PININFARINA

PININFARINA PININFARINA JHBRBHI^^^BH^HHHi^^BHHSHHBHHHSHI^HB^H^^BHBBHEBBHSBMM^BHHH&n^BOHKBMB^HHHHHSMHBIBBHEBHBI Larte di vestire la velocità: un'avventura Atra sogno e tecnica CISITALIA E GIULIETTA SPIDER, FERRARI TESTAROSSA E DARDO: «SCULTURE IN MOVIMENTO» CHE HANNO AFFASCINATO PRINCIPI, SCRITTORI E ARTISTI, DA ROSSELLINI A BENEDETTI MICHELANGELI Bruno Quaranta DAGLI Anni Trenta veste la velocità. Cartavetra, depurandola di ogni vanità, l'idea di lusso. Omaggia la verità secondo cui la forma è sostanza, è essenza, è il prototipo. Nutre il sogno della «scultura in movimento», secondo Arthur Drexler. Testimonia la nobiltà dell'artigianato, mantenendola intatta - supremo esercizio - nell'era che esige la produzione in serie. (L'oggetto unico degli esordi, intonato all'elitaria clientela d'antan, avvinghiata al culto dell'inimitabilità, cederà il passo alla fuoriserie in serie, «una specie di media - la descrisse Guido Piovene - tra l'indole industriale del nostro tempo e l'indole vana degli uomini»). Da oltre mezzo secolo sa, torinesemente (nella periferia di corso Trapani si allargarono i primi stabilimenti, ora la scintilla si sprigiona a Grugliasco), che cos'è un capolavoro, che la vita o è stile o è errore, che cosa significa essere malati di perfezione, come intrecciare, esaltandoli, esaltandole, l'estro e lo spirito geometrico, l'anima ingegneresca e l'anima «fuorischema». «Pininfarina», dunque, un'avventura ripercorsa per i tipi di Electa (pp. 192, s.i.p.) da Decio Giulio Riccardo Carugati, un viaggio fra tecnica, poesia, ethos, corredato di immagini storiche e metafisiche. Di modello in modello. Non una leggenda, ma una concreta favola, una sfida in punta di matita, magica, sottile, tenace, sino a riuscire nell'impresa di circumnavigare il pianeta, di lasciare un po' ovunque un'orma, un sigillo di bellezza. Fu un principe indiano, il maharaja di Orchha, a scorgere il diamante nell'officina subalpina, a esigerlo, a voler trasfigurata la «solita» Cadillac, sdebitandosi cosi verso Guido Gozzano inutilmente spintosi nella cuna del mondo alla ricerca di un balsamo, di un talismano. Come le falene intorno al brillio, dal brillio calamitate. Le celebrità che rinnovano il blasone scegliendo Pininfarina sono teste coronate, acrobati della parola e del gesto - ovvero attrici, attori, registi -, case automobilistiche in debito d'anima o non paghe dell' originaria, ancorché mitica anima, bisognose di un soffio capace di accendere la nuda materia, di autenticare la potenza. Provando e riprovando, la divisa di un'eccelsa accademia, di continuo interpretata mettendo «a broa», a filo, secondo il lessico della pregiata Carrozzeria, delle «chiavi a stella» che la innervano. Leopoldo del Belgio, ricevuta nel 1953 la Ferrari 342 America Cabriolet, non indugiò a reclamare alcune modifiche: troppo dura la sospensione laterale, mal congegnato, scomodo, il sedile. Sergio, il figlio di Pinin Farina (Pininfarina dal 1961, per decreto quirinalizio), l'attuale timoniere o pilota, raggiunse il castello di Lenken, tornò sotto la Mole guidando la 342, fece eseguire i ritocchi. Non batterono ciglio, invece, Roberto Rossellini e Ingrid Bergman, sulla Ferrari 375 Mille Miglia. Né la PF 200 dettò a Renato Rascel una battuta che non fosse di ammirata adesione all'opera. E Vittorio Gassman «sorpassa» spensierato a bordo della bianca spider B 24. E Cary Grant al volante di una spider Alfa colleziona cuori in «Caccia al ladro». E Dustin Hoffmann in «Il laureato» porge l'alloro all'Alfa Romeo Duetto. La linea Pininfarina. Un'assoluta coerenza. Dal fondatore («Una linea è ok quando è tesa e legata correttamente alle estremità. L'automobile può essere arrotondata, ciò nonostante non è molle») al successore («La purezza» come «il culmine del disegno a