«Nessuno può impedire l' evangelizzazione» di Marco Tosatti

«Nessuno può impedire l' evangelizzazione» A Delhi uno dei leader religiosi replica: «Santità, ci aiuti a diffondere l'induismo nel mondo» «Nessuno può impedire l' evangelizzazione» Il Papa ignoragli attacchi Marco Tosatti inviato a NEW DELHI Delhi è un tripudio di fiori gialli e arancioni, ghirlande ovunque, e la notte indiana si accende di fuochi: sono i «botti» della Festa delle Luci, Divali, per celebrare il ritorno del dio Rama ad Ayodhya dopo aver sconfitto il demone Ravana. E' una delle feste più sentite, il momento in cui tutto si rinnova, si ripulisce e le famiglie devono essere riunite. Sarà anche per ernesta coincidenza che alla messa celebrata da Giovanni Paolo lì ieri mattina allo stadio Nerhu la partecipazione non è stata esaltante: quarantamila cattolici (nella capitale indiane sono circa ottantamila). Colpa della festa, e probabilmente anche delle misure di sicurezza, - fittissime, c'era polizia anche sotto l'altare oltre che di un clima psicologico di tensione alimentato dagli indù estremisti. E' vero che le polemiche si sono stemperate, ieri, con l'annuncio da parte del Concilio Mondiale Indù (su pressione governativa) di voler cessare la campagna anti-Papa. Non che tutto sia finito a tarallucci e vino; ma l'incontro del Papa con i leader religiosi, nel pomeriggio ha rilassato ulteriormente l'atmosfera, pur se non sono mancate le recriminazioni. 11 luogo era il Palazzo delle Scienze, Vigyan Bhawan. Una sala da conferenze, un lungo tavolo, il Papa seduto ai centro, e al suo fianco un signore a torso nudo, drappeggiato in un manto arancio- ne, la fronte dipinta, un bastone da cui pendeva un sacco arancione (simbolo di rinuncia al mondo) in mano. E due occhi vivacissimi. E' uno dei quattro grandi guru dell'induismo, un Shankaracharya, Madhavananda Saraswati. Dà il benvenuto al Papa : «La nostra tradizione è verità, non violenza, amore. Rispettiamo l'ospite come un dio, e accogliamo come un dio anche Lei. L'India è grande, e la nostra religione è magnanima». Non accenna a polemiche ma avanza una richiesta singolare: «Anche noi tentiamo di diffondere la nostra tradizione in tutto il mondo. Speriamo di avere la vostra cooperazione nel diffondere l'induismo, la tradizione pura della nostra terra; vogliamo che Lei ci aiuti». Conclude con la triplice invocazione: «Shanti, shanti, shanti, pace, pace, pace» e alza il braccio sinistro del Papa, intrecciando la sua mano a quella di Wojtyla. Giovanni Paolo II ò abituato a gesti poco protocollari, in questi incontri ecumenici, e accetta di buon grado che il rabbino Ezechiel Isaak Malekar gli posi sulle spalle il talash, il mantello rituale. La «sicurezza» poi blocca per mezz'ora Manjit Singh, l'es^Oiiente sikh. Ha una spada a tracolla e il pugnale ricurvo alla cintura. «E' il simbolo della mia autorità, è un simbolo religioso, li porto ovunque», spiega Manjit Singh, e alla fine li convince. Un po' di veleno viene però proprio da dove meno te lo aspetti, da Acharya Mahaprajna, un religiosojainista che vive con la bocca coperta da un bavaglio di garza, nel timore di causare la morte di qualche minuscolo, infinitesimale essere vivente. Critica «i religiosi che sono più occupati ad aumentare il numero dei loro seguaci piuttosto che interessarsi alle sfide che assediano la religione». Non c'è traduzione simultanea, molti parlano in indù, e Giovanni Paolo II vittima del fuso da quando è a Delhi, sorregge la testa con le mani. Prende la parola Erwad Cawas Daraius Bagli, rappresentante dei Parsi (gli antichi zoroastriani di Persia fuggiti qui) e annuncia che pregherà per la salute del Papa. Intona nella sua lingua che nessuno lì capisce - una lunga monotona canzone. Anche l'eroico mons. Dziwisz, il segretario particolare di Giovanni Paolo lì, che non lo lascia solo un attimo, ha un istante di cedimento, appoggia la fronte alla mano. Subito dopo è il turno di rabbi Malekar, che inizia salmodiando in ebraico, ma smette subito, e loda l'unità delle religioni. Infine parla il Papa. Alla messa si è augurato che il terzo Millennio sia quello del cristianesimo in Asia. Qui ripete il messaggio pronunciato in varie forme in questi tre giorni. «Nessuno Stato, nessun gruppo ha il diritto di controllare sia direttamente sia indirettamente le convinzioni religiose di una persona, né può a ragione rivendicare il diritto di imporre o di impedire la professione pubblica e la pratica religiosa, o il rispettoso appello di una particolare religione alla libera coscienza delle persone». Rivendica cioè il diritto a evangelizzare e convertire, con buona pace di buddisti, induisti e jainisti. w: - Lo Shankaracharya Madhavananda Saraswati. una delle autorità religiose hindu, ieri insieme a Giovanni Paolo 11

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