«Roma ha protetto centinaia di criminali nazisti» di Emanuele Novazio

«Roma ha protetto centinaia di criminali nazisti» «Negli Anni Cinquanta il ministro Martino bloccò le iniziative giudiziarie della Procura militare» «Roma ha protetto centinaia di criminali nazisti» Un giornale tedesco: non voleva compromettere i rapporti con Bonn Emanuele Novazio corrispondente da BERLINO «L'Italia ha protetto centinaia di criminali di guerra tedeschi», molti dei quali ancora in vita. La denuncia campeggia sulla prima pagina di stamane dell'autorevole quotidiano «Sueddeutsche Zeitung», che citando documenti del «Centro di documentazione degli Alleati» e del «Centro per ricerca dei crimini nazisti» di Ludwigsburg, oltre a dichiarazioni dell'ex ministro degli Esteri Gaetano Martino, accusa i governi italiani a guida democristiana degli Anni Cinquanta: «Le prove raccolte già a partire dall'autunno del 1944 dalle autorità militari americane e inglesi, e inviate dopo la guerra in Italia, non sono state prese in considerazione dalle autorità di Roma per un riguardo politico nei confronti della Germania». Secondo il quotidiano di Monaco, «dopo che la Germania è entrata nella Nato, nel 1955, i governi democristiani non hanno voluto danneggiare il nuovo alleato con indagini tanto scabrose». Così, quando l'anno successivo il procuratore militare di Roma cercò di inviare una missione in Germania per indagare su alcune stragi di civili nelle quali erano coinvolti militari tedeschi, l'allora capo della diplomazia italiana gli chiese di lasciar correre: indagini del genere, scrive il ministro Gaetano Martino in una lettera del IO ottobre 1956, potrebbero soltanto «stimolare critiche sulla condotta dei soldati tedeschi», e rafforzare nella Repubblica Federale «le resistenze interne all'adesione alla Nato». Da quel momento, denuncia la «Sueddeutsche», dagli archivi della Procura militare di Roma scomparvero circa duemila dossier. Nello stesso periodo, del resto, anche la Repubblica Federale insabbiava. Quando, alla metà degli Anni Sessanta, la magistratura tedesca ricevette dal ministero degli Esteri italiano la segnalazione di un centinaio di criminali di guerra coinvolti in una quarantina di casi, «i tedeschi richiusero in fretta i dossier: le deposizioni dei testimoni italiani non furono considerate credibili», scrive il giornale bavarese. Lo stesso accadde vent'anni più tardi: quando, nel 1985, la «United War Commission» di New York inviò al governo federale una lunga lista di criminali di guerra, «le procure tedesche aprirono due procedimenti che furono tuttavia presto archiviati». Come in passato. Nell'insieme - secondo lo storico Carlo Gentile, che ha collaborato alla stesura del dossier della «Sueddeutsche» - «alcune migliaia di presunti criminali cli guerra tedeschi si sono salvati, nel dopoguerra». Molti sono morti, nel frattempo, ma i militari che durante il conflitto erano più giovani potrebbero essere ancora in vita. «Eravamo davvero un po' spietati», confessa cinquant'anni dopo uno di loro, in forza alle Waffen SS. Fra i casi irrisolti che potrebbero ricevere nuova luce dalle indagini, secondo Gentile, il massacro di oltre duemila cinquecento civili da parte della Divisione granatieri «Reichsfuebrer SS» comandata dal generale Max Simon. E la strage cli un altro migliaio cli persone da parte dei soldati della Divisione Panzer «Hermann Goering», un'unità della «Wehrmacht», L'ex ministro degli Esteri Gaetano Martino

Persone citate: Carlo Gentile, Gaetano Martino, Hermann Goering, Max Simon