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Gusti & disgustiGusti & disgusti MADAMA c'aro, daga 'n bel bicer 'd barbera» chiedevano, quasi fosse una supplica, gli habituès del bere in Monferrato. Stretto dialetto per un'ampia richiesta di vino. Il «bel bicer» non implicava alcuna voglia estetica, bensì nascondeva, ma neppure tanto, un'esigenza di pronta bevuta. E il vetro del bicchiere era spesso e rustico, pesante quel tanto per stare ben sicuro sul tavolo della piola. I tempi, oggi, sono davvero cambiati: difficilmente la richiesta-comando è espressa in piemontese e l'ordinazione del vino non è più generica (il vino desiderato è più volte corredato dall'annata di produzione e dal nome della casa vitivinicola). Giunge così, in piena sintonia con la realtà attuale, l'incontro avvenuto nella foresteria di Casa Brina della famiglia Bava a Cocconato d'Asti. Oltre ovviamente ai produttori di vin barbera Bava, c'erano altri prestigiosi nomi dell'unoverso enologico, primo fra tutti Angelo Gaja, sì, proprio quello del famoso Barbaresco. Tema del dibattito è stata una dotta e originale disquisizione su quale bicchiere usare per centellinarsi una delicata o rude Barbera (l'articolo lo preferiamo al femminile, essendo già maschile il vitigno). Bicchiere panciuto o più affusolato, con rotondità accentuata oppure più stretta? I pareri, si sa, sono discordi, ma l'essenziale è che il vino sia quello giusto e il bicchiere elegante. Non a caso, al sibaritico summit di Cocconato ha partecipato, ospite illustre, l'austriaco Georg Riedel, produttore degli artistici calici di degustazione che nei più raffinati ristoranti del mondo accompagnano altrettanti celebri vini. Bene, è questa una convincente testimonianza che la bevuta, ormai, è una ritualità di alto profilo e che il vino, quello davvero buono, va rispettato e trattato con somma attenzione. Riedel, «carrozziere» del bel bere, conferma che l'industria di Bacco si sta perfezionando anche se sono ancora troppi coloro che fanno e vendono vino che nulla ha che fare con la professionalità.