SQUADRA CHE VINCE SI CAMBIA di Gianni Riotta

SQUADRA CHE VINCE SI CAMBIA L'ANìtirustcondanna gates SQUADRA CHE VINCE SI CAMBIA Gianni Riotta IL giudice americano Thomas Penfield Jackson ha considerato la Microsoft di Bill Gates un monopolio e si accinge, nel suo prossimo verdetto, a penalizzarla o, addirittura, smembrarla. Per il gigante del software (i programmi cbe fanno funzionare i nostri computer) è una secca sconfitta. Per tutti coloro che usano un pc per giocare, lavorare o chiacchierare con la fidanzata, l'annunzio di una nuova era. Anche se, come molti pensano a Wall Street e a Silicon Valley, Bill Gates accetterà di negoziare con il ministero della Giustizia dell'arcigna ministro Janet Reno e del suo formidabile vice Joel Klein, l'era del potere assoluto di Microsoft è finita. La parabola del processo antitrust ha varie morali che vale la pena di considerare. La prima è sulla forza strategica degli Stati Uniti d'America. Qualche settimana fa, parlando ai suoi collaboratori, l'editore del «New York Times», «Pinch» Sulzberger notava che un'azienda moderna, per sopravvivere, deve «cannibalizzare» anche le parti di sé che funzionano. L'innovazione - soprattutto nel mon- do dei media - è così veloce da rendere pericoloso ostinarsi a difendere prodotti e aziende pur celebrati per tradizione, efficienza, stile. Al contrario che nel calcio, squadra che vince si cambia. Microsoft, il sistema nervoso di quasi ogni computer che vedete in giro, ha arricchito milioni di americani e ha contribuito al boom di Borsa di questi anni. Gates è così ricco che, ha calcolato un buontempone, se gli cadono dj tasca 500 dollari (circa un milione di lire) non deve neppure chinarsi a raccoglierli, guadagna di più in un istante. Eppure gli americani scommettono sull'innovazione: se l'albero poderoso di Microsoft lascia luce e spazio alle aziende rivali, finora soffocate, la concorrenza, l'inventiva, la creatività manterranno negli Usa il primato tecnologico mondiale. Che noi europei invidiamo, senza riuscire a imitarlo, proprio perché ce ne sfugge la natura intima: la rivoluzione informatica è rivoluzione culturale, di idee, prima che di macchine. Se Bill Gates si fosse chiamato Guglielmo Cancelli e fosse nato in Italia, le banche non gli avrebbero concesso credito, la Borsa l'avrebbe snobbato e la burocrazia gli avrebbe chiuso il garage-officina perché senza licenza. Ora cambierà molto. Soprattutto su Internet, dove la competizione per i browser (le reti per «raccogliere» informazioni) si farà vivace e si moltiplicheranno i linguaggi. Molando una delle gemme della loro economia, gli Usa scommettono sulla libertà di progetto, virtù cardinale del futuro. L'ultima parabola riguarda in persona Bill Gates, il mago di Microsoft. L'uomo che disse «la religione? non permette un uso efficiente del tempo». Il giudice Jackson lo rimette davanti a se stesso: è giovane, straricco, ha tutta la vita per dimostrare che la qualità di un impero non si giudica dalle sue dimensioni. gianni.riotta@lastampa.it

Persone citate: Bill Gates, Gates, Guglielmo Cancelli, Janet Reno, Joel Klein, Sulzberger, Thomas Penfield Jackson

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti D'america, Usa