Il lato oscuro della socialdemocrazia di Barbara Spinelli

Il lato oscuro della socialdemocrazia L'Spd ha già dimenticato la sistematica avversione per le massime figure del dissenso all'Est Il lato oscuro della socialdemocrazia E' l'unificazione il tabù della sinistra tedesca segue dalla prima Barbara Spinelli inviata a BERLINO aUANDO Walter Veltroni afferma che la vera sinistra nacque in Italia nell'89, intende precisamente questo: nel decennale della caduta del Muro, l'ex Pei veste l'abito glorioso della sinistra impersonata da Brandt e Schmidt, e stavolta ha l'impressione di entrare nella storia senza sbagliare né porta, né strada, né meta. Tutto andrebbe dunque nel migliore dei modi possibili, se non fosse per uno sgradevole contrattempo. L'89 non è stato solo un evento interno alle sinistre dell'Unione. Non si è limitato a ricongiungere socialisti e laburisti, socialdemocratici e postcomunisti occidentali. Sulla scena hanno fatto irruzione ospiti inattesi, lungamente inascoltati: sono apparsi i dissidenti dell'Est, e la stessa socialdemocrazia tedesca è messa - con rievocazioni circostanziate, taglienti - in questione. Il vuoto mentale che regna nel partito di Schroeder è frutto anche di questa messa in discussione.di fronte alla quale le sinistre democratiche in Germania restano come attonite, orbe di pensieri e di parola. L'oblio è caduto sugli arditi gesti del Congresso revisionista di Bad Godesberg nel '59, sulla saldezza mostrata da Schmidt nel presidiare - con nuovi missili Nato - la filosofia della guerra fredda. E' uno dei paradossi del dopo-Ottantanove: i Ds si aggrappano in Italia a una torre barcollante, a un idolo affetto da afasia, che non sa più iniziare meditazioni profonde sul proprio passato. Un idolo socialdemocratico che non sa rispondere alle sfide che vengono da pensatori come Vaclav Havel, Peter Nadas, Leszek Kolakowski. Che perfino in patria non riesce a escogitare argomenti convincenti, tali da sfatare l'immane menzogna su cui crescono le fortune dei postcomunisti, del Pds che è oggi - a dispetto dei passati misfatti - il primo, più popolare partito di sinistra nei Laender orientali. «L'incontro tra democrazie occidentali ed esperienze antitotalitarie dell'Est ancora non è avvenuto», mi dice a Berlino il giornalista Klaus Hartung, studioso della riunificazione tra le due Germanie, «e son rari coloro che nella Spd rammentano l'ostilità manifestata, con l'eccezione di Willy Brandt, alla fine del Muro e della divisione tedesca». E Nadas, scrittore ungherese: «La vocazione separatista dell'Europa liberale, coltivata nella guerra fredda, ha lasciato impronte sul suo comportamento come sul suo vocabolario. Ed ha cominciato ad attenuarsi solo nel '99, grazie alla guerra euro-americana in Kosovo». Secondo lo storico Heinrich August Winkler, sono innanzitutto le corrività e le confusioni ideologiche dei socialdemocratici tedeschi ad aver avvelenato il decennio successivo alla caduta del Muro. Il partito di Schroeder è «incapace a mettere in risalto quel che lo divide dal Pds, e di combatterlo», perché ancor oggi esso consente ai postcomunisti tedeschi di «presentarsi non già come i figli del totalitarismo, ma come gli autentici, addirittura i più genuini custodi della cente- naria tradizione socialdemocratica» (Frankfurter Allgemeine, 19-10-99). Questo significa che c'è qualcosa di amaro e di non detto, nei decenni che hanno visto intrecciarsi ambiguamente - anche se obbligatoriamente l'indispensabile antagonismo della guerra fredda e la distensione fra Est e Ovest, la vitale difesa della civilizzazione democratica e gli imperativi della coesistenza pacifica. E l'intreccio non poteva che essere singolarmente penoso per la Repubblica di Bonn, separata com'era da 16 milioni di connazionali tenuti in ostaggio dietro i muri. Sono tali ambiguità che tornano ora in superficie, e non stupisce che la socialdemocrazia sia particolarmente sotto esame: per la tendenza a far concessioni al di là del necessario, per gli sforzi compiuti durante la seconda fase della Ostpolitik, negli Anni 80, di assottigliare anche ideologicamente la discordia tra Spd e comunisti orientali, con seminari e comuni documenti. Riemergono le innumeri compromissioni, cui la Spd acconsentì con altri socialisti non comunisti d'Europa (non tutti, perché il Psi di Craxi aiutò attivamente il dissenso). Compromissioni che hanno sottilmente corrotto - nei paesi dell'Unione - l'attitudine non solo a sostenere le resistenze antitotalitarie, ma a comprenderle. Compromissioni che in maniera perversa hanno finito col mutilare non solo le libertà dei popoli in cattività, ma la libertà stessa - di pensiero, immaginazione, iniziativa - degli occidentali aggrappati senza freni alla distensione. E sono abitudini compromissorie che sotterraneamente perdurano, faticano ti