Quando il Pool cambiò l'Italia di Pierluigi Battista

Quando il Pool cambiò l'Italia GLI ANNI DRAMMATICI 1989-2000 LUCI E OMBRE DI UN DECENNIO Quando il Pool cambiò l'Italia Da una Repubblica all'altra, il racconto di Vespa il libro Pierluigi Battista QUELLA volta che i magistrati di Milano misero le mani su un «mariuolo» e cosi aprirono una voragine, e insieme un capitolo nuovo e tumultuoso nella storia italiana. Quella volta del maggio '92 che il Parlamento italiano non riusciva ad eleggere il nuovo Capo dello Stato ma fu percorso da un brivido di terrore non appéna giunse nel Palazzo l'eco della bomba assassina a Capaci. Quella volta che fini il Pei. Quella volta che il presidente della Repubblica Cossiga divenne bersaglio di attacchi furibondi. Quella volta che la classe politica di governo fu decapitata dalla rivoluzione giudiziaria (! i cinque parliti della maggioranza furono cancellati nel giro di pochi mesi. Quella volta che un imprenditore di successo fece un partito ex novo e di li a poco vinse le elezioni e si ritrovo a Palazzo Chigi. Quella volta che invece vinse l'Ulivo. Quella volta che l'uomo politico simbolo della Prima Repubblica venne assolto a Palermo e a Perugia dall'accusa di essere tutt'uno con In mafia. A guardarli tutti insieme, gli eventi che hanno terremotato la vicenda storica italiana nell'ultimo decennio del secolo e del millennio sembrano una sequenza di svolte traumatiche e di contorcimenti dolorosi. E se si sfogliano le pagine dell'ultimo volti me di Bruno Vespa che arriva in questi giorni nelle librerie per Mondadori-Eri, Dieci anni che hanno sconvolto l'Italia (1989-2000), è inevitabile domandarsi con sgomento come ha fatto l'Italia a superare tante prove così ardue in un lasso di tempo relativamente breve. E come è stato possibile tra sconquassi e lutti e gogne mediatici™ e convulsioni raggiungere addirittura il traguardo europeo. I lettori di Vespa già conoscono e apprezzano il modo di raccontare la cronaca e la storia italiana di un giornalista che nelle sue ricostruzioni mescola reperti d'archivio e testimonianze personali di chi in quella storia ha assunto ruoli importanti ma anche più defilati. Ma se i libri di Vespa solitamente coprono un arco temporale, di un anno o quasi, questa indagine su un intero decennio alimentata dui racconti e dalle confessioni dei suoi protagonisti permette di rileggere fatti e passaggi della stona italiana dimenticati o rimossi e che invece, nuovamente rivisitati, appaiono densi di significati. La svolta della Bolognina, per esempio. Vespa ha raccolto i ricordi di Achille Occhetto e di Massimo D'Alema e dalle testimonianze incrociale e dal semplice allineamento dei fatti che portarono alla storica decisione di cambiare il nome al Pei affiorano divergenze e sfumature che allora non risultarono poi così evidenti. Per esempio D'Alema per la prima volta rivela che «il problema del cambio di nome era già presente nelle nostre discussioni. Pochi giorni prima della Bolognina, ebbi una conversazione con Occhetto basata sul nostro ingresso nell'Internazionale socialista e sul conseguente cambio del nomo». Eppure, nonostante quelle «discussioni» appare evidente come lo stesso D'Alema, allora diretore delYUnità, fu preso alla sprovvista dalla decisione di Occhetto. «L'improvvisa accelerazione di Qcchetto ci colse di sorpresa», ammette D'Alema. E Occhetto non ha remore a ricordare a Vespa che lu decisione fu così improvvisa che «l'indomani VUnita pubblicò la notizia del possibile cambio di nome con il punto interrogativo». E pensare, ricorda a sua volta Vespa, che «l'Unità diretta da D'Alema non aveva ritenuto opportuno nemmeno mandare un inviato al seguito del segretario» in missione ulla Bolognina. Prodromi di una crisi che si abbatterà sulla politica italiana con la potenza di un ciclone. E il ciclone, certo annunciato da frequenti manifestazioni tempestose come il referendum di Mariotto Segni c la comparsa del fenomeno leghista, le esternazioni quirinalizie tli Cossiga e l'affanno elettorale dei partiti tradizionali, viene decisamente identificato da Vespa con il terremoto di Mani pulite. Un'epopea, secondo le ricostruzioni agiografiche che perpetuano la leggenda di una guerra del bene contro la mal- vagita della corruzione. Ma anche, nella ricostruzione dettagliata che ne fornisce Vespa, un'offensiva dal sapore giacobino in cui le forme dello Stato di diritto sono state sovente sacrificate alle ragioni di una giustizia «sostanziale» di ispirazione rivoluzionaria e lo sconfinamento di ruolo da parte della magistratura non suscitò proteste presso un'opinione pubbli- ca attizzata dal furore giustizialista dei cartelli che invocavano a Miluno «Di Pietro, facci sognare». «Avemmo un formidabile appoggio dei media e qui fuori cominciò a formarsi la coda degli imprenditori che volevano parlare. Mani pulite visse improvvisamente il suo momento magico», confida Gerardo D'Ambrosio, oggi procuratore capo della Repubblica al posto di Francesco Saverio Borrelli e protagonista del Pool milanese che ha disarticolato il sistema di Tangentopoli. Un «momento magico» che Vespa ricostruisce mettendo in evidenza sì l'ampiezza dei fenomeni di corruzione e di finanziamento illecito della politica ma anche la frequenza delle lunghe carcerazioni, la propensione a stabilire pesi e misure diverse a seconda dei soggetti. Basterebbe del resto soltanto la lettura del paragrafo dedicato da Vespa a «De Bendetti, prescritto» per stimolare l'attenzione storica su molti dettagli dimenticati di una vicenda lunga e tormentosa. E naturalmente c'è la politica, nel libro di Vespa. Anche la politica sussurrata, i pensieri dei protagonisti, il mormorio sulle occasioni perdute. Interessante, e inedita, è ad esempio la riflessione che Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini dedicano al significato del fallimento del tentativo di Antonio Maccanico di formare un governo di larghe intese nel febbraio del '96. Di quel fallimento Berlusconi si rammarica: «Ero convinto che se fossimo andati alle elezioni in quella situazione, avremmo perso... I miei alleati dicevano invece: si vince, si vince». E Fini: «Non sono pentito di quella scelta. Se fosse nato il governo Maccanico, avremmo avuto per altri 12-15 mesi un governo senza legittimità elettorale». Divergenze interpretative evidenti. Riletture sollecitate da un libro che restituisce l'atmosfera di un decennio sconvolgente. Altro che «fine della storia». I tempi di Cossiga «picconatore» e il ciclone-Di Pietro La rovinosa caduta di Craxi La «svolta» della Bolognina che colse di sorpresa anche D'Alema La «scommessa» di Berlusconi Qui sopra l'ex presidente del Consiglio Bettino Craxi A sinistra il conduttore di «Porta a Porta» Bruno Vespa

Luoghi citati: Capaci, Italia, Milano, Palermo, Perugia