La discografia italiana soffre di un male: il dilettantismo di Gabriele Ferraris
La discografia italiana soffre di un male: il dilettantismo ROCK E DINTORNI La discografia italiana soffre di un male: il dilettantismo diofonici o abilità, majors ano sioni ■ L salone torinese Musica 2000 I ha offerto non pochi spunti di I discussione sul male che sta consumando il nostro mercato discografico. Sul banco degli imputati finiscono regolarmente i network radiofonici, la cui decerebrata programmazione sta desertificando la scena italiana. E'un meccanismo perverso: c'è, da parte del pubblico, meno interesse per il pop; di conseguenza le radio puntano sul sicuro, ovvero sui successi; ne derivano playlist tutte uguali, e corrive; e dunque improbabile che un artista nuovo e originale arrivi al successo; ergo, i discografici non investono in artisti nuovi e origina- li; in mancanza dei quali, l'interesse del pubblico per il pop diminuisce sempre più. Resta da spiegare chi decide quali siano i «successi» da programmare. L'ingenuo ascoltatore presume che siano i disc-jockeys. Falso: i disc-jockeys oggi sono semplici conduttori. Spesso, trattasi di ragazzoni che urlacchiano in un microfono concetti tarati sulle capacità intellettuali di una lumaca con ritardi psichici; e la loro cultura musicale è mediamente inferiore a quella di un pastore afgano. Ufficialmente, i dischi vengono selezionati da appositi «programmatori» in base a criteri di «radiofoniche»: in parole povere, tutto quello che giudicano utile per mantenere alti gli ascolti e trasformare, con l'ausilio di un'autoradio, una qualsiasi Renault Clio nera in una discoteca viaggiante. In realtà elementi diversi, e non sempre limpidi, condizionerebbero tali scelte: al limite, fanno capire gli addetti ai lavori, c'è qualcuno (sempre gli altri, beninteso) che becca i soldi dai discografici per trasmettere una certa canzone. Ma non vogliamo tediarvi con miserie che spetterebbe ad altri provare e denunciare (magari alla magistratura). Ci domandiamo piuttosto se sia giusto gettare la croce soltanto addosso ai poveretti che, sfuggiti ai lavori agricoli, campano facendo della musica carne da macello. Pure la discografia ha le sue belle responsabilità. Pensate a quel che è capitato con l'ultimo album di Pino Daniele: erano convinti di venderne ottocentomila copie, se va di stralusso arriveranno a trecentomila. Sono saltati budget, bilanci, investimenti. Di conseguenza, mancheranno i soldi per produrre e promuovere il lavoro di altri artisti, specie se giovani. Sfortuna, dite voi? Macché: bastava ascoltarlo, quel disco, per prevedere che si andava a un bagno di sangue. Chi non l'ha capito, è un dilettante. Ecco il male vero della discografia italiana. Il dilettantismo. I network radiofonici hanno le loro belle responsabilità, ma anche le majors spesso sbagliano scelte e previsioni Gabriele Ferraris
Persone citate: Pino Daniele
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