L'avventuriero di Schnitzler gioca con le anime del nostro Rinascimento di Fiorella Minervino

L'avventuriero di Schnitzler gioca con le anime del nostro Rinascimento L'avventuriero di Schnitzler gioca con le anime del nostro Rinascimento RECENSIONE Fiorella Minervino LA Vienna a cavallo del secolo scorso si trasforma in una Bergamo cinquecentesca, afflitta da un morbo: la peste. Il giovane nobile, abile spadaccino, che in un attimo perde il padre e la madre, mentre nel Lago d'Iseo sono annegati la sorella, l'amico e la fanciulla a lui cara, è Anselmo Rigardi, che lascia il palazzo avito e se ne fugge via dal dolore e orrore. Anselmo scopre il piacere della libertà totale: l'avventura senza limiti, il futuro non prestabilito dalla famiglia, un vagabondare ovunque in una natura che riflette più o meno i suoi umori, nei fiori dai lunghi steli, negli esili cirri, nelle ombre che calano, o nel cielo stellato lontano. Arthur Schnitzler scrisse questa «Novella dell'avventuriero», incompiuta, pubblicata postuma a Vien- RECENFioMin SIONE lla vino na nel '37 e inedita per l'Italia, al calare della vita fra il 1928 e il '30. Emergono subito i segni e le scintille di quest'autore dalla profonda capacita di penetrazione psicologica e dalla magistrale abilità stilistica, che di sé nel «Diario» annota: «Sono uno scrittore per gente che non soffre di vertigini». La novella è un prezioso crocevia di «vertigini»: l'iniziazione, le incertezze, le angosce del giovane, gli orizzonti vastissimi che si restringono mano a mano, la penetrazione nel suo sottosuolo psichico, il conflitto tra giovinezza e vecchiaia, l'ingegnoso linguaggio moderno che restituisce l'immediatezza delle emozioni, ma soprattutto il connubio amore-morte. Dopo le prime strabilianti avventure, compresa quella amorosa, fra briganti, giocatori, donne di malaffare, giovanette innocenti, Anselmo vuol evitare ciò che possa frenare l'ossessione di proseguire nel cammino. La sorte lo conduce in uno spazio enorme, dietro una parete di alberi impenetrabile e un muro coperto di vegetazione, lì scorge un castello con parco. Lo abita il centenario Geronte, un tempo medico e alchimista, ora esperto nel profetizzare a chiunque infallibilmente il momento della morte. Il caso fa intravvedere al giovane nobiluomo l'avvenente Lucrezia, figlia di Geronte. In un lampo esplode l'amore fra i due, la confidenza, poi la necessità del distacco. Geronte come «Paracelso», l'atto unico che Schnitzler scrisse nel '98, «gioca con le anime», annunciando ad Anselmo la propria morte dopo un anno. Termina così la novella e segue uno schizzo per lo sviluppo del racconto, che forse l'autore non ebbe voglia o tempo di terminare: Geronte ha predetto il falso per vedere come il giovane si comporterà nell'anno, se sarà degno di Lucrezia. Anselmo va alla guerra, torna vincitore, fa imprigionare Geronte, diventa un eroe. Si celebra una festa, riscoppia la peste, ma lui ne esce di nuovo illeso, apprende che Lucrezia aspetta un bambino da lui. Poco prima, impaurito dalla morte predetta che s'avvicina, aveva ingerito del veleno. Corre da Lucrezia, Ubera Geron¬ te il quale gli svela la falsa profezia. Ma il' veleno fa il suo effetto, Anselmo muore nel giorno previsto da Geronte. Di nuovo la morte vince sopra ogni cosa, come già nei lavori giovanili quali la novella «Morire» del 1894 o la commedia «Amoretto» del'95. Nona caso Schnitzler, amico per la vita di von Hoffmanstahal e pure di Karl Kraus, si legherà più tardi a Freud, il quale nel 1917 gli scrisse di averlo evitato per timore «di un sosia» e precisò: «Il suo deten ìini- smo, come il suo scetticismo ; la sua penetrazione nella verità dell' inconscio... la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l'adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha colpito con una inquelante familiarità». Il massiccio ritorno d'attenzione per Schnitzler, scaturito dal film di Kubrick « Eyes wide shut» che si ispira al «Doppio sogno» (anch'esso ora riproposto da Adelphi) suona pressoché ingiurioso per uno scrittore irrequieto, conturbante, in anticipo sui tempi quale Schnitzler fu e si riconferma nel confronto fra il suo prezioso racconto e il film. Arthur Schnitzler Novella dell'avventuriero traduzione di Adelphi, pp. 87, L 12.000. RACCONTO

Luoghi citati: Adelphi, Bergamo, Italia, Vienna