«Aveva ragione, prendevano soldi tutti»

«Aveva ragione, prendevano soldi tutti» «Aveva ragione, prendevano soldi tutti» D'Ambrosio: nessun privilegio, applicheremo la legge MILANO «Almeno una cosa, a Bettino Craxi va riconosciuta. E' stato il primo ad alzarsi in Parlamento e confermare che c'era il finanziamento illecito dei partiti», dice Gerardo D'Ambrosio, il numero uno della procura, che se da una parte sembra dare ragione all'ex segretario sociabsta, dall'altra rivendica il ruolo di Mani pulite. Come tiene a puntualizzare: «Che poi siano stati colpiti tutti i partiti, è un fatto diverso. ,Anche se conferma quanto diceva Craxi in Parlamento, un po' per il suo fiuto politico, un po' perché aveva previsto che tutti i partiti coinvolti si sarebbero sbranati l'un l'altro». Ci tiene ai distinguo, il procuratore capo. Ci tiene soprattutto oggi, che le sue dichiarazioni delle ultime ore vengono lette come un «sì» del Pool di Milano al ritorno di Craxi gravemente malato. «Il problema tocca soprattutto la difesa di Craxi, che deve decidere o meno se formulare un'istanza, poi al Tribunale di sorveglianza e solo da ultimi a noi magistrati», fa l'elenco D'Ambrosio. E codice alla mano, cita quella che sarà la linea della procura. «Confermo che se ci dovesse essere richiesto un parere sul differimento della pena, la nostra risposta non potrebbe che essere positiva», è la premessa. «Ma è quanto stabilisce il codice, articolo 147. Non vorrei essere equivocato ancora, quando ripeto che in via teorica questa sarebbe una strada percorribile», è la spiegazione, mentre gli avvocati di Craxi sono lì a sondare il terreno, mentre dal mondo politico arrivano dichiarazioni quasi univoche, dopo le aperture arrivate anche dal presidente del Consiglio D'Alema. Ma Gerardo D'Ambrosio va anche oltre: «Io non capisco perchè ci si stupisca tanto. Il differimento della pena viene applicato in molti casi. Lo abbiamo fatto anche per grossi delinquenti comuni, non mi sembra che per Craxi ci si possa comportare in modo diverso. E poi non è certo uno che, una volta tornato in Italia, si mette a sparare per strada». Possibilista, dunque. Almeno al ricovero ospedaliero di Craxi, necessario dopo l'aggravamento delle sue condizioni negli ultimi giorni. «Va bene, ma dopo?», è la domanda di Enzo Lo Giudice, uno dei difensori dell'ex segretario socialista, che insieme a Giannino Guiso, l'altro legale, prende ancora tempo perchè ufficialmente non si sa ancora cosa voglia fare Craxi, nè quali siano le intenzioni della magistratura milanese, che sin dal dicembre '92, anno primo di Mani pulite, aveva messo nel mirino l'allora segretario del psi. Il «dopo» è quello che inizia con la guarigione del detenuto. E' quello che si apre, quando finisce il differimento, che è solo un provvedimento a tempo e dilaziona l'esecuzione della pena. E il «dopo» è il vero argomento, su cui stanno interrogandosi i difensori di Craxi, i politici e a questo punto anche i magistrati. A partire dal procuratore generale Francesco Saverio Borrelli, che ieri è rimasto a lungo a colloquio con il presidente del Tribunale di sorveglianza Manlio Minale. «Ecco, tocca al Tribunale di sorveglianza decidere», puntualizza D'Ambrosio, in attesa che i legali di Craxi decidano se presentare o meno un'istanza che potrebbe riaprire la strada al ritorno dell'ex segretario socialista in Italia, ma con la legge attuale non chiuderebbe definitivamente le porte del carcere. lf.pol.1

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