C'è do scommetterci non tornerà di Massimo Franco

C'è do scommetterci non tornerà IL DESTINO DEL LEADER SOCIALISTA CHE DAL 1994 VIVE IN UN REGIME DI «EXTRATERRITORIALITÀ'» C'è do scommetterci non tornerà E' «prigioniero» della suafuga ad Hammamet Massimo Franco Di A tempo, ormai, Bettino Craxi è diventato senza volerlo quasi un personaggio letterario. Il villone bianco sulla collina di Hammamet evoca lussi sibaritici e misteriosi archivi: anche se di lussuoso ha ben poco, e i segreti di cui è depositario l'ex presidente del Consiglio socialista forse sono custoditi altrove, in qualche cassetta di sicurezza. E lui si sforza di trasmettere una immagine che ormai appartiene soprattutto al mito. Adesso che si ipotizza un suo ritorno, con procedure degne della fama bizantina dell'Italia, si ha la sensazione di sentire parlare di un'ombra: l'ombra grande e insieme fragile e malata di un'altra Italia, vicinissima, anzi incombente, eppure rimossa. Ormai, il Craxi che conoscono gli italiani non esiste più. Nel palazzo dove c'era il Psi in via del Corso, a Roma, vendono tappeti. I suoi epigoni si sforzano di sopravvivere con riciclaggi più o meno dignitosi. E il vuoto lasciato dal craxismo è stato riempito da immagini e esotiche, remote, da gita turistica che si fa per distrarsi dalla realtà, non per affrontarla. Le guardie tunisine che proteggono e insieme isolano «monsieur le president», nel parco che corre intorno alla piscina e alle quattro palme davanti al porticato. Quel senso di extraterritorialità, che è soprattutto sospensione del tempo, percepibile quando si varca il portale ad arco e si viene privati del passaporto: tutto contribuisce a creare intorno a Craxi una bolla di irrealtà. Di questa assurdità, l'uomo di Hammamet è prigioniero. Fuggendo dall'Italia, cinque anni e mezzo fa, si è trasformato nel grande alibi di tutti. Ha legittimato con la latitanza le inchieste della magistratura, an¬ che quelle meno fondate, perché la sua fuga è apparsa una ammissione implicita di colpevolezza. Ma adesso che sta di nuovo in ospedale, a Tunisi, per i postumi del diabete, e l'Italia concede pietosamente di farlo tornare per curarsi, senza arrestarlo, viene da chiedersi se resterà ad Hammamet, pur di non infrangere il proprio mito. Apparentemente, Craxi può «vincere» in due modi: se la magistratura ha un ripensamento nei suoi confronti, o restando un latitante e continuando a rifiutare di essere considerato tale. Il resto è un compromesso. La malattia si presenta come lo schermo dietro il quale si concretizza una operazione politica che sembra essere, se non di riabilitazione, di comprensione per la situazione in cui l'ex leader socialista si trova. Ma è un'operazione che Craxi, anche questa volta, subisce. Da tempo, ormai, si ha l'impressione che non sia padrone del proprio destino; che l'idea che si ha di lui venga definita e plasmata, di volta in volta, a Roma o a Milano. Così, più che burattinaio ten- de ad apparire come un gigantesco burattino, che altri cercano di usare per fini che gli sono per lo più estranei. Probabilmente, Craxi ne è consapevole. Per questo, c'è chi giura che non tornerà in Italia nemmeno stavolta. L'idea della pena differita in attesa di guarire sarebbe un colpo a tutta l'impostazione che ha voluto dare alla sua vita da quella lontana primavera del 1994. Può darsi, ma la sua presenza in Tunisia, ai confini del deserto del Sahara, non può non risultare alla lunga imbarazzante, per l'Italia. A occhio, si tratta dell'unico caso in cui un uomo di governo occidentale scappa dalla giusti- zia del proprio Paese per cerca re rifugio in Africa, anche se in un'Africa europeizzata. Di soli to, avviene il contrario, nella presunzione che il sistema giù diziàrio del Terzo Mondo dia meno garanzie. Non solo: dietro la sospensione della pena per motivi di salute, è destinata a rispuntare, irrisolta, una pole mica solo apparentemente lessicale: e cioè se in questi anni Craxi sia stato latitante o esule Margini di ambiguità, formai mente, non esistono. Ma è ambiguo il contesto in cui tutto è avvenuto e soprattutto sta avvenendo. Già in passato, Craxi era stato male. Evidentemente, pc rò, i tempi non erano maturi per parlare del suo rimpatrio. Non può ritenersi casuale la coinci denza con la sentenza di assolu zione di Giulio Andreotti. In questo momento, la magistrata ra è meno forte, la Procura d Milano è diventata nuovamen te «una» Procura e non «la» Procura per antonomasia. E anche la sinistra al governo acerrima avversaria del craxi smo, forse, vuole chiudere conti che le si stanno ritorcendo contro. Galleggia sempre, in fondo alla memoria della classe politi ca, l'immagine di Craxi che in Parlamento, alla Camera, invi ta tutti ad ammettere i finanzia menti illeciti ai partiti. Ad Ham mamet, nella villa sulla collina circondata dalla sterpaglia adesso tutti aspettano che «monsieur le president» torni dall'ospedale e decida. Ma sono pronti anche ad affrontare un altro lungo inverno: tanto, in quella casa per le vacanze tra sformata in bunker, ormai c perfino il riscaldamento. Scappando dall'Italia cinque anni fa si è trasformato per tutti in un grande alibi L'idea della pena differita va contro l'impostazione che ha dato alla sua vita Qui accanto la villa di Bettino Craxi ad Hammamet e un'immagine dell'ex leader del Partito socialista al lavoro alla sua scrivania ■ > 1 ..'U : Abbiamo chiesto a Massimo Franco, inviato di «Panorama», editorialista di «Avvenire» e autore del libro «Hammamet», questo articolo sull'ipotesi del ritorno di Craxi in Italia