La cura del Letto per un'economia fragile di Ugo Bertone

La cura del Letto per un'economia fragile La cura del Letto per un'economia fragile Bankitalia consiglia: usare igiochiper ridurre le imposte Ugo Bertone «Il surplus doyli incassi per il lotto e le lotterie può avere effetti positivi, se utilizzato per abbattere imposte dirette e, soprattutto, indirette». A prima vista, il richiamo alla «Smorfia» da parte degli economisti di Banca d'Italia ha il sapore della provocazione e del paradosso, armi retoriche inusuali por ii bollettino di via Nazionale. Ma l'indicazione è assai meno futile di quanto non appaia a prima vista. L'erario, ci avverte Banca d'Itulia, ha più che raddoppiato tra gennaio e settembre le entrate del lotto, incassando ben 5600 miliardi in più. Di fronte a quest'inatteso tesoro, ci si può comportare in due modi: o rovesciare questi miliardi nel calderone infinito del bilancio pubblico, oppure piegarli ad un uso specifico, come arma anti-inilnzione. Percónon impiegare le entrate del lotto, suggerisce Bankitalia, per ridurre al 10% l'aliquota Iva sulle costruzioni? E così il paradosso del lotto serve a ricordare che, in tempi di economia globale, l'arma del fisco, assieme ad iniezioni di concorrenza nel sistema, è la lova più efficace dello sviluppo e un vaccino potente contro l'inflazione. L'Italia può farcela, insistono gli uomini di Fazio, purché i protagonisti, governo in testa, sappiano giocare le carte giuste, senza guardare in faccia a nessuno. La crescita delle entrate fiscali, perciò, deve essere sfruttata per dare ossigeno alla domanda interna e alle attività produttive; la battaglia contro l'inflazione la si vince solo se si eliminano i nodi strutturali dei seivizi che perseguitano la società italiana del dopo Maastricht. Le tariffe delle assicurazioni, ad esempio. Dal 1996 ad oggi in Francia sono scese dell'8%. Nello stesso periodo, da noi, sono cresciute addirittura del 55%. E i telefoni? In Germania, da inizio anno, le tariffe sono scese del 10% abbondante, in virtù della concorrenza. In Italia, mentre infuriava la battaglia attorno a Telecom, i prezzi sono scesi solo del 2,6%. Intanto, i prezzi dei servizi finanziari sono saliti da noi del 23% contro il 6,5% della Francia. Altro che petrolio. E' nel vizio delle rendite e degli oligopoli che si annida il vero «nucleo duro» dell'inflazione all'italiana, quel morbo che di anno in anno erode di un punto la nostra capacità di competere. Una sorta di virus che alligna in un ambiente che non ò ideale per le imprese. L'inflazione, fanno notare gli uomini di Fazio, si combatte con tante riforme che non costano: quella del diritto societario, del lavoro, di quello fallimentare. Dal bollettino della Banca d'Italia, insomma, emerge il quadro di un motore, quello dell'economia italiana, che, ingolfato com'è, non riesce ad esprimere la sua potenza naturale: l'esplosione delle entrate fiscali potrebbe giocare un ruolo importante nella lotta all'inflazione; un maggiore dinamismo economico potrebbe contrastare il calo della produttività. Il costo unitario del lavoro cresce assai di più che altrove, ma non per effetto dei salari; semplicemente, l'industria italiana vende di meno e, quindi, è costretta a produrre di meno. Il risultato è che, dal '95 ad oggi, ogni anno siamo meno competitivi. Certo, non è il caso di disperare. I 400 mila miliardi incassati dal fisco (+10,2%) offrono al governo munizioni importanti per ridare vigore ad un'economia stanca, che ancora accusa le fatiche del dopo Maastricht. E ci sono altri segnali positivi: la ripresa degli investimenti, ad esempio, grazie ai tassi più bassi da trent'anni a questa parte. Anche dal fronte dell'occupazione arrivano segnali confortanti, almeno dal CentroNord. In un anno, infatti, gli occupati salgono di 256 mila unità, grazie alla maggior flessibilità e al terziario. Purtroppo, il fenomeno non si allarga al Sud dove, dopo' la ripresa degli anni passati, si sono persi 62 mila posti di lavoro. Ma, contro i luoghi comuni dilaganti, il bollettino dimo stra che maggior flessibilità non vuol dire più precarietà. Accanto a più assunti a tempo determinato, infatti, ci sono più lavoratori a tempo indeterminato e a tempo pieno. E' il momento di osare, è il messaggio in arrivo da via Nazionale: ridurrà la prcssio ne fiscale può innescare un circuito virtuoso sul fronte dell'inflazione e contenere il costo del lavoro. Certo, una strategia del genere richiede polso fermo e «correzioni sul l'andamento della spesa previ deliziale». Ma chi se la sentirà di sfiorare il nodo pensioni mentre si avvicinano le sca denze elettorali? Eppure, il terno al lotto potrebbe annidarsi proprio lì... Con minori carichi impositivi le aziende potrebbero stimolare il ritmo di attività che oggi è più basso rispetto agli altri Paesi del Continente

Luoghi citati: Francia, Germania, Italia