Crisi, tregua annata nella maggioranza

Crisi, tregua annata nella maggioranza Un incontro fra D'Alema e Cossutta apre la giornata della «pace». Ma Sdì e Udr non cedono Crisi, tregua annata nella maggioranza // Colle contro le elezioni anticipate Maria Teresa Meli ROMA Nella telenovela della pseudo-crisi quella di ieri si contraddistingue come la giornata dello "scusate abbiamo scherzato". Niente più polemiche e minacce di elezioni anticipate. Molte dichiarazioni alla melassa, invece, promesse di reciproco affetto tra Parisi, D'Alema e Castagnetti, buoni propositi nei confronti di Udr e Sdi... Se non ci fossero Cossiga e Boselli a ricordare che qualche problemino c'è (e Di Pietro a scalpitare), verrebbe quasi da pensare che per più di due settimane i giornali hanno inventato tensioni inesistenti. Certo, qualche crepa c'è pure in questa compagine che ora sembra filare d'amore e d'accordo. Per esempio, Veltroni ventila le elezioni, in caso di fallimento di D'Alema, mentre Parisi dice che non è affatto detto che vada così. Una differenza non da poco, che però rischia di perdersi nel mare di buonistno. E in questo giovedì del "vogliamoci bene" il tam tam di palazzo Chigi si adegua e se di primo mattino prevede ancora il ricorso anticipato alle urne, pochissime ore dopo cambia musica: il premier sarebbe più che disposto a farsi da parte, per un esecutivo tecnico, se il centrosinistra non trovasse un'intesa, nell'interesse della maggioranza e del Paese. Ma che cosa ha reso così miti gli animi dei più? Semplicemente, il Quirinale, che finora si è tenuto abbastanza defilato dalla contesa politica, com'è nello stile di Ciampi, ha fatto sentire la propria voce. Già, l'inquilino del Colle non ha nascosto la propria irritazione per tutto questo parlare di elezioni anticipate, come se lo scioglimento delle Camere fosse prerogativa dei Ds o di palazzo Chigi. Non solo, il presidente è intervenuto anche su un altro fronte, con alcune telefonate mirate, per dire a socialisti e cossighiani - ma non solo a loro - che non accetta «scherzi» sulla finanziaria. Ossia, nessuno pensasse a far cadere il premier adesso, perché non ci si può permettere il lusso dell'esercizio provvisorio. Ecco spiegata, almeno in parte, l'atmosfera nuova di questo giovedì. Ma ci sono altri motivi che suggeriscono ai più di non invocare o minacciare le urne. Certo, il tam tàrh di Botteghe Oscure continua a parlarne. Ma lì c'è Veltroni che, ovviamente, non può dire "se cade D'Alema si cambia cavallo". Però non più tardi di tre sere fa il segretario confessava ai senatori ds riuniti a palazzo Madama: «Se andassimo alle elezioni adesso, dovremmo farci venire a prendere dalla croce rossa». Eppoi c'è il premier. Il quale non ha nessunissima intenzione di lasciare. Punta a vincere le suppletive, a far passare la buriana (confidando, magari, in una spaccatura nei Democratici visto che Parisi e Di Pietro parlano linguaggi opposti, con il primo che dice bravo a D'Alema e il secondo che lo attacca) e a ottenere un successo alle regionali strappando al centrodestra il Veneto, il Piemonte e la Campani;). I sondaggi sono con lui: è vero che il centrosinistra ha meno voti del Polo, ma la differenza è identica a quella del '96, che non impedì all'Ulivo, allealo con Rifondazione, di vincere. E' questo il quadro in cui si snoda la giornata. Che comincia con un incontro tra il premier e Cossutta, seguito da una nota di palazzo Chigi: «Il presidente del Consiglio ha assicurato che si continuerà a seguire un percorso lineare, rispettoso degli interessi generali del Paese, senza interferi¬ re o - peggio - compromettere l'iter della finanziaria, e ha confermato la determinazione a lavorare a un progetto di rinnovamento del centrosinistra, con ogni conseguente assunzione di responsabilità nei rapporti con il Paese e la propria maggioranza». Si prosegue con un Parisi che sposa la tesi del premier sul nuovo Ulivo «sono d'accordo con D'Alema» che apre all'ex Picconatore - «dai cossighiani c'è stato un piccolo passo avanti» - e che replica a Di Pietro il quale sostiene di «non capire questa crisi». «E' come un parto. Se si entra in una sala bianca, con schizzi di sangue e urla da tutte le parti, uno che fa? Chiama il 113. Invece bisogna aspettare, avere la capacità di capire che la storia è più lunga, e poi il parto arriva». Quindi è il turno di Castagnetti, che dice: «D'Alema rimarrà anche dopo gennaio». Tutto bene, dunque, Botteghe Oscure e palazzo Chigi spandono melassa pure sul l'arisi che spiega che «se non dovesse riuscire il rilancio della coalizione noi ci chiameremmo fuori» e che non dà per «scontate le elezioni anticipate». Ma a incrinare quest'armonia fittizia arriva la dichiarazione congiunta di Boselli e Cossiga: «Concordiamo con D'Alema e Parisi sui tempi della soluzione della crisi, con amplissime riserve sui loro obiettivi e metodi». E l'Udr Sanza a questo punto scommette: «Di scintille ne vedremo ancora molte». Una nota di Palazzo Chigi assicura «Nulla interferirà con la Finanziaria» Di Pietro: «Ma io non capisco che accade» Il premier Massimo D'Alema con il leader del Pdci Armando Cossutta

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