B0RRELU E D'AMBROSIO STRANA COPPIA
B0RRELU E D'AMBROSIO STRANA COPPIA GIUSTIZIA E POLITICA B0RRELU E D'AMBROSIO STRANA COPPIA Giovanni Maria Flick FRA le polemiche che hanno seguito l'assoluzione di Andreotti a Palermo e l'aggravarsi delle condizioni di salute di Craxi ad Hammamet, una mi colpisce particolarmente: lo scontro, o se si preferisce il gelo, fra Borrelli e D'Ambrosio. Secondo i due protagonisti, è stato esagerato o addirittura inventato dai media; ed è stato subito ricomposto, diplomaticamente attraverso la rituale stretta di mano, e sostanzialmente attraverso il concorde rifiuto dell'amnistia o della commissione d'inchiesta per Tangentopoli. Ricucito dunque e forse enfatizzato: ma che vi è stato, e testimonia - come già alcuni piccoli segnali in passato (penso al mancato incontro con il presidente Ciampi a Milano) - una situazione di disagio anche all'interno della magistratura. Borrelli e D'Ambrosio - entrambi protagonisti di estrema linearità e correttezza - lo esprimono in forme più appariscenti per l'opinione pubblica: ma in realtà esso è comune a tutta la categoria, come dimostrano le discussioni del convegno di Sorrento dell'Associazione Magistrati, in coincidenza proprio con la lettura della sentenza di Palermo; e come più ancora dimostrano le dimissioni del presidente dell'Associazione Martone, accusato di non aver difeso sufficientemente i magistrati palermitani e di aver proposto un congresso di autoriflessione della categoria. Al di là delle logiche interne della corporazione, a me sembra che questo fermento abbia un significato positivo. Ai sacrosanto rifiuto della categoria nei confronti dell'insulto e della delegittimazione ormai permanente, comincia ad affiancarsi la consapevolezza che forse occorre fare qualche passo in più. Senza dubbio c'è bisogno di molte più risorse di quelle oggi a disposizione (e che pure sono aumentate da qualche anno); ma - senza disconoscere per nulla i grandi meriti che la magistratura (e soprattutto alcuni esponenti di essa) si è guadagnata nel confronto con le grandi emergenze del terrorismo, della corruzione, della criminalità organizzata - c'è bisogno forse di un po' più di umiltà, di disponibilità al dialogo, di impegno e razionalizzazione del lavoro, di non rifiutare aprioristicamente ogni proposta di innovazione (penso alle polemiche sulla distinzione delle funzioni tra giudice e pubblico ministero, sui collaboratori di giustizia, sul contraddittorio e sul giusto processo). La delega e la supplenza che da tempo hanno sovraesposto la magistratura, hanno una valenza duplice ed equivalente: scaricare su di essa, in positivo, quei compiti (come la prevenzione alla corruzione) che la politica non vuole 0 non è in grado di svolgere; o al contrario scaricare su di essa, in negativo e in termini di delegittimazione, tutti i limiti di questa tendenza e i suoi inevitabili insuccessi, enfatizzando gli errori che la magistratura, come tutti, può compiere. Un piccolo passo in avanti, magari a malincuore e in modo tortuoso, anche se formalmente ineccepibile, la politica sembrava averlo fatto inviando al Parlamento il dossier del Kgb: poi, con le vicende degli ultimi giorni, si è tornati al calor bianco. Forse, per evitare un «ritorno al futuro» - che la gente non accetterebbe e di cui si colgono tante piccole o grandi sensazioni sgradevoli - vale la pena di coltivare segnali come quelli cui mi riferivo, che in fondo sono uno spiraglio per un dialogo costruttivo e per separare finalmente l'intreccio perverso fra politica e giustizia, ed occuparci seriamente di quest'ultima.
Persone citate: Andreotti, Borrelli, Ciampi, Craxi, D'ambrosio, Giovanni Maria Flick, Martone
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