Pacchi-bomba, tornano le piste anarchiche di Giovanni Bianconi

Pacchi-bomba, tornano le piste anarchiche RISORGONO ANCHE LE VECCHIE SIGLE A TRENT'ANNI DALLA MORTE DI GIUSEPPE PINELLI Pacchi-bomba, tornano le piste anarchiche Messaggi, riviste, Internet: così ^«Organizzazione» resiste retroscena Giovanni Bianconi ROMA TORNANO i pacchi-bomba a Milano e tornano le «piste anarchiche», puntuali ad ogni allarme o psicosi di attentati, veri minacciati o falsi che siano. Stavolta risorge anche una sigla, «Angry Brigade», la «Brigata arrabbiata» fondata da una vecchia bandiera dell'anarchismo internazionale, Stuart Christie. E tornano le foto sbiadite di Giuseppe Pinelli, il ferroviere entrato vivo e uscito morto dalla Questura di Milano, volando da una finestra del quarto piano all'indomani della strage di piazza Fontana. Trent'anni fa. Ora siamo vicini a quell'anniversario, 15 dicembre 1969, e si ricomincia a parlare di anarchici che ci sono e ci sono sempre stati, divisi dalle sigle e dalle stragi, ma uniti nel rifiutare ogni dialogo con lo Stato e l'autorità costituita. E uniti nel celebrare il ricotdo «del compagno Pinelli». Sull'ultimo numero di «A - Rivista Anarchica», mensile che esce dal 1971, è riportata la lettera di un militante rivolta al prefetto di Firenze Achille Serra, il quale lamentava l'oblio in cui sarebbe caduta la figura del commissario Luigi Calabresi, all'epoca accusato del«suici- dio» di Pinelli e assassinato due anni e mezzo dopo, nel maggio del 72. «Sul caso dell'omicidio Calabresi - scrive il lettore - faranno chiarezza, si spera, i giudici della revisione del processo a Bompressi, Pietrostefani e Sofri. Per altri non è stato né osservato il culto della memoria né compiuto chiarimento alcuno... Ma si rassicuri il Serra: come vede non tutti gli italiani dimenticano. Di certo non lo fanno gli anarchici». Oltre alla «Rivista Anarchica» esce tutte le settimane «Umanità Nova», fondato da Enrico Malatesta, e da qualche tempo proliferano i siti Internet dove si possono trovare ogni tipo di informazione sulle attività dei gruppi sparsi in tutta Italia. Lì, ad esempio, parlano tra loro gli «squatter», che però sono stati da tempo isolati, come altre frange anarchico-insurrezionalista dalle formazioni tradizionali raccolte nella Fai, la federazione anarchica italiana. Gli investigatori che seguono questo e altri fenomeni eversivi o para-eversivi datano questa spaccatura da qualche anno, «da quando il Fai ha decretato la condanna della violenza e delle singole azioni terroristiche». Anche i gruppi più violenti e proprio per questo meno visibili, semiclandestini, hanno le loro riviste e luoghi di discussione. Una è «Canenero», che l'anno scorso ha ristampato il «Manuale dell'anarchico esplosivista», nel quale vengono illustrati almeno tre metodi per costruire un ordigno preparato con lampadine e batterie, del tipo mandati in circolazione nell'estate del '98. E per costruire quei pacchibomba basta seguire le istruzioni dopo aver trovato il materiale in un qualunque negozio di ferramenta. Da due anni si trascina a Roma un processo davanti alla corte d'as¬ sise contro un gruppo di 38 presunti militanti dell'«Organizzazione rivoluzionaria anarchica insurrezionale», accusati di «associazione sovversiva», furti, rapine e tentato omicidio, intorno ai quali circolavano altre riviste come «Anarchismo, «Provoc-azione, e «Gas-Gruppo anarchici spaziali». A mettere in piedi il processo sono state le dichiarazioni di una «pentita», l'iraniana Mojdeeh Namsetchi, che è stata compagna di vita e di militanza di uno dei principali imputati, Carlo Tesseri. Fu proprio lui a reclutarla, confidandole - ha raccontato ai giudici - «di essere un rapinatore e di far parte di un'organizzazione anarchica, che usava metodi violenti... Lui e i suoi compagni erano intenzionati a colpire soltanto lo Stato e le istituzioni in genere, in tutti i modi possibili». Per il gruppo, «le rapine altro non erano che una forma di espropriazione nei confronti dello Stato per riprendersi ciò che invece ap¬ parteneva al popolo». Secondo le dichiarazioni della pentita, le rapine servivano anche a finanziare il giornale «Canenero» e a sostenere le spese di chi finiva in galera: il suo compagno le scrisse dal carcere dicendole «di non preoccuparmi per l'aiuto economico perché a ciò provvedono i compagni..., con i soldi provenienti dalla cassa comune nella quale veniva depositato il 50 per cento dei proventi delle rapine». Nell'elenco degli imputati di quel processo compare anche Horst Fantazzini, l'ex-bandito gentiluomo degli anni Sessanta e Settanta, che si politicizzò in carcere e sta ancora in cella, con un fine pena fissato nel 2016. Dalle sue gesta rocambolesche, lo scorso anno, fu tratto un film, «Ormai è fatta». Per i reati che gli contestano Fantazzini si dichiara innocente, ma nonostante ciò continua a rifiutarsi di rispondere alle domande dei magistrati. Lui, da vero anarchico, con lo Stato non parla. «Canenero» ha ristampato il manuale dell'esplosivista ed è facile imparare a costruire un ordigno «Duello» col prefetto Serra sul ricordo di Calabresi Qui accanto Giuseppe Pinelli il ferroviere morto nella Questura di Milano il 15 dicembre di trent'anni fa A destra il prefetto di Firenze Achille Serra

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano, Roma