«Quando Kennedy lodò Don Sfarzo» di Maria Grazia Bruzzone
«Quando Kennedy lodò Don Sfarzo» Carteggio inedito del leader cattolico negli anni dell'esilio in America «Quando Kennedy lodò Don Sfarzo» De Rosa: un ritratto che evita interpretazioni riduttive Maria Grazia Bruzzone ROMA Potrebbe essere proprio il John Kennedy futuro presidente degli Stati Uniti, da poco laureato ad Harvard e giornalista, il ccommentatore politico» che nel settembre 1944 pensava che Don Luigi Sturzo avrebbe dovuto avere «un ruolo attivo nella politica italiana». La citazione compare in una delle tante lettere inedite fra il professor Robert Pollock e il fondatore del partito popolare, allora esule negli Stati Uniti. Un carteggio - e un episodio - da poco recuperato nell'immenso archivio dell'Istituto Sturzo, che lo stesso presidente Gabriele De Rosa cita nella sua relazione introduttiva al convegno internazionale «Universalità e cultura del pensiero di Luigi Sturzo» che si apre oggi a Roma. «Un'occasione per ricostruirò un ritratto unitario, a tutto tondo, di quella figura sfaccettata e complessa che negli ultimi anni ò stata oggetto di interpretazioni spesso riduttive» spiega De Rosa, che non vuol entrare direttamente nel merito delle polemiche che hanno seguito ^appropriazione» del Don Sturzo liberale e anti-statalista da parte di Silvio Berlusconi e la rilettura, in chiave anti-totalitarista ( di sinistra e di destra) da parte degli intellettuali e giornalisti che fanno capo a «Liberal». Aspetti che comunque sono presenti (con gli interventi di Antonio Marzano e Piero Craveri) nel convegno, al quale parteciperà anche il presidente Ciampi. Ma la novità è soprattutto la ricostruzione - attraverso i molti inediti - della densissima attività culturale e politica di Don Sturzo nei 22 anni di esilio, 16 dei quali passati in Inghilterra e 6 negli Stati Uniti. «In questi anni spiega De Rosa - non solo ha voluto rendersi ragione politicamente della nascita del nazismo, sostenendo coi più alti intellettuali inglesi, francesi, americani, la battaglia per la difesa della democrazia e la libertà, ma ha riflettuto sulla debolezza delle democrazie occidentali e della stessa Chiesa - nei confronti del totalitarismo nazista». Sturzo distingueva fra i due totalitarismi per il modo in cui si erano storicamente evoluti. «Ma non ammetteva la distinzione allora in voga fra totalitarismo ■buono' perchè anticomunista (quello di Mussolini), e 'cattivo', perchè nemico di Dio (quello di Stalin). E non si fece mai illusioni che il primo potesse essere usato contro il secondo». Non solo. Sturzo era sì anticomunista. «E tuttavia - continua De Rosa - faceva una distinzione netta fra le attese del movimento operaio e la maniera debole in cui la Chiesa aveva airrontato i molti concreti problemi posti dall'industrializzazione. Così' come criticava l'abbraccio forte e troppo insidioso del Concordato del 1929. Un timore che andava oltre gli aspetti politici e investiva le sorti intime, più profonde e divine dell'istituzione religiosa». Ancora. «Se le carte inedite al fratello vescovo Mario restituiscono un don Sturzo intellettuale in contatto con la cultura francese dei Blondel, Bremond, Maritain, attratto dall'intuizionismo di Bergson, quelle giornalistiche testimoniano un'attività incessante ricca di preveggenza sul domani dell'Europa - un'Europa anzitutto culturale, depositaria dell'eredità cristiana. E lo rivelano uomo di grande statura morale e politica. Anche agli occhi del Diparimento di Stato dell'America roosveltiana, che lo consultava. Così che anche il giudizio del giovane Kennedy non apparirebbe affatto fuori luogo». Lo storico ed ex senatore della De Gabriele De Rosa
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