diradarsi. Esse spiegano tra l'altro, secondo Nadas, i dieci anni di impotente apatia europea di fronte ai genocidi di Milosovic. Spiegano anche certe perorazioni un po' filistee in favore del cosiddetto diritto internazionale, e del divieto di ingerenza che esso comporterebbe: «In realtà tale divieto non è iscritto in alcuna regola dell'Onu, cui è affidato il compito simultaneo di tutelare sia le integrità nazionali, sia la Carta dei diritti dell'uomo. Il diritto sconfinato attribuito alle sovranità nazionali nasce non da regole tassative, ma dalle consuetudini della guerra fredda e della distensione. Scaturisce da cinquantanni di volontaria non-conciliazione fra i principi della sovranità e la Dichiarazione sui diritti dell'Uomo, e non ha dunque basi giuridiche davvero probanti». Sono omissioni e compromessi che i democratici dell'Est serbano nelle memorie, con precisione. Joachim Gauck, ex dissidente tedesco orientale che presiede la Commissione incaricata di rivelare le attività di reclutamento e di corruzione della Stasi (i servizi segreti della Germania comunista),rammenta la sistematica avversione socialdemocratica perle resistenze contro il comunismo, e mi ricorda l'ostracismo, l'indifferenza, che ebbero a subire le massime figuro del dissenso: indifferenza ostentata frequentemente da Mitterrand, Helmut Schmidt, Egon Bahr architetto della Ostpolitik: «Vaclav Havel ne era perfettamente consapevole, grazie al senso che aveva dell'assurdo, del parados¬ sale - mi racconta Gauck che incontro negli uffici della sua Commissione, a Berlino - e queste furono le sue testuali parole, una volta: "Ricordo come all'inizio degli Anni 70 ero evitato da amici e colleghi tedesco-occidentali, tanto grande era la paura di mettere in pericolo le gracili strutture della distensione. Il piii fugace contatto con me, che non ero specialmente amato dal governo di Bonn, li intimoriva". E Havel poi aggiunse: "In realtà non ero io a soffrirne. Erano loro, a rinunciare volontariamente alla propria libertà"». Analoghi compromessi e peripezie mi sono narrati da Helga Hirsch, per anni inviata della Zeit a Varsavia, che conobbe bene Solidarnosc e potè verificare in loco le amarezze dei dissidenti. Il fastidio che i socialdemocratici provavano verso dissidenti e movimenti di liberazione era palese, palpabile, pubblicamente ammesso. «Cosi come era palese la preferenza - assoluta accordata ai legami con gli uomini di regime. Solidarnosc era inviso alla socialdemocrazia che governava a Bonn. Schmidt si felicitò per il colpo di Stato di Jaruzelski, per l'instaurazione dello stato di guerra, per l'ordine reintrodotto a Est, dell'Odor- Neisso. Il dirigente Spd Vogel ammise che i conlatti con le opposizioni orientali non orano di suo gradimento. Peter Render, teorico della distensione, disse che "nulla poteva esser ottenuto senza rapporti privilegiati con i regimi comunisti, e che gli oppositori dovevano esser protetti dalla lo•o stessa smania di trasgredire i limiti consentiti". Nadas ha ragione, (piando scrive che la distensione fu senza dubbio irrinunciabile, ma che a Est sacrificò oltre misura generazioni di combat tenti perla libertà». «La verità è che non volevate conoscerci. Non volevate vederci» scrive Nadas, in un lungo articolo sulla Zeit che ha scosso gli intellettuali tedeschi, il 15 luglio scorso. 11 linguaggio dello scrittore è aspro, il regolamento dei conti severo: «La verità è che gli Stati liberali hanno dimenticato il prezzo morale che pagarono per ottenere la coesistenza pacifica. Partirono dall'idea che l'unica costi possibile fosse anche l'unica cosa morale, e simile convinzione permea tuttora la vita interna della Comunità europea. 11 selvaggio matrimonio con le dittature ha seminato e semina confusione, nella loro sensibilità morale. Vivevano in concubinato con un sistema, la cui realtà non vollero apprendere allora, e non vogliono apprendere sino ai giorni odierni. Quasi non si accorsero, nel pur legittimo desiderio di evitare unti terza guerra mondiale, che dietro la cortina di ferro i popoli dovettero ingoiare non solo le ragioni della coesistenza pacifica, ma anche quelle della necessità e della realtà della dittatura». C'è però un po' di luco al termine del tunnel, per l'Europa che tra fatiche e reticenze sta adesso riunificandosi. Con dieci anni di ritardo, l'Occidente e le sue sinistro riformatrici si sono infine decise a disarmalo un regime criminale post comunista, in Serbia, che ha non pochi imitatori-ammiratori a Est. Helga Hirsch è lejigormente piìi ottimista: «Il dibattito sul Kosovo ha costretto hi Germania a radicali revisioni, e parlino delle passate responsabilità è oggi meno gravoso». E' meno gravoso, ma non per questo scemano le incomprensioni tra sinistre occidentali tedesche e culture antitotalitarie dell'Est. Sono incomprensioni peraltro che si possono ricostruire, se non capi¬ re. La Spd concentrava i pròpri sforzi sull'altra Germania, dove non esistette mai un forte dissenso anticomunista. Le opposizioni in Ddr vivevano in un isolamento pressoché completo dai dissidenti polacchi, cecoslovacchi, ungheresi, russi. 