Grass, ventriloquo del Novecento tra imperatori, punk, proletari

Grass, ventriloquo del Novecento tra imperatori, punk, proletari Grass, ventriloquo del Novecento tra imperatori, punk, proletari RECENSIONE Luigi ORA che se messo in tasca il Nobel, Giinter Grass sa di aver azzeccato in pieno il titolo del suo ultimo libro, il volume di racconti // mio secolo, in uscita da Einaudi nella bella traduzione di Claudio GrofT. Il Novecento si chiude con la sua acclamazione e lui ne ha già fatto in anticipo il bilancio. Ha allineato, anno dopo anno, cento storie brevi, postillando un'epoca di orrori e di guerre, di scoperte e progresso, di imprevedibili trasformazioni. Una novità, almeno sul piano stilistico: perché Grass è da sempre, dal folgorante successo del Tamburo di latta nel 1959, il romanziere fluviale, lo scrittore manierista e barocco, l'affabulatore debordante. Insomma uno dal respiro lungo che qui deve reprimere in un soffio un po' asmatico. Uno dal linguaggio variopinto, creativo: un epico bizzarro. E qui il suo magma verbale si frantuma in mille rivoli, diventa mimetico, perché i personaggi, grandi e piccoli, sulla scena del secolo rientrano nei propri cliché linguistici. C'è la dizione affettata dell'imperatore Guglielmo II e il gergo dei punk, c'è il dialetto di una proletaria e la prosa ricercata di un germanista. Ottimo, ma un po' prevedibile. Ma quello che non c'è, e manca ormai da tempo nella prosa di Grass, è il suo vero idioma letterario, caustico, straniante, originale. In questi racconti lo scrittore è una specie di cassa di risonanza, un imitatore di voci, che sfoggia un gran mestiere e una curiosità degna del migliore archivista. E' lo storiografo che segue passo passo ascesa e caduta dei sogni tedeschi e lo fa, come d'abitudine, da una prospettiva inferiore, umile. Un tempo, alla ribalta, c'era il nano Oskar che batteva sul suo tamburo e si rifiutava di crescere: attraverso i suoi occhi deformanti abbiamo visto il nazismo, gli anni bui della violenza e il primo dopoguerra. Poi ci fu il racconto sulla campagna elettorale del 1969, Dal diario di una lumaca. E altri animali ancora: cane, rombo, ratta, rospo. Occhiate dal basso, sguardi obliqui e marginali su un mondo senza baricentro. Come in una glande fiaba (e tale fu il suo romanzo II rombo del 1977) Grass perseguiva il suo programma di gaudente pessimista, il suo sogno di tardo illuminista sposato alla fantasia. Ma soprattutto RECENLu scriveva, in infinite variazioni, il romanzo tedesco sul secolo ventesimo. I critici di casa sua potranno discettare ancora a lungo se egli sia stato o meno il grande scrittore di un unico romanzo, 77 tumbum di latta. Certo il letterato bohémien dei tardi Anni Cinquanta svani presto dietro la figura del personaggio ufficiale, dello scrittore prestato alla politica (si pensi all'appoggio dato a Willy Brandt e alla socialdemocrazia), ma lo storiografo ha continuato, con discutibili risultati letterari, a prosperare. Ha glossato IONE gi il femminismo nel romanzo// rombo, lanciato segnali apocalittici in favore dell'ecologia in Bosco mollo (1990), scritto un apologo, Il richiamo dell'ululone (1992), sull'Est europeo dopo la caduta del Muro, polemizzato sulla riunificazione tedesca nel romanzo E' una lunga storia (19951. Insomma, questi cento anni Grass li aveva già sfogliati e commentati in molti modi. E l'incipit del nuovo libro sembra confermarlo: «Sono stato presente anno dopo anno dando il cambio a me stesso». E' il 1900 e lo scrittore di Danzica inizia le sue metamorfosi. C'è il volontario della Bassa Baviera, che parte per una spedizione contro i cinesi, il Kaiser in esilio che abbatte alberi come una furia. E poi due guerre mondiali filtrate nel gioco dei ricordi: tra il pacifista Remar que, l'autore del notissimo romanzo All'Ovest niente di nuovo e il nichilista eroico, il mistico della guerra Ernst Jiinger. Lontano dal fronte, nella quiete degli Anni Sessanta, fra bagliori d'idee, non di granate. Così anche per il secondo conflitto: ne discutono ex commilitoni, un tempo, corrispondenti di guerra. Tra le immagini d'archivio qua e là un'angoscia che si colora di grottesco: la distnizione del ghetto di Varsavia narrata con disinvoltura dal fotografo che scattò istanta¬ nee per il capo delle SS Himniler. Grass si cala in figure secondarie per raccontare fatti raccapriccianti, sovrapponendo normalità e mostruosità, coi rischio che perfino i nazisti sembrano talora più spacconi che criminali. Cosi la storia del Novecento genera fantasmi rubricati però come in un'antologia per le scuole e metabolizzati nel senso del «politically correct». Il testimone Grass dai mille volti, e nelle fonile più diverse (il racconto si fa talvolta lettera o dialogo) non graffia più, non s'inalbera ma registra come ossessionato dall'horror vacui. C'è proprio tutto in queste short stories: dal Secondo al Terzo Reich, dal sucialismo di Ulbricht alla caduta del Muro, dai problemi della rum ideazione alla vittoria di Schròder. C'è la bioetica e la clonazione. E poi invenzioni che hanno rivoluzionato la vita del secolo: grammofono e dischi (gustoso l'inciso sul basso Saljapin che temeva di perdere la propria voce registrandola), radio e tv. Facile di qui il passo all'elemento nazionalpopolare: calcio e sport., carnevale di Colonia e gambe delle Kessler. Memore delle «storie di calendario» (gran maestro del genere fu lo svizzero del Settecento J. Peter Hebel), il cronista Grass ha confezionato un almanacco che finisce per conciliarci con il passato. Possiamo ripercorrerlo attraverso la storia dei copricapo (dall'elmo chiodato al cappello da cacciatore di Josef Strauss) o riascoltarlo nelle voci di Brecht e Benn, Celan e Heidegger, che risuonano nel lunario, questi cento anni diventano comunque innocui, algide icone sulla scena del tempo. Al premio Nobel è venuta meno la rabbia. Il nanetto Oskar non suona più il tamburo, ma osserva se stesso, disilluso e divertito, fra le vestigia del secolo. Lo scrittore è qui una sorta di megafono, un imitatore di voci che sfoggia un gran mestiere. Ma a mancare è il suo vero idioma letterario, caustico, straniante «IL MIO SECOLO»: IN CENTO STORIE BREVI IL PREMIO NOBEL POSTILLA UN'EPOCA DI ORRORI E DI GUERRE, DI SCOPERTE E PROGRESSO, DI IMPREVEDIBILI TRASFORMAZIONI Gùnter Grass, premio Nobel 1999. A destra, rastrellamento nel ghetto di Varsavia (1943) Giinter Grass II mio secolo traduzione di Claudio Groff Einaudi, pp. 299, L. 32.000 R A C C O N T

Luoghi citati: Danzica, Varsavia