«L'Italia cambi strada sull'occupazione»

«L'Italia cambi strada sull'occupazione» Uno studio sui Paesi Ocse ci affibbia il fanalino di coda. «Necessari più flessibilità e part-time» «L'Italia cambi strada sull'occupazione» Il Fondo monetario: distrutti 40 mila posti all'anno ROMA Proprio ora che i posti di lavoro in Italia stanno crescendo, perché si è cominciato a cambiare strada, uno studio del Fondo monetario internazionale viene a confermare quanto siano stati gravi i disastri del passato. Negli anni dal 1980 al 1997 tra i 21 maggiori Paesi industriali il nostro, quasi una «maglia nera», è uno dei pochi che hanno distrutto posti di lavoro invece di crearne. Peggio hanno fatto solo la Svezia e la Finlandia; se il mal comune può consolare, Francia Austria e Belgio non hanno fatto gran che meglio. Il «miracolo», come ormai tutti sanno, è avvenuto negli Stati Uniti. Dallo studio del Fondo mone¬ tario risulta che l'Italia non solo non è riuscita a creare nuovi posti, ma ne ha persi a un ritmo dello 0,18% l'anno, in pratica 40 mila posti. Il dato è ancora più allarmante se si considera che il nostro Paese ha un tasso di disoccupazione che supera il 12%, contro una media Ue dell' 11,5 e una media Usa del 4,5%. Nella classifica stilata dal Fondo l'Italia figura al diciannovesimo posto, ma proprio il mix tra scarsa capacità di creare lavoro e alto tasso di disoccupazione che caratterizza il Paese ci colloca di fatto in una posizione difficile. Agli specialisti era già noto da qualche mese questo lavoro svolto per il Fmi da due italiani, Pietro Garibaldi e Paolo Mauro: fu presentato a un seminario riservato tenuto dal ministero del Tesoro nel giugno scorso. L'analisi di ciò che è avvenuto non era ovviamente mirata a dare pagelle a questo o a quel Paese, ma a capire, confrontandoli, quali errori occorre evitare e quali misure possono essere utili. I dati confermano l'opinione ormai prevalente che diminuire le tasse e accrescere la flessibilità aiuta a creare nuovi posti di lavoro. Al contrario non è confortata da prove, negli anni e nei Paesi presi in esame, un'altra idea diffusa tra gli economisti, che indennità di disoccupazione troppo alte favoriscano la pigrizia, ovvero causino una disoccupazione volontaria. Spiacerà ai dirigenti sindacali apprendere che nei 21 casi studiati si riscontra che in media i Paesi dove i sindacati hanno più iscritti sono quelli dove l'andamento dell'occupazione è meno favorevole; con una importante eccezione in Francia, dove i sindacati sono storicamente deboli ma i posti di lavoro non sono comparsi lo stesso (e i due autori sono piuttosto prudenti nell'attribuire significato a questa correlazione). Chiari sono soprattutto gli indizi a favore della flessibilità, misurata secondo gli indici calcolati dall'Ocse qualche anno fa, e che classificavano l'Italia come Paese con le norme più rigide, la Spagna poco meno (negli anni recenti molto è cambiato in Spagna, dove si è avuta una crescita negli impieghi temporanei, e qualcosa anche in Italia). Peraltro i primatisti nella classifica dei posti di lavoro creati dal 1980 al 1997, Australia Stati Uniti e Canada, oltre che Paesi dove licenziare è facile sono anche Paesi di massiccia immigrazione; mettendo in conto questo fattore, solo la prestazione degli Usa viene considerata straordinaria. Proprio per questo motivo ai due economisti Fmi interessa molto l'esempio olandese, per mostrare che si può fare molto per l'occupazione anche in un Paese europeo «maturo» (e senza scelte politiche che lacerino la società). Per metà, il boom dei posti di lavoro nei Paesi Bassi è da attribuire a impieghi a tempo parziale accettati da donne tra i 25 e i 49 anni, principalmente nel settore dei servizi. Questo può sembrare un limite, perche se in quel caso i nuovi posti part-time non hanno affatto distrutto posti a tempo pieno già esistenti, altrove una limitata perdita si è avuta. In linea generale, lo studio del Fmi raccomanda di puntare sul tempo parziale piuttosto che sul contratto a termine, come ha fatto la Spagna in tempi più recenti. «Tuttavia - concludono Pietro Garibaldi e Paolo Mauro le misure per accrescere la diffusione del part-time non possono essere considerate un espediente per ritardare le altre necessarie riforme del mercato del lavoro». Quanto a numeri, l'Italia risulta aver avuto nei 18 anni dal 1980 al 1997 una riduzione dei posti di lavoro dello 0,18% all'anno; in Europa, il miglior risultato è appunto quello dell'Olanda, + 1,26% all'anno, con le regioni occidentali della Germania a metà classifica ( + 0,47%) e la Spagna piuttosto indietro ( + 0,35%) proprio perché gli ultimi anni sono esclusi. Limitando il confronto ai dati disponibili sugli Anni 90 (1990-97) è sempre in testa l'Olanda con +1,82%, ma negli altri Paesi continentali sono parecchi i segni meno, con -0,07% per la Francia, -0,08% per la Gran Bretagna; l'Italia è a -0,64%, penultima la Svezia con -1,87%, ultima a -1,96% la Finlandia che però è un caso a parte per le ripercussioni che ha subito dal crollo dell'Urss. [r. r.] Il rapporto tra il 1980 e il '97 Peggio hanno fatto soltanto la Svezia e la Finlandia Male anche Francia e Austria BATTUTI DAGLI SCANDINAVI (La creazione o distruzione di posti di lavoro fra il 1980 e il 1997) PAESE VARIAZI0NE MEDIA P0STI 01 AUSTRALIA 1,72 USA 1,58 CANADA 1,37 PAESIBASSI 1,26 SVIZZERA 1,09 NUOVA ZELANDA 1,09 GiAPPONE 1 IRIAN DA 0,95 NORVEGIA 0,83 GRECIA 0,83 PORTOGALLO 0,59 GERMANIA OCC. 0,47 REGNO UNITO 0/42 DANIMARCA 0,39 SPAGNA 0,35 AUSTRIA 0,27 FRANCIA 0,14 BELGIO 0,05 ITALIA -0,18 FINLANDIA -0,37 SVEZIA -0,43

Persone citate: Paolo Mauro, Pietro Garibaldi