Arendt e McCarthy, due donne che hanno avuto ragione

Arendt e McCarthy, due donne che hanno avuto ragione Arendt e McCarthy, due donne che hanno avuto ragione RECENSIONE Masolino • d'Amico LI AMICIZIA tra la filosofa ebrea tedesca Hannah Arendt, residente soprattutto a Chicago, e Mary McCarthy, la romanziera e polemista americana di origine irlandese (ma con ima nonna ebrea. Apprendendolo, Berenson commentò: «Dio mio, sono proprio "tutti" ebrei?»), residente soprattutto in Europa, ha lasciato durante un quarto di secolo 225 lettere e comunicazioni più brevi, di cui 133 della McCarthy, d'abitudine assai meno concisa dell'altra. Il libro che risulta dalla loro giustapposizione contiene la crona,:ca di un rapporto fondato oltreché sull'affetto, su di una reciproca stima intellettuale; segue i casi di alcuni conoscenti comuni anche piuttosto illustri; e là ripercorrere stagioni della Storia di ieri. Entrambe le formidabili donne più impulsiva, caustica e appassionata la McCarthy, più riflessiva e profonda la Arendt - commentano quanto avviene nel mondo, e non di rado prendono posizione pubblicamente; e come oggi risulta chiaro hanno, di solito, ragione. Ha ragione, per esempio, la McCarthy quando a Parigi, dove abitava col quarto e definitivo marito, un diplomatico statunitense, vede lucidamente quanto fossero ridicoli gli intellettuali francesi nelTabbracciare la moda sessantottina («E il gruppo di Tel Quel che pubblicava manifesti secondo cui tutta la letteratura, d'ora in poi, dev'essere marxista-leninista»). Ha ragione la Arendt quando, malgrado gli attacchi dei sionisti, riferendo del processo a Eichmann, che ha seguito dal vivo, diminuisce la statura dei persecutori parlando di banalità del male e mettendo la stupidità alla base della malvagità, mentre al contempo non tace sui compromessi e le piccole viltà delle vittime. Non di rado le due amiche si interrogano sui massimi sistemi, e una volta alla McCarthy che deplora la moderna, ricattatrice ossessione per l'eguaglianza a tutti i costi, anche qui avvertendo i sintomi di uno dai tormentoni, della nostra epoca (è il 1964, molto prima dell'invenzione della formula «politically correct»), la Arendt risponde memo- RECENMas• d'A rabilmcntc, spiegando che la grande molla dell'insoddisfazione moderna è l'invidia. L'invidia è sempre esistita, ovviamente, ma prima esistevano delle ragioni (religiose, etiche, sociali...) per accettare la propria condizione senza fare troppe storie. «La virtù di tutte le aristocrazie mi pare risieda nel fatto che la gente sa sempre chi è e quindi non fa paragoni con gli altri, Quésto costante paragonare è veramente la quintessenza della volgarità». Altre volte il discorso è piii frivolo, pettegolezzi su conoscenti, che magari si chiamano Robert Lowell oWystanAuden: nel 1970 quest'ultimo attraversa un periodo di depressione tale che Stephen Spentler prende in considerazione l'idea di IONE ino ico largii sposare la Arendt («E' proprio il comportamento tipico di un omosessuale - voglio diro quello di Spender - commenta la McCarthy - che è stato sposato per vent'anni e sa cosi poco del matrimonio che viene fuori con un'idea del genere»). Altre volte ancora una delle due legge e corregge le bozze dell'altra, la McCarthy per migliorare l'inglese della Arendt, la Arendt per precisare concetti o citazioni della McCarthy. t Fra gli amici di cui la McCarthy va più fiera c'è l'italiano Nicola Cniaromonte, la cui morte nel 1972 la getta nella disperazione; verso l'establishment culturale romano è tuttavia meno tenera, almeno inizialmente: nel 1960 si lamenta di un salotto dove l'ha portati! Moravia e dove nessuno le rivolge la parola tranne un simpatico giovane lombardo «non ancora romanizzato», che la intrattiene vivacemente sul teatro (sarà Arbasino?). Non che gli ambienti letterari londinesi se la cavino necessariamente meglio. Nel 1970 questi sono dominati da «un'assurda e gigantesca australiana» (Gerniaine Greer), che fa battute tipo «Dobbiamo far capire che scopare è un atto "politico"»; e Sonia Orwell può raggiungere il sublime dello snobismo britannico quando dice di un tale: «Auschwitz, oh, cara, no! Quella persona non è mai stata ad Auschwitz, ma in qualche campo di concentramento molto "meno importante"». Si parla di timore; prima di trovare l'approdo definitivo con l'ultimo marito James West, la McCarthy ha una sbandata per un poco di buono che lucidamente descrive come tale alla confidente, la quale le risponde con molto equilibrio e spregiudicatezza. Si parla di politica, di Vietnam, di Nixon, di Cile (la McCarthy • raccoglie fondi per aiutare i perseguitati e la Arendt aderisco subito); si parla di viaggi, e Mary manda all'amica vivide descrizioni spesso di un'Italia meno ovvia, le costruzioni nonnanne in Puglia e Basilicata, la Sicilia prima che venisse di moda. C'è la storia dei libri che le due scrittrici stanno scrivendo, e la cronaca delle accoglienze che questi ricevono. C'è, insomma, molta più roba di quanta possa essere anche solo sfiorata in una recensione. E ci sono note puntuali, per la verità a beneficio di un pubblico americano cui bisogna spiegare che gli Agnelli sono i padroni della Fiat; si sarebbero potute aggiornare un po', con l'occasione restituendo il suo vero cognome a Gaia Senzadio. Autorizzato a intervenire nel lavoro della curatrice, io confesso che avrei messo davanti ai cognomi delle corrispondenti quell'articolo che ella, ahimè ligia appunto al politically correct, omette, certo facendole rivoltare nella tomba. Dice infatti «la» Arendt (p. 173), parlando di una laurea ad honorem che ha avuto insieme con Margaret Mead («un mostro») e Marianna Moore («un angelo»): «Dopo di che Mead (mèglio usare solo il cognome, non perché sia un uomo, ma perché certamente non è una donna)»... IL CARTEGGIO DAL 1949 AL 1975 FRA LA FILOSOFA TEDESCA E LA SCRITTRICE AMERICANA : UN APPASSIONATO CONFRONTO DI IDEE, POLITICA E CULTURA, LIBRI E VIAGGI, UMORI E AMORI L'una più riflessiva e profonda, l'altra più impulsiva e caustica, hanno sempre saputo «prendere posizione», dall'Olocausto al '68, dal Vietnam al Cile al primo femminismo, con giudizi che ii tempo ha confermato. Un'amicizia vera, non solo intellettuale I carteggio tra Hannah Arendt (a sinistra) e Mary McCarthy è pubblicato da Sellerio, a cura di Carol Brightman: un quarto di secolo, dal 1949 al 1975, attraverso 225 lettere Tra amiche: la corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy, 1949-1975 a cura di Carol Brightman, trad. Amineh Pakravan Papi Sellerio, pp.716,L. 45.000 EPISTOLARIO