«Il Pcus non voleva far uccidere il Papa»

«Il Pcus non voleva far uccidere il Papa» PARLA ROY MEDVEDEV «TRA DISCUSSIONI E DECISIONI C'ERA MOLTA DISTANZA» «Il Pcus non voleva far uccidere il Papa» 7/ biografo diAndropov: ingiusto accusare Gorbaciov intervista Hi Giulietta Chiesa OY Medvedev, ex dissidente, storico dello stalinismo, poi deputato del Soviet supremo dell'Urss in epoca di perestrojka, è diventato recentemente il primo biografo di Jurj Andropov, colui che guidò il Kgb negli anni cruciali della crisi dell'Urss e dell'ascesa di Karol Wojtyla al soglio pontificio. Il suo libro su Andropov è infatti il primo tentativo di rilievo di disegnare la figura di colui che molti considerano come il vero e decisivo iniziatore della perestrojka, un riformatore «ante litteram» che non potè andare oltre solo perché morì, ma che lasciò il testimone a Mikhail Gorbaciov. Adesso su Andropov, e su Gorbaciov, viene fatta calare l'ombra del sospetto: che siano stati anche loro, proprio loro, a ordinare addirittura l'attentato al Papa? La risoluzione «segretissima» del Comitato centrale del Pcus approvata il 13 novembre 1979 e pubblicata dalla Stampa il 23 aprile 1993, porta anche la loro firma. Che ne pensa Roy Aleksandrovic? «Ho studiato a lungo questo problema, sia all'epoca, quando Ali Agca sparò al Pontefice sia durante questo lavoro biografico. Non c'è alcun dubbio che il Pcus vide il pericolo rappresentato dal Papa polacco, lo vide anzi ben prima che la crisi polacca raggiungesse il culmine, nell'agosto 1980, con il grande sciopero di Danzica. A Mosca tutto ciò era chiaro, anche se la loro strategia ci appare oggi molto inadeguata». Appunto per questo c'è ora chi pensa che alle misure politiche, che conosciamo, se ne aggiunsero altre. Tra cui quella di armare la mano di un attentatore. «Questo non corrisponde a ciò che ho potuto analizzare. Nel Pcus esisteva un sistema molto complesso di procedure per giungere a decisioni importanti. Sappiamo di discussioni dettagliate circa diverse ipotesi di azione, strategie da usare, contro ad esempio Solzhenicyn, Sakharov, Sharanskij eccetera. Ma in nessuna di queste, a quanto finora risulta, si esaminò l'eventualità di ucciderli. Si parla di pressioni, intimidazioni, minacce. Tuttavia queste varianti, per quanto esaminate, non furono in molti casi eseguite». Eppure Sakharov e Solzhenicyn, ad esempio, temettero per la loro vita. «E' vero. Una volta Sakharov mi raccontò di aver avuto il sospetto che materiali radioattivi fossero stati nascosti dietro un termosifone in casa sua. Ma quando si mise a cercarli, non c'erano più, o forse non c'erano mai stati. Comunque non lo uccisero. E' ovvio che temessero: vivevano in uno stato di permanente tensione. Credo an¬ zi che il Kgb volesse proprio che temessero, per sé e i propri cari. Tuttavia il punto è un altro...». E quale? «E' che tra le discussioni a livello degli strateghi del Kgb e le decisioni operative c'era un mar» di distanza. Almeno, questo è quello che ricavo dalle mie analisi, dalle ricerche d'archivio e, se mi consente, anche dalla mia esperienza personale di dissidente. Se si trattava di eliminazioni fisiche, in ogni caso, era faccenda che doveva decidersi ai massimi livelli, esclusivamente a quei livelli. E, fino a che ciò fu considerato come parte delle regole del gioco, fu comunque deciso ai massimi livelli». Dunque ci fu una fase in cui le eliminazioni fisiche, cioè gli assassini politici, furono parte regolare dell'attività dello spionaggio sovietico estero e interno? «Per quanto concerne l'interno, l'epoca del terrore staliniano era esattamente questo. All'esterno c'erano criteri ovviamente diversi. Bisognava in qualche modo tenere conto dei rapporti internazionali. Ma si uccidevano gli agenti avversari, così come si poteva organizzare l'assassinio di Trotskij. Tuttavia questa fase si concluse nel 1962, dopo l'assassinio del leader nazionalista ucraino Stepan Bandera. L'operazione, guidata con successo da Sudoplatov nel 1959, si trasformò in uno scandalo internazionale, che minacciò di rovinare l'immagine di Krusciov e tutta la strategia della coesistenza pacifica. Ci fu una risoluzione segreta del Politburo, proprio a seguito di quél disastro, che non solo vietava l'uso dell'assassinio nei confronti di esponenti politici esteri, di agenti transfughi ecc., ma che smantellava le corrispondenti strutture del Kgb e del Gru, il servizio segreto militare, i distaccamenti degli specialisti in operazioni speciali, cioè attentati terroristici e ammazzamenti vari». Bandera fu cioè, secondo la sua ricostruzione, l'ultima vittima del Kgb? «Nel caso di operazioni di spionaggio e controspionaggio, sal¬ vo incidenti di percorso, dovrebbe essere stalo l'ultimo», Ma non potrebbe darsi che il Kgb, essendogli vietata l'azione diretta, abbia fatto ricorso, con il tacito assenso dei vertici politici sovietici, ai servizi dei Paesi fratelli? «So a cosa si riferisce. All'assassinio dello scrittore Gheorghij Markov, avvenuto a Londra nel 1978 a opera del sei-vizio segreto bulgaro. La fonte è l'ex generale del Kgb Oleg Kalughin, che afferma di aver dato lui l'ordine. Ma disponiamo solo della sua testimonianza, che non è suffragata da prove o documenti. Può essere anche vero, ma ha l'aria di un'eccezione piuttosto che della regola. Il fatto è che non si registrò, negli anni successivi al 1962, sotto Krusciov, Breznev, Cernenko, Andropov e Gorbaciov, nessun caso di moni violente o sospette di dissidenti o di esponenti politici. Se il Kgb avesse continualo con quei metodi, qualcosa si sarebbe dovuto vedere. C'erano i servizi segreti di tutto il mondo che li tenevano d'occhio». Ma è anche vero che la guerra fredda, e la crisi del socialismo reale, potevano indurre in tentazione. Lei esclude che Andropov abbia potuto ripristinare segretamente quei metodi? «Lo escludo nel modo più assoluto. Andropov, infatti, guardava molto avanti. Era certo che gli sarebbe spellato, prima o dopo, un ruolo di primo piano, Si considerava un politico e ragionava di conseguenza. Cioè si chiedeva come avrebbe pollilo trattare con l'Occidente da pari a pari, con le mani pulite. Si intende per quanto fosse possibile». tilt Cremlino vide il pericolo rappresentato da Wojtyla ma nel partito esisteva un sistema molto complesso di procedure per le scelte importanti. Gli assassini politici erano decisi ai massimi livelli e facevano parte dell'attività di spionaggio interno fino al1962. Per l'estero i criteri erano diversi §j 9j rp

Luoghi citati: Danzica, Londra, Mosca, Urss