1 pili sognarono un socialismo miglioro, una Germania migliore. Perfino alla caduta del Muro, le opposizioni democratiche non capirono il moto di disgusto definitivo, monolitico, che afferrò gli abitanti in fuga precipitosa verso la Repubblica federale. E con imperturbabile ostinazione - tranne alcune minoranze - continuarono a vagheggiare una terza via tra socialismo e capitalismo, e il prolungamento della divisione nazionale. Ma c'è di più: con l'andare del tempo, vengono alla luce non solo le compromissioni della socialdemocrazia, ma i più latenti connubi tra polizia politica tedesco orientale e correnti di sinistra in Germania Ovest. Un libro uscito di recento rivola la vastità dell'infiltrazione Stasi in simili correnti, tedesche e anche europee. Scritto dallo storico Hubertus Knabe, collaboratore di Gauck nella Commissione sullo attività dei servizi comunisti, il testo raccoglie una mole di documenti sullo infiltrazioni operate dalla Stasi noi movimenti pacifisti, fin dagli Anni 50 e principalmente negli Anni 80, allorché la Nato decise di proteggersi con euromissili dalle ultime minacce militari di Breznev. La Stasi assoldò i redattori della rivista Konkret, prediletta anello in Italia, e l'ex resistente antifascista, il pastore protestante Niemoeller. Fu inoltre interamente fabbricata dai servizi di Berlino list la documentazione che servi a denigrare negli Anni (il) il Presidente Heinrich Luebko, accusato sulla base di carte false di aver diretto e organizzato campi di concentramento, 11 Sessantotto, con l'esclusione di Rudi Dutschke e altri militanti, era larga mente infiltrato. Come fu evidentemente infiltrato - ma questa non e una novità - il terrorismo della Roto Armeo Praktion (Hubertus Knabe, Die Untcrwanderte Republik - La Repubblica Infiltrata, Propylen '99.1 Nel decennale della caduta del Muro, queste pagine nere della storia comincia no a esser discusso, e finalmente pensate: in Italia ma soprattutto in Germania. L'Europa ha alle spalle un atto di coraggio - l'offensiva contro l'epurazione etnica in Kosovo, l'ancora timoroso Piano di stabilita dei Balcani e il ricongiungimento fra le duo me tàdel continente e una prospetl i va meno indefinita. Lo stosso Prodi sembra determinato ad accelerarla, e non è casuale che abbia menzionato l'unificazione tedesca, come memorabile esempio da seguire. Un'unificazione voluta dai cittadini comuni ilei l'Est, inorriditi e nauseati da un regime che non potevano più tollerare, e che non lasciava loro alcuna eredità dignitosa.Una riunilìcazione anelata contro gran parte delle élite intellettuali, cosi sposso ritardatario. E contro le sue sinistre, cosi spesso attratto dalle presunte radici comuni che socialisti e socialdemocratici pensano di possedere nini già con la storia del liberalismo europeo, ma con quella di un comunismo totalitario che ha distrutto l'Est europeo per oltre quarant'unni, la Russia per più di settanta, e la fibra stessa dell'Occidente per quasi un secolo. I troppi compromessi di molti socialisti europei diedero ossigeno al regime della Ddr Lo storico Winkler: permettono agli ex comunisti della Pds di usurpare la tradizione libertaria Rifacendosi al dopo'89 dei progressisti di Bonn i Ds si aggrappano in Italia a una torre barcollante, a un idolo affetto da afasia, che non sa più meditare sul suo passato Lo scrittore Nadas «La difesa un po' filistea del diritto internazionale nel Kosovo nasce da 50 anni di non conciliazione tra i principi della sovranità e i diritti dell'Uomo» DIECI ANNI DALLA CADUTA DEL MURÒ di volontaria non-conciliazione aveva dell'assurdo, del parados¬ •o stessa smania di trasgredire i limiti consentiti". Nadas ha ragione, (piando scrive che la distensione fu senza dubbio irrinunciabile, ma che a Est sacrificò oltre a radicali revisioni, e parlino delle passate responsabilità è oggi meno gravoso». E' meno gravoso, ma non per questo scemano le incomprensioni tra sinistre occidentali tedesche e culture antitotalitarie dell'Est. Sono incomprensioni peraltro che si possono ricostruire, se non capi¬ A sinistra e nella foto a fondo pagina manifestazioni in Germania contro gli euromissili all'inizio degli Anni 80 Qui accanto (da sinistra), l'ex Cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt e il suo predecessore e compagno di partito Willy Brandt Il presidente ceko Vaclav Havel, dopo una lunga carriera di dissidente sotto il comunismo, è stato tra i primi ad aprire la riflessione sui compromessi della sinistra occidentale con i regimi totalitari dell'Est europeo