostra inoltro quest'ultima vicenda (che ha messo d'accordo tutti, eccetto i neo-comunisti), insieme al «giusto processo» anch'esso a un palmo dal traguardo. Vuol dire che si tratta di riforme finte, d'un restauro di facciata? Non necessariamente: quando la nebbia intorno è fitta, si fa più strada tenendo i fari bassi, invece d'alzare gli abbaglianti. E tuttavìa non sono solo roso. Perché il nuovo sistema elettorale vorrà determinato in parte dalla Costituzione, ma in parte altresì dagli statuti, dalla legge statale, da quelle regionali; una miscela foriera di liti e di pasticci, come è stato osservato ila Buggeri. O ancora perché la novità tocca le 15 Regioni ordinarie, ma non incido sulla forma di governo delle altro 5 a statuto speciale: per quelle c'è un progetto apposito, che però giace fra i cassetti delle Camere. Col risultato che presto avremo una geografia regionale con i piedi nella seconda Repubblica, ma con la testa ancora nella prima. O infino perché all'investitura popolare non corrispondo un reale incremento dei poteri del presidente eletto; e in tali condizioni quest'ultimo rischia di diventare un simulacro, un bersaglio fisso su cui scagliare lo freccette. E c'è poi un'ultima questiono. Il nuovo tosto dell'art. 126, a imitazione di quanto è già in vigore por i Comuni e lo Province, stabilisce che il Consiglio regionale possa approvare una mozioni; di sfiducia verso il presidente, ma che a quel punto la crisi si risolva chiamando subito al voto gli elettori. Lo stesso accade quando il presidente si dimetta, o quando a dimettersi sia la maggioranza dei consiglieri regionali. Sifnul stabunt, shnitl cadent: i due organi vivono insieme, e insieme muoiono. Insomma un deterrente contro l'instabilità governativa, non mono acuta nei venti capoluoghi regionali che nella capitale dolio Stato. Peccato tuttavia che questa misura sia invece impotente contro i ribaltoni, nervo scoperto dell'attuale stagiono politica od istituzionale. Che insomma ossa non vieti al presidente di mantenersi in solla ingaggiando truppe mercenarie, ed anzi sotto sotto incoraggi il trasformismo, davanti allo spettro delle elezioni anticipato. Nonostante tutto, l'America ò lontana.
Persone citate: Alexander Hamilton
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