Stregati dal '900 di Sandro Cappelletto

Stregati dal '900 Stregati dal '900 A nche un dettaglio rivela la solidità del rapporto L\ di un Teatro con il suo pubblico. Tanto per /Vprnvare che cosa poteva accadere, sono stati messi in vendita duecento abbonamenti alle prime - le recite più esclusive e «salottiere» - riservati però esclusivamente alle sei opere create nel Novecento presenti nel cartellome. «Madama Butterfly» ( 1904) di Puccini e «Carriera di un libertino» (1951) di Stravinskij li posso comprare a scatola chiusa, sono ormai storia, repertorio. Anche la compagnia di danza di Merce Cunningham è una consolidata realtà artistica. Ma chi ha familiarità con il teatro musicale di Penderecki; chi ricorda quanto Pizzetti sia stato protagonista di un Novecento musicale italiano un tempo sopravvalutato, ora in gran parte rimosso; chi saprà associare il «Wozzeck» non ad Alban Berg, ma allo sconosciuto compositore tedesco Manfred Gurlitt, anche lui attratto dal dramma di Biichner e autore di un'opera che sarà rappresentata in Italia per la prima volta in forma scenica? Una mattinata e i duecento posti sono andati esauriti. Rischio per rischio, perché escludere che il prossimo anno il Teatro giochi la sfida di una prima assoluta, di una nuova commissione, assente da troppo tempo? Quei duecento entusiasti confermano la principale tendenza emersa da una minuziosa ricerca compiuta dall'Istituto di ricerche economicosociali del Piemonte: il pubblico della lirica magari non aumenta nei numeri assoluti, ma chi ci va ritorna, perché dal Regio esce soddisfatto. Quattro spettatori su cinque giudicano infatti buona, se non ottima, la qualità artistica, a cominciare dalle prestazioni dell'orchestra, del coro, dei direttori. Pubblico consapevole, curioso, mediamente non vecchio, per il 75% laureato o diplomato, più ricco di «capitale culturale» che di «capitale economico», in una città che sta imparando a coniugare cultura ed economia. Il Regio consegna di sé una buona «immagine interiore», e ne approfitta: a cantare il duca di Mantova chiama Tito Beltran, per scalare i precipizi della vocalità rossiniana sceglie Maura Maurizio. Ma se il direttore artistico è Claudio Desderi, che da anni si dedica a scegliere e formare nuovi interpreti, ho il dovere di andare ad ascoltare. Scoprendo magari che saranno proprio le scelte di un cantante a calmierare il mercato delle voci. Deliziosa pena del contrappasso. L'apparizione di Mirella Freni - una voce, un altare, una fiaba divistica - nel ruolo della donna più stupidamente spietata della storia del melodramma, la principessa Fedora Romazov, compenserà le attese di chi al teatro d'opera richiede icone da venerare. Lo è anche Richard Bonynge, che da quando è uscito dal cono d'ombra della carriera della sposa Joan Sutherland ha recuperato una sorprendente brillantezza. Dirigerà «Orfeo all' inferno», coraggioso sberleffo di Offenbach alle sorti progressive dell'Ottocento, all'imponenza del mito fondatore dell'opera in musica. Lo è Ruggero Raimondi, chiamato a ritagliare il suo temperamento di interprete sul ruolo aspro dell'arcivescovo Becket, protagonista di «Assassinio nella cattedrale». Quando si alzerà il sipario sul «Rake's Progress» di Stravinskij, il Regio potrà esibire i trofei di due vittorie preliminari, e indispensabili: anzitutto è riuscito a modificare, in parte, il parametro delle «medie storiche», che per quanto riguarda il finanziamento pubblico lo penalizzava rispetto ad altri teatri meno competitivi, più affollati per numero di dipendenti, non altrettanto trasparenti nei bilanci. Ma ancora più arduo è stato persuadere alcune realtà economiche cittadine che questo non è una realtà di provincia, schiacciato dall'immagine della Scala, così vicina da persuadere alcuni intellettuali cittadini a chiedere al loro teatro una sostanziale abdicazione al proprio ruolo di museo del repertorio lirico per trasformarsi in esclusivo testimone della contemporaneità. Perché pensare alle due ipotesi in termini antagonisti? Il Regio è diventato, come prescrive la nuova legge, Fondazione e crede così tanto al ruolo dei privati impegnati nella difesa dell'arte musicale che, astutamente, ha offerto loro la maggioranza nel Consiglio di amministrazione, quattro posti su sette. Alcuni sindacati guardano l'operazione con timore, altri con rinnovate pretese. Risanato e produttivo il Regio lo è già, se sia anche pacificato lo verificheremo presto. Sandro Cappelletto

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