linee tese e superfici piane»). Un'identità che riflette la miglior arte universale, che si definisce trascendendo i confini dello stabi- limento. «Non vi è chi non veda qualcuno ha osservato - il rapporto intercorrente fra i ponti di Robert Maillart, le creature di Pinin Farina, le sculture di Jean Arp, Henry Moore e Alberto Viani». Oggi non meno di ieri, con la differenza forse - le estreme invenzioni Nautilus e Alfa Romeo Dardo - che è il design industriale a orientare le altrui miniere di genialità. La forza, la necessità primigenia di osare. E osando stupire e conquistare non unicamente gli esteti, gli intimi dei circuiti deputati. L'Italia umiliata, a pezzi, sfasciata del secondo dopoguerra ritrovò la dignità, il rispetto, grazie anche al carrozziere optimus. Correva il 1946, il Trattato di Pace sarebbe stato firmato nel 1947, in febbraio. Il nostro Paese non era tra gli invitati al Salone di Parigi. Ma Pinin non volle rinunciare alla vetrina. Raggiunse con il figlio - e un'Aprilia e un'Alfa - la capitale francese, parcheggiò davanti al Grand Palais, mietette applausi e ordinazioni. «Le Figaro» titolò: «Inaugurati il Salone dell'auto e il controsalone di monsieur Pinin Farina». Parigi. E New York, il Museum of Modem Art che accoglie dal 1947 la Cisitalia 202, la berlinetta della svolta, una fra le tante svolte: «A suggerirmela - spiegherà l'Artefice - è stata la speranza di una società combinata meglio, la fiducia ne! nostro lavoro... Per ottenere questo avevo rotto con tante regole incrostate di ruggine, che andavano forse bene quando uno per salire su una automobile si vestiva come un cacciatore d'orsi...». Nel '55, con l'Alfa Romeo Giulietta Spider, l'ulteriore rivoluzione o fuga nel futuro: debuttano gli stampi, è la dimensione industriale a chiedere, imperiosamente, la precedenza. Secoli e giganti e prodigi fa, avveniristiche figure nelle stagioni che allevavano il boom, l'arditezza piccolo-borghese di andare ai cento all'ora. (Pinin aveva toccato i 161 chilometri orari sulla Roma-Ostia nel '36, con l'Aprilia Aerodinamica). Regnava Pinin Farina, regnava, a Maranello. il Drake, alias Enzo Ferrari. Depositari di legittimi, assoluti orgogli, si incontrarono a metà strada, a Tortona, siglarono un patto, il Cavallino ebbe il suo De Chirico, sottraendolo alla Maserati (certo, rimasero nell'orbita, o entrarono in seguito, ulteriori marche: dall'Austin alla Peugeot). Si succedettero, si succedono, le prodezze, dalla Ferrari 365 GTB4 Daytona (nel '681 alla Ferrari Testarossa, alla neonata Ferrari 300 Modena. Il Sessantotto, i formidabili Anni Sessanta. Accadde che Arturo Benedetti Michelangeli - soggiornante a Torino - ricevesse un estimatore nella villa collinare. Gli aveva promesso un concerto ad personam. Ma l'ospite, anziché nella camera del pianoforte, venne condotto in garage. Il Maestro gli presentò due Ferrari carrozzate Pininfarina: «Onesta sentenziò - la vera musica, la vera armonia». PININFARINAJHBRBHI^^^BH^HHHi^^BHHSHHBHHHSHI^HB^H^^BHBBHEBBHSBMM^BHHH&n^BOHKBMB^HHHHHSMHBIBBHEBHBI Larte di vestire la velocità: un'avventura Atra sogno e tecnica n senso orario: interno dell'Alfa Romeo Giulietta Spider, un particolare della Ferrari 365 P e della Cisitalia 202, autentico archetipo del design, la Ferrari 456 GT, proclamata auto più bella del mondo nel '93, il Nautilus, fra gli ultimi prototipi, e l'abitacolo dell'ALFA Romeo 33 Coupé nn mas ■ In senso orario: interno dell'Alfa Romeo Giulietta Spider, un particolare della Ferrari 365 P e della Cisitalia 202, autentico archetipo del design, la Ferrari 456 GT, proclamata auto più bella del mondo nel '93, il Nautilus, fra gli ultimi prototipi, e l'abitacolo dell'ALFA Romeo 33 Coupé ■

Luoghi citati: Austin, Belgio, Grugliasco, Italia, Maranello, Modena, New York, Parigi, Torino