Bill, 44 anni vissuti come un caterpillar

Bill, 44 anni vissuti come un caterpillar Bill, 44 anni vissuti come un caterpillar Lo psichiatra disse di lui bambino: non c'è modo di batterlo personaggio UgoBertone IL primo che provò a penetrare i segreti della mente di William Gates III, detto Bill, fu uno psichiatra di Seattle , nel 1968. Il futuro zio Paperone del computer aveva allora 12 anni, una memoria fuori dal comune, capace com'era di recitare in classe tre pagine di Shakespeare dopo averle lette una volta sola, ma anche una timidezza devastante che lo bloccava ogniqualvolta una compagna gli rivolgeva la parola e l'abitudine di rintanarsi nella soffitta di casa. «Il ragazzo - si lagnava mamma Mary non mi obbedisce più. Quando lo chiamo per cena mi risponde: sto pensando mamma, tu non ci hai mai provato...». «E' inutile tentare di suggerirgli una regola, di condotta fu la diagnosi un po' sconsolata lasciategli fare ciò che vuole. Non c'è modo di batterlo...». Ed è un consiglio che, da quel momento, i signori Gates (grande avvocato d'affari il papà, figlia di banchieri e membro del board di First Interstate Bank, la mamma) sono stati costretti a seguire di fronte a quel figliolo così sorprendente, l'uomo più ricco del mondo che controlla il 18% della sua Microsoft (400 miliardi di dollari di valore, la società più importante del mondo) che ancor oggi predilige, per le cene d'affari, un Me Donald's alla periferia di Seattle ma che si è costruito una «casetta» da 100 milioni di dollari (oltre 180 miliardi di lire) sulle rive del lago Washington: mille metri quadri di casa più un'area relax con un salone da 200 posti, una sala lettura che ospita il Codice Leonardo acquistato per 46 miliardi di lire, un fiume artificiale ricco di salmoni, due moli privati, una piscina con tanto di stereo subacqueo. Un uomo schivo, capace di dribblare la corte delle più belle donne d'America per sposare Melinda French, una sua dipendente («ciò che mi piace di lei - ha detto - è la sua assoluta estraneità ai beni materiali»), ma di garantire la propria privacy con l'ossessione di un Howard Hugues: il giorno del matrimonio, per evitare paparazzi e curiosi, Gates pronotò alle Hawaii tutte le camere d'albergo e tutte le auto a noleggio. Un Paperone cho ha girato alle sue Fondazioni filantropiche circa 6 miliardi di dollni i (uà lo : aa, accusano i critici, è una generosità pelosa, cf: lega ancor di più biblioteche e scuole Usa al sistema Microsoft), ma che si è premunito, al momento del matrimonio, con un contratto che limita gli alimenti alla moglie, in caso di divorzio, a soli 30 milioni di dollari (bruscolini di fronte agli 11 miliardi di dollari del suo patrimonio personale). E alle due fighe, in eredità, andranno «solo» 10 milioni di dollari a testé. Un piccolo grande genio di inventore, alla Edison, combinato con l'efficienza di un Henry Ford. Arrogante ma pronto a riconoscere i propri errori: quello di aver snobbato Internet, ad esempio («mi sarà costato - ha detto - un po' di tempo e una trentina di milioni di dollari. Il tempo non ha prezzoT.'.»). Antipàtico a molti, ma anche il più noto e il più simpatico, secondo i sondaggi, tra i teonager americani. Nessuno, con l'eccezione di John Rockefeller primo, l'uomo che nel 1910 subì la clamorosa sentenza dell'Antitrust clie spezzò il primato della Standard Oil dando vita a sette compagnie petrolifere, ha mai impersonato con tanta precisione il ruolo del capitalista. Ma John Rockefeller, religioso fino all'ossessione, non si sarebbe mai permesso di dire frasi del genere. «Tutti i neuroni che generano emozioni e sensazioni operano secondo un sistema binario...» Come un computer? «Sì, tutta la vita sulla Terra è basata sul carbonio, i computer sul silicio. Non vedo altra differenza... E poi perché non potremmo replicare la sequenza con cui la natura ha creato l'intelligenza con un processo basato sul carbonio?». Nemmeno replicare il quadro della creazione sembra