D'Alema cede la sua poltrona a un ragazzino
D'Alema cede la sua poltrona a un ragazzino Alla festa per la fine del restauro di Palazzo Chigi gli opuscoli pubblicizzano un anno di governo D'Alema cede la sua poltrona a un ragazzino Maria Teresa Meli ROMA La banda dei carabinieri ha finito la sua esibizione. I festeggiamenti pubblici per il restauro di palazzo Chigi e di piazza Colonna sono terminati. Folle di romani sciamano per i corridoi della sede del governo. Nel suo studio Massimo D'Alema accarezza delicatamente la scrivania di legno e spiega: «Questa era di Mussolini». Con il premier c'è un gruppetto di giornalisti, prima tenuti a bada, poi recuperati in extremis, visto che qualcuno dovrà pur scrivere di questi lavori di cui il presidente del Consiglio è tanto orgoglioso. Alle spalle del capo dell'esecutivo troneggia un quadro che rappresenta un baccanale. «E* di Tiziano», dice lui, con l'occhio che brilla, ma poi aggiunge: «O quanto meno è stato altri bu ivo a quel pittore, ma adesso ci sono dei dubbi, potrebbe essere opera di Poussin. E' il dipinto più bèllo che c'è qui». Persino i cronisti, spesso e volentieri tacciati d'ignoranza da D'Alema, e non sempre a torto, hanno un sobbalzo. Tiziano... Poussin... cent'anni e qualcos'altro di differenza. Più tardi sarà il soprintendente ai Beni artistici e storici di Roma, Claudio Strinati, a svelare l'arcano. Nella foga del padrone di casa fiero di mettere in mostra le recuperate bellezze (D'Alema ha cambiato studio, riportandolo lì dove era in origine, prima che l'allora presidente del Consiglio Craxi lo spostasse), il premier ha sorvolato su qualche dettaglio. Il Baccanale è una copia di un Tiziano esposto al Prado, copia eseguita un secolo dopo, ma non da Nicolas Poussin. Ci siamo con le date, però non con gli autori. E Strinati, visto che c'è e che di queste cose se ne intende, invita i giornalisti (il solito gruppetto recuperato all'ultimo minuto dal¬ l'ufficio stampa del premier mentre già le guardie del corpo con gran solerzia tentavano di disfarsene) a guardare la piazza restaurata e restituita ai pedoni, come quella vicina di Monte Citorio. «Un filologo apprezzerebbe spiega il soprintendente - il recupero dell'antica tinteggiatura delle facciate, ma avrebbe da ridire sulle piazze». Già, perché nella Roma papalina di lì passava di tutto: carrozze e carrettieri. Non così in quella fetta dello capitale dominata dai palazzi di D'Alema e di Violante. In compenso, però, i romani possono visitare sia palazzo Chigi che Montecitorio. «Siamo la casa dei cittadini», spiega il premier. Ma il «tour» iniziale è riservato a quelli di prima classe, mentre tutti gli altri premono dietro le transenne e fuori del cancello. C'è la famiglia Rutelli: sindaco, moglie e uno dei due figli. Ci sono i collaboratori di D'Alema - Velardi e Cuperlo per citarne due - con prole al seguito. Anche il premier ha portato la figlia. Poi qualche illustre sconosciuto, perché non si abbia a dire: «I soliti raccomandati». C'è pure un bambino, Michele, cui viene concesso l'onore si sedere sulla poltrona del capo del governo nella sala del Consiglio dei ministri Qualche maligno insinua che solo a un bimbo D'Alema cede il posto. Il piccolo Michele usa anche il campanello del presidente. Poi la «ricreazione finisce». Rutelli, ridendo, spie ga al bambino che adesso deve lasciare l'ambita poltrona. Il premier lo corregge: «No: ci vogliono ancora sei, sette mesi». «E' questa - spiegherà dopo D'Alema - la media della durata dei governi in Italia dal dopoguerra. E' una dolorosa constatazione». Ma lui ormai ha girato la boa del primo anno. Come dimostrano i libretti in distribuzione all'ingresso. Pubblicizzano i lavori? Nemmeno per sogno. Pubblicizzano i dodici mesi del suo esecutivo. Nulla hanno a che fan; con il restauro, molto hanno a che vedere con le aspirazioni del premier. Il premier Massimo D'Alema «cede» la sua poltrona di primo ministro ad un giovane studente durante la visita guidata a Palazzo Chigi
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