«Mi hanno solo chiesto di entrare al governo Ho risposto: caro Massimo no, ho il Giubileo» di Ugo Magri

«Mi hanno solo chiesto di entrare al governo Ho risposto: caro Massimo no, ho il Giubileo» STORIA DI UNA TRATTATIVA CHE E' COMINCIATA E SUBITO FINITA «Mi hanno solo chiesto di entrare al governo Ho risposto: caro Massimo no, ho il Giubileo» retroscena Ugo Magri ROMA PRIMA mi faccia capire: D'Alema per caso ha dichiarato che alle prossime elezioni vuol fare un tandem con me? L'ha detto o non l'ha detto? Non l'ha detto. E allora, per quale ragione lei mi chiede di pronunciarmi su una cosa che non esiste?». La voce di Francesco Rutelli va e viene dal telefono dell'auto che lo porta di gran carriera a Fiumicino, da dove ieri in veste di sindaco è decollato alla volta di Kiev (prima incontri ufficiali con i maggiorenti della capitale ucraina e poi un salto allo stadio, domani sera, per ammirare l'amatissima Lazio). Sono giorni che questa voce del «ticket» elettorale con D'Alema lo insegue, e da giorni lui gioca a rimpiattino, prova a nascondersi. Chi lo frequenta esclude che Rutelli sia in preda a un attacco di falsa modestia: le sue ambizioni politiche sono notoriamente grandi e ben esposte alla luce del sole. Addirittura, secondo una certa vulgata, il ruolo di futuro vice-premier che D'Alema sarebbe pronto a offrirgli potrebbe, in realtà, risultargli stretto. «Ma (poi la voce del sindaco continua a cavalcare le onde radio), le pare possibile che io mi metta oggi a parlare di una cosa, le elezioni, che avverrà tra un anno e mezzo, quando in Italia non si riesce neppure a fare una previsione politica di qui a un mese? Se ci fossero le elezioni anticipate, lei dice... Ma figuriamoci... Per me il solo discuterne è un fatto che costituisce reato...». Clic, cade la linea. Inutile bussare in Campi¬ doglio per cercare altre versioni. Con gli intimi, Rutelli non fa che ripetere fino alla noia lo stesso refrain: «Sono impegnato in una cosa importantissima, molto seria, l'anno prossimo a Roma ci sarà il Giubileo, come sindaco ho un dovere verso la città, ora proprio non voglio farmi tirare in un ginepraio di polemiche». Eppure.un'offerta c'è stata anche se Rutelli minimizza: «Mi hanno solo chiesto di entrare nel governo». Prima che esplodesse questa strana crisi, D'Alema aveva proposto a Rutelli di fargli da braccio destro. Se il rimpasto o il governo-bis fossero andati in porto, per lui era pronta la poltrona di vicepremier, capo-delegazione dei Democratici. I due ne avevano anche discusso in un faccia a faccia. Ma Rutelli era stato lesto a sottrarsi, forse intuendo quanto poi è realmente accaduto, e cioè che comunque non se ne sarebbe fatto niente: «Sono troppo impegnato a Roma, mi spiace Massimo e ti ringrazio, ma è proprio impossibile...». Così il nome di Rutelli è sparito dall'agenda del rimpa- sto, non però da quella di D'Alema. Il quale medita di fare domani, quando gli italiani torneranno a votare, quello che non può fare oggi: presentarsi con un numero due prelevato dalle file dell'Asinelio. Chi potrà dire che l'alleanza è troppo sbilanciata a sinistra con un vice capace come nessuno di catturare voti anche a destra? Tra i fedelissimi del sindaco la perseveranza del premier incassa battute agrodolci e qualche sorrisetto. Già, perché ancora non sono uscite dalla memoria le burrasche esplose tra loro, e le battutacce di D'Alema sul partito dei sindaci («cacicchi», arrivò sprezzantemente a bollarli, Rutelli compreso), e le gelosie che l'allora leader della Quercia provò alle comunali del '97, quando il sindaco travolse Borghini e con la sua lista superò il 7 per cento, mentre D'Alema ebbe un successo stri- minzito, comunque inferiore alle attese. Rapporti tesi anche poi, quando nacque il partito dell'Asinelio, e Rutelli fu in prima fila nell'atto di fondazione. «Da Palazzo Chigi giunsero segnali minacciosi», svelano oggi in Campidoglio. Infine, dopo Ferragosto, tempo dei flirt estivi, ecco la svolta. Succede che i due scoprono di avere interessi comuni. Li unisce l'Ulivo, di cui D'Alema è diventato nel frattempo supporter. E Rutelli, che fino a quel momento aveva rapporti assai stretti con l'altro gallo di Botteghe Oscure, cioè Veltroni, scopre nel premier un'utile sponda. Ulivista il sindaco è sempre stato, ma lo diventa ancora di più quando si accorge che Di Pietro, trincea dopo trincea, sta conquistandosi l'intero Asinelio. E a trovarsi nel partitino dell'ex pm Rutelli non pensa proprio: meglio, molto meglio che i Democratici si immolino ad un progetto più grande, più ambizioso, appunto l'Ulivo-bis vagheggiato dal premier. L'asse con D'Alema sulle prime funziona. Addirittura Rutelli, in un'intervista a Repubblica dei primi di ottobre, annuncia una fase nuova nei rapporti Palazzo Chigi-Asinelio. Ma sul futuro, che appare imperscrutabile, il sindaco tiene le carte coperte: dipende, si vedrà... «Mi sembra altamente improbabile che accetti», sussurra uno tra i più fidi consiglieri: «Secondo me, non lo incastrano neanche con le catene». Lui al massimo, con gli amici si lascia scappare qualche battuta tipo questa. Il ticket? «A parole, potrei dargli il 20 per cento delle probabilità. Che poi si faccia davvero, gliene darei lo 0,01 percento...». Il sindaco spiega «Come si può parlare del voto che avverrà tra un anno e mezzo? Discuterne è un fatto che costituisce reato» E confida agli amici «Il ticket? A parole posso dargli il 20% Farlo davvero? Allora gli do lo 0,01 per cento» . o i e % ? o » Il sindaco di Roma Francesco Rutelli uno degli esponenti di spicco dell'Asinelio «Siamo alle soglie del Duemila e io sono troppo impegnato con il Giubileo per pensare ad altro»

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