concettualmente impossibile a questo Rockefeller travestito da Darth Vader che dispone di una punta di modestia. «Non dimentico mai - dice - che la Coca Cola ci sarà ancora tra vent'anni. Microsoft, forse no». E ancora: «Chissà quanti futuri Bill Gates stanno lavorando in un garage ih questo momento...». Ma chissà quanti possono vantare esordi così precoci. A anni Gates, assieme a pochi amici, varava la sua prima società. «Ci incontravamo davanti a scuola, di sera e in bicicletta andavamo a lavorare in una piccola società. Pigiavamo sui tasti dei computer fino quasi a notte, mangiando pizza e bevendo Coca-Cola». Sembrava un gioco da ragazzi prima della laurea in legge ad Harvard. Ma il giovane Bill chiude subito con l'università, per creare un'azienda di computer ad Albuquerque, in New Mexico. «Mio padre mi diede del pazzo - ha ricordato il fondatore di Microsoft - e cercò di buttarmi addosso tutti i possibili sensi di colpa, parlandomi anche dell'infarto che gli sarebbe venuto». Assieme a Bill Gates lascia Harvard il suo amico del cuore, Paul Alien. «Andremo d'accordo - gli disse Bill - finché io sarò il numero uno? Okay?» Okay, a metà anni Ottanta Gates mise alla porta senza tanti complimenti Paul Alien, comunque destinato a diventare, grazie alla sua quota di Microsoft, uno dei dieci uomini più ricchi d'America. Chissà se, in quei pochi mesi di Harvard, Gates ebbe tempo di incrociare lo studente Joel Klein, lo sceriffo dell'Antitrust scatenato contro di lui da Janet Reno. «Tutti e due - disse Gates al termine del primo confronto - non passerebbero un esame di matematica in una High School». E agli avvocati dell'Antitrust che chiedevano se tosse possibile installare meccanismi di tutela della concorrenza in Microsoft '98 Gates si limitò a rispondere: «E' come chiedere alla Ford di usare un motore Toyota...». Un uomo sicuro di sé, dunque. Fin dagli inizi, pare. Eppure, almeno una volta anche Bill Gates ha tremato. «Avevo 24 anni - racconta - quando una mattina squillò il telefono. All'epoca non mi chiamava mai nessuno, salvo qualche parente. E invece, quella volta, era l'ibm...». Il gigante dell'informatica, la mitica «Big Blue», aveva bandito un concorso tra le società di software per creare un'«sistema operativo» per i suoi personal computer. E la scelta era caduta su Microsoft, oscura software house del New Mexico. Era il 1981 e e stava nascendo l'Ms-Dos, il linguaggio universale (con l'eccezione di Apple) della prima generazione dei pc, destinato a venir sostituito da un'altra lingua ancor più diffusa, Windows. Da allora il colosso è andato avanti come un caterpillar, spianando gli avversari lungo la strada. Un'armata invincibile, almeno all'apparenza. Ma Gates, l'ultimo titano, non si fa illusioni, almeno a parole: «Nessuna azienda leader in una fase di storia dell'informatica è restata tale nella fase successiva». E' successo all'lbm, potrebbe succedere a Microsoft, insidiata dal sistema Linux, da Sun e dal suo linguaggio Java, prima ancora che dall'Antitrust. Ma Gates, circondato dai 7 mila milionari (in dollari) di Seattle e dintorni, arricchitisi grazie a Microsoft, non è tipo da tirarsi indietro. Anche se, proprio quest'anno, ha dato il via a un piano per vaccinare i bambini di tutta l'Africa. Un hobby o un possibile futuro da ex monopolista. Si è costruito una casa da 180 miliardi Mille metri quadri di superfìcie abitabile un fiume artificiale ricco di salmoni due moli privati piscina con stereo subacqueo e il Codice Leonardo Replicare la creazione gli pare possibile «Tutti i neuroni che generano emozioni operano secondo un sistema binario. Perché non potremmo replicare la sequenza con cui la natura ha creato l'intelligenza?» N i ii Bill G l dd lii Qi l ili d f Non sono mai piaciute, a Bill Gates, le domande maliziose. Qui ascolta un giornalista durante una conferenza stampa L'irresistibile carriera deU'uomosimbolo del capitalismo che ha spianato tutti gli avversari lungo la sua strada