IN DIFESA DELLE DONNE SENZA VOLTO di Igor Man

IN DIFESA DELLE DONNE SENZA VOLTO PROTESTA ISLAMICA A TORINO IN DIFESA DELLE DONNE SENZA VOLTO Igor Man GLI extracomunitari di Torino sono in fibrillazione. Quelli di fede islamica, dico, che, poi, sembrerebbero costituire il gruppo più numeroso e senz'altro più politicizzato. Questa volta, el hàmdu li Uah (grazie a Dio), San Salvarlo non c'entra ma la ragione del contendere è senz'altro importante: il diritto delle donne musulmane ad indossare lo hìjab. il foulard, «nelle fotografie che compaiono sui permessi di soggiorno, sui passaporti». Secondo quanto ha detto l'imani della più grande delle invero sette moschee piccine di Torino, il molto rispettabile fratello Bouriki Bouchta, da tre mesi a questa parte sia l'ufficio stranieri, sia l'ufficio passaporti «fanno problemi chiedendo che si vedano (nelle fotografie n.d.a.) orecchie e capelli». Alla conferenza stampa dell'imam, hanno assistito tre donne. Una di esse, completamente velata, padrona di un buon italiano ha proclamato: «Siamo disposte a rinuciare al permesso di soggiorno piuttosto che rinunciare al foulard», dicendosi, peraltro, «speranzosa che il nikah, il velo che a suo dire nasconde il volto, si diffonda nell'uso». Perché? «Perché per noi donne è una protezione». Temo che si stia facendo (in buona fede, voglio credere) una gran confusione. Nel 1992 venne presentato alla presidenza del Consiglio un testo-bozza d'una sorta di «concordato» fra l'Italia e (genericamente) l'islam. Il documento venne redatto dall'Ucoil, unione delle comunità e organizzazioni islamiche. Ma esistono altre «bozze», la più sostanziosa delle quali pensiamo sia quella della Coreis, Comunità religiosa islamica italiana, con sede a Milano. Scoppiarono, nel 1992, accese polemiche, alle invettive di An, alle critiche di non pochi giuristi si aggiunse Cìvil tà Cattolica. Epperò nel testo del Coreis, viene riconosciuta alle donne musulmane «la facoltà di indossare per tutti i documenti ufficiali fototessere che le ritraggano a capo coperto purché sia sufficientemente garantita la riconoscibilitàvi.E che altro, di grazia, chiede la Questura di Torino se non esattamente questo? E veniamo al hidjab ovvero hijab. La signora, velata, che stava accanto all'imam di Torino, ha pronunciato una parola importante: nikali, sempre che mi abbiano riferito bene. Il velo e nikah sono complementari. Schiacciata dal peso mitologico della libido, scrive Nicoletta Stasio in un suo famoso saggio [leggere n. 31, maggio 1991), tutta la cultura musulmana si articola intorno alla questione dell'atto sessuale «regolamentare» [nikah) e della purificazione rituale: l'imperativo dell'unione e il pericolo della confusione. Ma l'accoppiamento ignora la coniugalità cristiana poiché secondo l'islam l'armonia del mondo riposa sulla demarcazione dei sessi. E sulla loro separazione. Sicché il foulard è la «tenda», il «recinto», «l'imene». A guisa di sudario occulta quell'organo femminile ch'è al tempo stesso «il sorriso della vita e la furia del ciclone». «L'attuale società musulmana - ci dice il professor Fouad Khaled Allam dell'Università di Trieste - costituisce un paradosso perché se nell'ambito privato la legge islamica {sharia) stabilisce per la dorma uno status inferiore, nella sfera pubblica oggi sono numerose le donne ministro, deputato, le libere professioniste: eguali all'uomo all'esterno diventano giuridicamente (e quindi in fatto) inferiori all'uomo, una volta rientrate a casa». Certamente dobbiamo sforzarci di capire e di accettare le esigenze dell'islam, senza con ciò rinunciare ai princìpi della nostra società democratica. Del pari l'islam, con le sue organizzazioni, con le sue comunità presenti in Italia, in Europa, in Occidente dovrà sforzarsi di accettare le regole che impone la convivenza in una società di cultura diversa, senza per altro rinunciare alla propria identità. Allah y sallèmak, Dio ti dia la pace fratello imam di Torino.

Persone citate: Delle Donne, Fouad Khaled Allam, Nicoletta Stasio

Luoghi citati: Europa, Italia, Milano, Torino