«Non tiro a campare, sema accordo lascio» di Ugo Magri

«Non tiro a campare, sema accordo lascio» «L'ex capo dello Stato è incomprensibile». «Andare al voto con due simboli? Un suicidio» «Non tiro a campare, sema accordo lascio» D'Alema: dopo il chiarimento trarrò le mie conclusioni Ugo Magri ROMA «Questa volta Cossiga non lo capisco». Da un'ora e più Massimo D'Alema ragiona a voce alta nel salottino che sta dietro il suo studio presidenziale. Come sempre gli accade, comincia a lasciarsi andare proprio quando la chiacchierata volge al termine. «Non lo capisco», insiste, «la sua mi sembra più ima ripicca... Mentre un anno fa aveva una grande ambizione, mettere fuorigioco Berlusconi, stavolta mi sfugge il senso della posizione attuale». Una questione personale con l'ex presidente? «Per lui ho grande stima. E' un uomo intelligente, creativo, con una forte passione politica. Sono giudizi che ho espresso anche nei momenti di più aspro conflitto. Mi sta simpatico, anche se a volte un po' eccede nel suo gusto per la battuta sarcastica». Ammetterà che Cossiga qualche ragione per essere irritato ce l'ha... «All'inizio c'è chi (nell'Asinelio, ndr) ha sbagliato dando la sensazione che lo si volesse escludere, ma poi quest'impressione è stata corretta». Come pensa di uscire dalla crisi? «Non siamo né in crisi, né in pre-crisi. Con la Finanziaria da approvare, precipitare la situazione sarebbe irresponsabile. Un Paese serio non fa queste cose». Se lei si dimetterà, Cossiga dice che indicherà il suo nome come presidente del Consiglio incaricato. Cosa gli risponde? «Lo ringrazio del pensiero, ma non è ragionevole che si apra una crisi al buio, per poi fare una trattativa con l'Ulivo e col Trifoglio... Il governo continua a lavorare normalmente, sta preparando i collegati alla Finanziaria, non è per nulla disturbato da questo confronto politico». E il chiarimento? «Il chiarimento è in corso. Sono io che l'ho sollecitato con l'obiettivo di dare al centro-sinistra una forma più organica. Alla fine trarrò le conseguenze dal quadro che emerge». In che senso? «Se ci sono le condizioni per compiere un passo in avanti, un salto di qualità nell'azione del governo e della sua maggioranza, bene. Sennò, se non c'è accordo sul significato dell'operazione politica da compiere, faremo la Finanziaria, che è sacra. E dopo...». Dopo? «Io non sono un amministratore che guida un governo tecnico. Sono un leader politico e perseguo un disegno politico. Non mi va di tirare a campare». Per Andreotti, è sempre meglio che tirare le cuoia... «Sinceramente, non penso di tirarle. Nel momento in cui mi dovessi rendere conto che il mio progetto non si può perseguire, non avrebbe più senso continuare l'azione di governo. Non vivo l'angoscia del ruolo. Piuttosto faccio dell'altro». Che cosa? «Lavorare a un nuovo Ulivo sarebbe meglio che rimanere qui prigioniero di contraddizioni. Non mi interesserebbe restare con un centro-sinistra incerto perfino sul pre- sentarsi unito alle elezioni oppure no». Ma il rischio di elezioni politiche anticipate c'è o no? «Su questo non do valutazioni. E' una prerogativa del Capo dello Stato. Quello che potrei dire in un Paese normale, qui diventerebbe una minaccia... Ma io non voglio minacciare nessuno, posso solo decidere di me stesso». Cossiga sostiene che il governo nacque come alleanza tra centro e sinistra... «Alla base del governo c'era una situazione che, davanti alle Camere, io definii "complessa"». In che senso? «Perché convivevano due diverse idee, quella dell'Ulivo come alleanza strategica e quella della collabo¬ razione transitoria tra centro e sinistra. Questa seconda idea si è via via consumata. E fu proprio Cossiga a riconoscerlo qualche mese fa, in una riunione dei senatori di maggioranza. In modo cavalleresco ne prese atto. "Il mio filo è finito", "maggioranza politica e di governo debbono coincidere" furono le espressioni che egli usò». La prospettiva è il partito unico dell'Ulivo? «Un dibattito sul partito unico ci porterebbe in ima palude. Sarebbe già molto più realistico arrivare a gruppi parlamentari unici e, naturalmente, a un unico simbolo elettorale». C'è la possibilità che ciò non accada? «Se interpreto alla lettera le parole di Cossiga nell'intervista alla Stani- pa, debbo dedurne che si presenteranno col simbolo del Trifoglio... Ma non si può arrivare alle regionali con una maggioranza che presenta due simboli. Sarebbe un suicidio». Dunque, nuovo Ulivo... «Sì. Un'alleanza di centro-sinistra che si allarga all'intero arco delle forze di governo, per uscire dalla logica delle coalizioni litigiose. Altrimenti, il Paese è ingovernabile, come all'epoca della proporzionale». Già, il passato che ritorna. Andreotti beatificato, Craxi sulla via di casa... «Va bene guardare serenamente al passato, e io ho sempre aborrito il giustizialismo anche quando era difficile. Altra cosa sono le rimozioni collettive, ì processi barbarici ai magistrati, le velleità che il Paese possa tornare indietro». Perché velleità? «Porcile un ritorno indietro non sarebbe nei sentimenti degli italiani. Le responsabilità politiche restano. E quel sistema crollò non per il complotto di un magistrato, ma perché non era più adeguato a un grande Paese. Col vecchio sistema, non saremmo mai entrati in Europa». «Se dovessi capire che il mio progetto non si realizza andrei a fare altro» «Bisogna lavorare per un nuovo Ulivo altrimenti il Paese è ingovernabile»

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