Ciompi firma la grazia per Carlesi di Daniela Daniele

Ciompi firma la grazia per Carlesi Su richiesta del ministro Diliberto condonati i sedici anni di pena residua Ciompi firma la grazia per Carlesi 77 detenuto ha sospeso lo sciopero della fame che durava da cento giorni. I medici: è grave Daniela Daniele ROMA Fine del carcere. E basta con lo sciopero della fame. Adriano Carlesi ce l'ha fatta: il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha firmato ieri pomeriggio il decreto di grazia. Per il quarantaquattrenne fotografo di Alessandria, giunto ormai al centesimo giorno senza cibo, ieri è stato il giorno più bello. Ciampi ha firmato su parere favorevole del ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto, condonando al detenuto la residua pena di sedici anni, 3 mesi e 20 giorni. Era stato lo stesso ministro guardasigilli ad avviare, il 7 aprile scorso, la procedura per la concessione del provvedimento di clemenza. Carlesi, detenuto nel carcere romano di Rebibbia, aveva già scontato 11 dei 29 anni e 10 mesi di carcere che gli erano stati inflitti per emissione di assegni a vuoto, truffa e falso, reati per i quali gli sarebbe stata comminata una pena di molto inferiore se il Tribunale avesse riconosciuto il requisito della continuità dei reati e, quindi, la possibilità di scontare contemporaneamente le pene, secondo quanto prescrivono gli articoli 78 e 80 del codice di procedura penale. Da settimane la moglie di Carlesi, Silvana, aveva portato il caso del marito a conoscenza degli organi di informazione fino a quando un gruppo di politici, tra i quali Luigi Manconi, Paolo Cento e Piero Milio, aveva deciso di occuparsi di questa storia che ha dell'assurdo per l'assoluto squilibrio tra i reati commessi e la pena inflitta. La vicenda, che per Adriano Carlesi pare ormai risolta, non mancherà di alimentare ancora il dibattito sulla giustizia. Per due volte, infatti, i legali del fotografo avevano fatto ri¬ chiesta di applicazione della «continuazione del reato» ai giudici di Venezia, ma la Procura generale aveva dato parere sfavorevole. La Corte d'Appello, poi, aveva preso la stessa posizione. Una prima volta, inoltre, la Corte di Cassazione aveva annullato il verdetto, mentre contro il secondo «no» c'è ancora in sospeso un ricorso. L'ultima sconfitta, per Carlesi, risale al 1 ° luglio scorso e il fotografo alessandrino, in una lettera ad alcuni quotidiani, chiedeva: se la magistratura veneziana non è più competente dal 2 giugno come ha detto nell'istruttoria, perché il 1° luglio i giudici si sono pronunciati confermando «graziosamente i trent'anni di pena al sottoscritto?». Il medico che ieri ha visitato il detenuto, il professor Ferracuti, si è detto preoccupato per le sue gravi condizioni di salute, definendole incompatibili con il regime carcerario. Da cento giorni Carlesi non mangiava e beveva soltanto caffè e tè molto zuccherati, dichiarandosi, tra l'altro, deciso a portare la sua disperata protesta alle estreme conseguenze. Due giorni fa aveva scritto una lettera che non lasciava dubbi in proposito: «Temo, purtroppo, che non potrò assistere a un'eventuale riconversione sui giusti binari del mio caso...». Ora dal Quirinale è giunta la parola fine al suo incubo. «Una vicenda paradossale» la definisce Stefano Anastasia, presidente di Antigone, l'associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale. Una storia che «deve indurci a una riflessione: il codice penale non è la Bibbia». Anastasia osserva che «se la sua corretta interpretazione può portare a esiti di tale natura, la Commissione ministeriale per la riforma del codice dovrà trarne qualche utile suggerimento». «Antigone» approva l'iniziativa del ministro Diliberto di inviare al Capo dello Stato le carte relative alla richiesta di grazia. «In questo modo - dichiara - potrà avere soluzione la surreale vicenda giudiziaria di un uomo che, per una miriade di piccole truffe, si è trovato a dover scontare una pena equivalente a un omicidio con qualche aggravante. Se i giudici avessero disposto l'applicazione del cumulo, Carlesi non avrebbe avuto una pena del genere». Aveva deciso di lasciarsi morire per protesta contro un sistema giudiziario che può condannare a 30 anni per reati come truffa e falso I difensori dei diritti dei detenuti «Non si possono cumulare le pene per piccoli reati fino a equipararle all'omicidio Il codice va riformato» Adriano Carlesi il fotografo in carcere da 11 anni

Luoghi citati: Alessandria, Roma, Venezia